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Ciclismo

La storia del bandito e del campione

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Il suo nome è legato al ciclismo eroico, a fango e polvere, a biciclette pesantissime e strade sterrate, tappe infinite e copertoni a tracolla. Il suo nome è legato in modo ancora più indissolubile alla Milano-Sanremo, vinta sei volte (solo Merckx ha fatto meglio), ed è stato tramandato alle giovani generazioni da una spettacolare canzone, ovvero Il bandito e il campione di Francesco De Gregori, oltre che dagli almanacchi e dai ricordi dei nonni. E questa appunto è la sua storia, la storia del campione amico del bandito, la storia di Costante Girardengo…e di Sante Pollastri (o Pollastro, come riportano alcune fonti).

Due ragazzi del borgo cresciuti troppo in fretta, un’unica passione per la bicicletta, un incrocio di destini in una strana storia di cui nei giorni nostri si è persa la memoria…
Già, perché Costante e Sante nascono a distanza di sei anni (nel 1893 il campione e nel 1899 il bandito) e crescono assieme a Novi Ligure, lì tra Liguria e Piemonte, le stesse terre che poi saranno di Fausto Coppi. Entrambi provengono da famiglie contadine, sulla soglia della miseria, e come ricorda Marco Ventura nel suo libro ovviamente intitolato Il bandito e il campionela bicicletta è un mezzo di riscatto per tutti e due“.

…una storia di altri tempi, di prima del motore, quando si correva per rabbia o per amore, ma tra rabbia ed amore il distacco già cresce, e chi sarà il campione già si capisce…
Il riscatto sociale, appunto, attraverso la bicicletta. Ma non si può correre solo per rabbia, a maggior ragione in quei tempi nei quali, come si è visto, fare ciclismo è ancora più faticoso-non ce ne vogliano i corridori di oggi-di quanto non lo sia attualmente: bisogna amare la fatica, sublimarsi nel sudore, sfoderare una resistenza ben oltre i limiti dell’umano. Altrimenti si prendono altre strade, come quella della malavita.

…Vai Girardengo, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone. Vai Girardengo, non si vede più Sante, è dietro a quella curva, è sempre più distante. E dietro alla curva del tempo che vola c’è Sante in bicicletta e in mano ha una pistola, se di notte è inseguito spara e centra ogni fanale; Sante il bandito ha una mira eccezionale….
Le strade, dunque, si dividono. Né bisogna restare troppo affascinati dalla leggenda e credere che Costante e Sante si frequentino assiduamente: si conoscono, certo, e sono buoni amici. Per uno, tuttavia, la bicicletta diventa il lavoro, la realizzazione dei sogni, il mezzo per passare alla storia: anche l’altro passa alla storia e alla cronaca, ma a quella nera, non certo a quella sportiva.

…e lo sanno le banche e lo sa la questura, Sante il bandito mette proprio paura;  e non servono le taglie e non basta il coraggio,  Sante il bandito ha troppo vantaggio. Fu antica miseria o un torto subito a fare del ragazzo un feroce bandito…
Su Sante Pollastri, la storia si mischia alla leggenda. Sicuramente vive sin dalla giovane età un profondo astio verso i Carabinieri e verso la legalità, ma i motivi di questa acerrima inimicizia si sono persi nel tempo e nelle numerose versioni che circondano lui come ogni altro “mito”, del bene o del male (il “torto subito” magistralmente narrato da De Gregori fa riferimento alla presunta violenza subita da una sorella da parte di un carabiniere). All’avvio del Ventennio fascista, Sante è tuttavia davvero il bandito più temuto: vive in latitanza e vive di crimini. E uccide carabinieri, cinque o sei o sette, anche in questo caso non ci sono certezze. Tra Milano e la Lomellina, compie efferati atti criminali, svaligia banche e abitazioni del ceto più abbiente: la leggenda vuole che, più di una volta, abbia aiutato i meno fortunati con i proventi delle rapine. Un Robin Hood in salsa italiana.

… ma al proprio destino nessuno gli sfugge, cercavi giustizia ma trovasti la Legge. Ma un bravo poliziotto che sa fare il suo mestiere sa che ogni uomo ha un vizio che lo farà cadere, e ti fece cadere la tua grande passione di aspettare l’arrivo dell’amico campione; quel traguardo volante ti vide in manette brillavano al sole come due biciclette. Sante Pollastri il tuo Giro è finito e già si racconta che qualcuno ha tradito…
A Parigi, nel 1927, il commissario Guillaume, tanto efficace e temuto da rappresentare il modello ispiratore del Maigret di Georges Simenon, riesce nel colpo ambito dalle forze dell’ordine di mezza Europa: arrestare il temibile Pollastri. L’arresto avviene pochi giorni dopo un incontro tra Sante e Costante, presente in città per una Sei Giorni su pista: questo alimenterà le voci sul fatto che sia stato lo stesso Girardengo ad informare la polizia. Voci, appunto, come tante altre presenti in questa magica storia: sicuramente “qualcuno ha tradito”, perché un bandito come Pollastri non sarebbe mai stato così ingenuo da commettere un passo falso, ma non è assolutamente provato che il traditore sia stato “l’amico campione”.

…Vai Girardengo, vai grande campione, nessuno ti segue su quello stradone. Vai Girardengo, non si vede più Sante, è sempre più lontano, è sempre più distante, sempre più lontano, sempre più distante….  Vai Girardengo, non si vede più Sante. Sempre più lontano, sempre più distante…
Resta il campione. Resta Costante Girardengo, che a Sante Pollastri era legato da un’altra figura mitologica di quei tempi, il massaggiatore cieco Biagio Cavanna noto per riconoscere i campioni al tatto (sarà il primo mentore di Fausto Coppi). Resta un campione che vince, oltre alle sei Sanremo, nove campionati nazionali, due edizioni del Giro d’Italia e tre del Giro di Lombardia. Un Giro, quello del 1919, lo vede in maglia rosa dalla prima all’ultima tappa. A metà degli anni Venti, proprio mentre Sante viene arrestato a Parigi, la stella di Costante inizia ad annebbiarsi, eclissata da Alfredo Binda: emblema della cessione dello scettro è il Campionato del Mondo del Nürburgring, nel 1927, prima edizione della storia riservata ai professionisti, quando il giovane varesino precede il connazionale di 7’16” (terzo l’altro azzurro Domenico Piemontesi). Si ritira solo nel 1936, ma le vittorie negli ultimi anni sono davvero sporadiche: sale in “ammiraglia” (volutamente virgolettato) e guida Gino Bartali alla conquista del Tour de France 1938, poi fonda il marchio di bici “Girardengo” che contribuirà a fare la storia del nostro ciclismo, amatoriale e professionistico. Se ne andrà in silenzio, a Cassano Spinola, nel 1978: un anno prima dell’amico bandito, per quanto non ci sia dato sapere se negli ultimi anni, uno commerciante di biciclette e l’altro di stoffe dopo la galera, si siano ancora incontrati. La loro leggenda, però, è proseguita ben oltre la morte affascinando sportivi e amanti della musica.

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marco.regazzoni@olimpiazzurra.com

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