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Tennis, Australian Open 2015: la vittoria di un tennis noioso

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Con la vittoria di Novak Djokovic, numero 1 del mondo al quinto sigillo in terra di Australia e ottavo della carriera in uno Slam, si è conclusa l’edizione degli Australian Open 2015 a Melbourne. Le considerazioni a valle del successo del serbo possono essere molte: Nole dominatore del tennis mondiale, Federer e Nadal in difficoltà per i loro acciacchi fisici e l’anagrafe, Murray non sufficientemente forte mentalmente,  e il “nuovo che avanza” che non fa il salto di qualità. Tutte riflessioni corrette che però sono associate ad un tema importante emerso in Australia.

Nelle due settimane appena trascorse, infatti,  la qualità del gioco non è stata esaltante con un tennis noioso e fatto di lunghissimi scambi da fondo campo senza un minimo di variazioni sul tema. Senza nulla togliere alla vittoria di Djokovic, la piega che lo sport della racchetta sta prendendo è questa. I colpi dei giocatori ormai sono a velocità esagerate, i materiali delle racchette assecondano sempre di più queste esigenze e, nello stesso tempo, le superfici dei campi favoriscono questi “rally”, dicendola all’inglese, estenuanti.

La finale di Melbourne, per fare un esempio, è stato un’esibizione di resistenza fisica e mentale in cui da ambo le parti si tentava di mettere pressione al proprio avversario con profondità di palla e ricerca di angoli. Le discese a rete pura rarità e lo spettacolo non all’altezza delle migliori occasioni. Del resto, un po’ in tutto il torneo, questo tennis così piatto ha caratterizzato l’evento, lasciando un po’ di amaro in bocca ai veri appassionati. Sarà stata anche l’uscita di scena prematura di Roger Federer, un po’ l’ultimo in grado di dare quel tocco di genialità al gioco, ma probabilmente è solo la conseguenza di un percorso di evoluzione che lo sport in questione ha intrapreso.

Non è un caso che la Federazione Australiana abbia pensato di lavorare su un nuovo sistema di punteggio: li cosiddetto Fast 4 che dovrebbe accorciare la durata degli incontri e rendere, a detta di alcuni, i match più spettacolari. Semmai, il discorso da farsi dovrebbe toccare, come detto,  i materiali delle racchette o gli stessi campi che ormai hanno uniformato un unico stile di gioco su qualsiasi superficie. Le differenze che, qualche anno fa, si riscontravano tra erba e cemento non sono più avvertibili e le immagini dei vari Sampras ed Edberg sono sempre più sbiadite.

E’ giusto precisare che non si vuole portare avanti un ragionamento contro il progresso oppure dal sapore nostalgico, tuttavia la bellezza di uno sport risiede anche nei suoi tratti caratteristici che, in parte, si stanno perdendo.

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Immagine: tennisworlditalia

giandomenico.tiseo@olimpiazzurra.com

1 Commento

1 Commento

  1. Luca46

    1 Febbraio 2015 at 21:15

    Giandomenico mi trovi perfettamente daccordo. Mi conforta il fatto che il tuo parere tecnico vada daccordo con le mie impressioni più profane. Io non credo che accorciare il gioco migliori lo spettacolo. Sicuramente non sarà più lo stesso tennis, sarà un altro sport. Io credo che la noiosità del gioco derivi più che altro dal tipo di racchette, di campi e di palle utilizzate. Più che accorciare i set a mio parere servirebbe rallentare il gioco per vedere un tennis più fantasioso. La stessa pallavvolo è diventato un altro sport.
    Purtroppo in tutti gli sport si sta andando verso regolamenti che cambiano non tanto a seguito dell’evoluzione tecnico-fisica del gioco e tecnologica dei materiali ma più che altro vadano incontro alle esigenze dei mass-media.

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