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‘Italia, come stai?’: Vanessa infinita, ma ora rivoluzione nelle giurie

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Vanessa Ferrari è la ginnastica artistica italiana. Prima azzurra nella storia a vincere un oro mondiale e capace di mantenersi al vertice per sette stagioni, un lasso di tempo estremamente ampio in uno sport dove si ottiene il meglio dai 16 ai 20 anni.

Dal trionfo nel concorso generale di Aarhus 2006 all’argento di Anversa 2013 al corpo libero c’è di mezzo l’inesorabile logorio del tempo, c’è l’esistenza che ti mette a dura prova tra infortuni, irte risalite e inspiegabili torti da parte delle giurie. E’ innegabile che per la bresciana si possa parlare di due differenti carriere: una nella quale, ancora adolescente, dominava il mondo, prima che la sorte ne frenasse l’ascesa con un lungo calvario di infortuni; l’altra in cui, da donna ormai matura e con un fisico completamente diverso, affronta la ginnastica con un altro spirito, inseguendo l’ebbrezza che solo la passione coltivata per una vita può dare.

Icona dello sport azzurro, simbolo di una capacità tutta italica di risorgere dall’oblio (che ci auguriamo di ritrovare anche in altri campi), Vanessa può guardare con coraggio ed ottimismo alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Tre anni sono tanti e non è affatto scontato che decida di proseguire sino ai Giochi brasiliani. Tuttavia siamo convinti che il richiamo di quella medaglia a cinque cerchi sempre sfuggita alla fine vincerà ogni titubanza. Abbiamo una Ferrari in garage: conserviamola con la massima cura.

Nel complesso ad Anversa si è vista una bella Italia, il cui bilancio avrebbe meritato qualche medaglia in più, se non fosse che per l’ennesima volta le giurie ci hanno messo del loro. Lasciando perdere i discorsi inerenti a presunti furti, combine o congiure (per i quali servono prove, non sospetti), dobbiamo invece limitarci ai fatti: gli esercizi degli italiani necessitano della perfezione per poter sperare di salire sul podio (come è avvenuto con Vanessa Ferrari al corpo libero). Ogni piccolo errore, invece, viene sanzionato in maniera forse eccessiva, di certo superiore rispetto ad altre nazioni.
Al cavallo con maniglie Alberto Busnari, purtroppo ormai abbonato ai quarti posti, avrebbe meritato una medaglia, così come la stessa Ferrari alla trave.

Se il sistema di voto non verrà rivoluzionato, la ginnastica artistica rischia di annegare nelle ombre del sospetto, con conseguente perdita di popolarità. Servono chiarezza e criteri chiari, limpidi. Troppo spesso la gente non ha modo di capire in base a cosa venga attribuito un determinato punteggio di partenza o di esecuzione. Per non parlare poi della possibilità di fare ricorso che non fa altro che accrescere l’arbitrio dei giudici. Parliamoci chiaro, negli sport da giuria l’elemento soggettivo è ineluttabile. Tuttavia spesso le soluzioni migliori albergano nella semplicità: perché non prendere esempio dai tuffi, dove i voti dei giudici sono immediatamente visibili al pubblico dopo ogni esercizio proposto?

Tornando a parlare di sport, l’Italia può sorridere in vista del triennio che ci divide dalle Olimpiadi di Rio 2016. In Brasile potremo arrivare davvero con una squadra interessante ed a più punte, nella quale si mescoleranno veterani di mille battaglie a balde nuove leve. In campo maschile, accanto allo sfortunato Busnari (prima o poi la ruota girerà anche per lui…) ed in attesa di ritrovare il miglior Matteo Morandi agli anelli, è lecito credere nell’ascesa di Andrea Cingolani al corpo libero (già bronzo agli ultimi Europei di Mosca) e di Ludovico Edalli alle parallele. Questi ultimi due hanno tutto il tempo per accrescere le difficoltà dei rispettivi esercizi e presentarsi ai Giochi da protagonisti.
In campo femminile, poi, il 2014 coinciderà con il primo anno in nazionale seniores per l’attesa Enus Mariani, già campionessa d’Europa juniores nell’all-around e reduce da qualche acciacco fisico dovuto ai fisiologici problemi di crescita di un adolescente. E’ piaciuto il ritorno ad alti livelli di Carlotta Ferlito, così come la prima apparizione iridata di Francesca Deagostini. Insomma, soprattutto con le ragazze, l’Italia può dar vita ad una squadra forte, completa ed in grado di puntare a dei podi nelle finali di specialità. Giurie permettendo…

Negativo, invece, il bilancio azzurro ai Mondiali di tiro con l’arco. In generale, l’intera annata ha fatto registrare un vistoso passo indietro rispetto ai fasti di Londra 2012, quando l’Italia vinse addirittura l’oro nella prova a squadre maschile. Ad Antalya nessun nostro rappresentante ha raggiunto gli ottavi nei tabelloni maschili e femminili, mentre a squadre le ragazze sono addirittura state escluse in qualificazione (da campionesse in carica…).

Qualcosa non va, probabilmente una questione motivazionale, più che tecnica. Il livello generale cresce ogni anno, con nuove nazioni che si affacciano prepotentemente alla ribalta come Danimarca, Olanda, Francia e Bielorussia, oltre alle solite Corea del Sud, Stati Uniti e Messico. L’Italia non deve farsi trovare impreparata. Il materiale umano su cui lavorare non manca, ma è tempo di farlo fruttare. Nespoli, ad esempio, più volte ha dimostrato di valere i migliori, ma nei momenti decisivi non è ancora riuscito ad imporsi. Tra le donne, invece, l’involuzione appare preoccupante, soprattutto se si pensa che la migliore resta la veterana Natalia Valeeva, mentre le promettenti Claudia Mandia e Guendalina Sartori continuano a passeggiare nel limbo di color che sono sospesi. Fondamentale sarà recuperare arcieri del calibro di Marco Galiazzo e Pia Carmen Lionetti, opachi per tutta la stagione e neppure convocati per i Mondiali. Archiviato un 2013 negativo, nel 2014 il tiro con l’arco italiano dovrà senza indugio correre ai ripari per tornare su livelli consoni alla propria tradizione.

 

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