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Editoriali

‘Italia, come stai?’: bene atletica e tiro a segno; Coppa Davis, carenza di personalità

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In un fine settimana denso di appuntamenti sportivi, l’Italia si è confermata al vertice nel tiro a segno, ha raccolto molto più di quanto si sarebbe aspettata nell’atletica, ma è anche andata incontro ad una pessima figura in Coppa Davis, dove le ambizioni stagionali erano notevoli.

Agli Europei da 10 metri di tiro a segno tenutisi ad Arnhem, in Olanda, su quattro competizioni seniores, il Bel Paese ha ottenuto due medaglie, entrambe arrivate grazie alla carabina: un bottino di tutto rispetto, che al tempo stesso sottolinea l’esigenza di lavorare a fondo nel settore della pistola, soprattutto in campo femminile.
Dopo un brillante 2014, culminato con la prima vittoria in Coppa del Mondo a Monaco di Baviera, Sabrina Sena non è più una sorpresa e l’argento continentale agguantato per il secondo anno di fila pone l’accento sullo status di big internazionale raggiunto dalla quasi 30enne pugliese. Nella carabina femminile l’Italia può contare su un autentica corazzata: se la campionessa mondiale in carica Petra Zublasing ha mancato l’accesso alla finale, una ritrovata Elania Nardelli ha raggiunto invece un positivo quinto posto. Insomma, un trio di spessore assoluto che potrebbe davvero regalare grandi imprese al movimento da qui a Rio e non solo.
Prosegue l’adattamento di Niccolò Campriani alle nuove regole. Dopo aver dominato le qualifiche, il 27enne fiorentino, dopo aver a lungo inseguito nell’atto conclusivo della carabina, ha perso l’oro con un ultimo tiro da 8.9: la tensione, evidentemente, ha giocato un brutto scherzo. L’argento, in ogni caso, rappresenta una solida base di partenza stagionale per quello che resta uno dei più grandi fuoriclasse attuali dello sport italiano.

Alla vigilia degli Europei indoor di atletica a Praga, l’ipotesi che la spedizione italiana potesse tornare a casa senza alcun podio appariva tutt’altro che remota. Sono arrivate invece tre medaglie che rappresentano ossigeno puro, ma al tempo stesso non devono illudere: la strada per uscire dal tunnel resta lunga e tortuosa. In un’epoca storica dove i talenti non abbondano, sarebbe un suicidio non coltivare adesso due diademi come Alessia Trost e Federica Del Buono (in attesa di Marta Zenoni): non ripetiamo gli errori del passato. Pensiamo ad esempio ad Andrew Howe e Daniele Greco, due campioni che avrebbero potuto segnare un decennio, ma che hanno visto le proprie carriere ‘azzoppate’ da infortuni a catena. L’Italia dell’atletica da tempo non produce grandi campioni e quei pochi che sbocciano vanno messi nelle condizioni di rendere al meglio e, soprattutto, vincere. Nel salto in alto Alessia Trost può rappresentare una delle rarissime opportunità di medaglia alle prossime Olimpiadi di Rio 2016 (insieme alla marcia femminile con Anna Eleonora Giorgi ed Antonella Palmisano). L’argento continentale rappresenta per la friulana il primo alloro internazionale in carriera da seniores, nonché il punto di partenza verso il vero obiettivo stagionale: diventare un’atleta capace di valicare quota 2 metri con continuità. Ci riuscisse, sarebbe da podio in ogni grande appuntamento. Con il tempo, poi, bisognerà provare l’attacco al record italiano di Antonietta Di Martino (2.03), misura che davvero non precluderebbe alcun risultato…Più complicato il discorso per quanto riguarda Federica Del Buono. Che la 20enne vicentina abbia talento e temperamento da campionessa, è fuori discussione. La concorrenza nei 1500 metri, tuttavia, è impressionante, anche in Europa con l’olandese Sifan Hassan e la svedese Abeba Aregawi. Per non parlare, naturalmente, delle rivali africane…Rispetto a queste avversarie, l’azzurra appare ancora molto distante. Ricordiamo, tuttavia, che spesso nei grandi eventi le gare si rivelano tattiche, con inevitabile risoluzione nel rettilineo conclusivo: proprio sul rush finale dovrà concentrarsi la Del Buono per compiere un ulteriore step nelle gerarchie internazionali. Di rilievo anche l’argento di Silvano Chesani nell’alto maschile, disciplina dove l’Italia aveva dovuto rinunciare alla vigilia al leader delle classifiche stagionali Marco Fassinotti (2.34 metri), fermato da un problema alla caviglia. Anche in questo caso la concorrenza mondiale è spaventosa: per le medaglie servirà volare a 2.40 ed oltre…Insomma, tre raggi di luce che dicono di un’atletica italiana ancora decisamente malata, ma non moribonda.

La grande delusione del fine settimana è arrivata da Astana, dove l’Italia è stata eliminata al primo turno di Coppa Davis dal Kazakistan. Si tratta di una grandissima occasione persa: il tabellone offriva la possibilità di andare molto avanti nella competizione e, oggettivamente, la selezione tricolore mai come questa volta sembrava pronta per una lunga cavalcata. Con un doppio di livello mondiale e tre singolaristi solidi ed interscambiabili a seconda delle superfici, esistevano tutti i presupposti per vivere una stagione da protagonisti. Invece ai quarti è volato il Kazakistan, mentre per i nostri, così come per le colleghe donne in Fed Cup, incombe l’incubo della retrocessione. Che l’avversario fosse ostico era noto sin dalla vigilia. Classifica alla mano, Mikhail Kukushkin (n.58 del mondo), Andrey Golubev (n.91) ed Aleksandr Nedovyesov (n.130) non avrebbero dovuto incutere alcun timore ai nostri. Ma la Davis, si sa, è una competizione a parte rispetto al circuito Atp: qui contano motivazioni, orgoglio nazionale e cuore. Non è un caso che i kazaki si esaltino sempre in questo contesto: ricordiamo in tal senso l’edizione 2014, quando al primo turno sfiorarono il colpaccio in Svizzera con Roger Federer e Stan Wawrinka…Detto questo, gli azzurri hanno perso meritatamente, difettando di carisma e personalità. Dopo un primo set perso al tie-break, sia Simone Bolelli che Andreas Seppi si sono sciolti completamente al cospetto di Kukushkin, praticamente senza lottare. Anche Fognini, avanti 2 set a 1 con Nedovyesov, non ha saputo reggere la pressione del momento, quasi paralizzato dinanzi ad un avversario che appariva invece in trance agonistica. A fare la differenza, dunque, è stato l’approccio: deciso, gagliardo e coraggioso quello del Kazakistan; timoroso, timido ed impalpabile quello dell’Italia. In questo modo, in Davis non si vince. Ed ora dovremo pensare a salvarci…

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