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‘Italia, come stai?’: canoa e canottaggio, due realtà diverse

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Su Olimpiazzurra è presente la categoria ‘Remi’ che raggruppa canoa e canottaggio. Al di là di due elementi comuni, l’acqua e la barca, si tratta di due discipline completamente differenti sia dal punto di vista tecnico (un conto è remare, un altro pagaiare…) sia per quanto concerne la diffusione (in Italia il numero di tesserati della canoa è quasi la metà di quello del canottaggio). Giusto dunque procedere con valutazioni ben distinte.

Cominciamo dal canottaggio. E’ evidente come la ‘cura’ La Mura abbia ridato nuova linfa ad un settore che negli ultimi anni arrancava senza brillare, por con qualche soddisfazione sporadica. Un oro ed un bronzo nelle discipline olimpiche rappresentano un punto di partenza, così come le sei imbarcazioni in finale. Il doppio leggero di Laura Milani ed Elisabetta Sancassani ha chiuso in bellezza una stagione dominata e promette di issarsi come fiore all’occhiello del movimento fino a Rio 2016. Bene il doppio senior di Fossi-Battisti, ormai una certezza ai massimi livelli. Nella punta, due e quattro senza sono ormai vicinissimi all’ultimo step verso il podio, mentre l’impressione è che si debba ancora aggiustare qualcosa nella composizione dei pesi leggeri e di un quattro di coppia senior che deve tornare a recitare un ruolo di primo piano come da tradizione. Milani-Sancassani a parte, nel settore femminile si intravede una crescita mirata che poggia su solide fondamenta, anche se in questo caso il divario dalle superpotenze resta elevato.

La Mura, il cui metodo andrebbe preso immediatamente ad esempio da tante altre Federazioni in Italia, ha portato nuove mdoalità di allenamento, che richiedono sudore, fatica e sacrifici, ma conducono anche a risultati certi. Così come innovativo è l’approccio mentale della squadra, tesa sempre alla ricerca della massima prestazione, senza mai accontentarsi del piazzamento o della semplice partecipazione.

Per quanto riguarda la canoa velocità, non si può dire che Mauro Baron non abbia del fegato. Il direttore tecnico, che ha vinto tutto nella canoa slalom, ha preso le redini di un movimento che per troppi anni si è aggrappato ai suoi monumenti (Antonio Rossi, Beniamino Bonomi, Daniele Scarpa, Josefa Idem), riscoprendosi tragicamente ‘desolato’ nel momento in cui tutti questi fuoriclasse hanno detto basta (per ultima la Idem dopo Londra 2012).
Una nazionale giovane, lontana dalle posizioni nobili e senza possibilità di medaglia a breve termine. Questo lo scenario che si presentava dinanzi a Baron, il quale ha accettato l’incarico senza esitare, con coraggio. Il 56enne friulano è conscio di un percorso tutto ad ostacoli. Serviranno pazienza, lavoro e dedizione, seminando e soffrendo oggi per raccogliere e gioire domani. Qualcosa si sta già muovendo, soprattutto nel settore della canadese, dove l’italo-moldavo Sergiu Craciun, splendido quarto nel C1 1000, sta rappresentando un esempio ed un riferimento per la crescita dei più giovani. Altro equipaggio su cui puntare nell’immediato è il K4 1000 metri, vincitore della finale B (dunque decimo complessivamente) ed in possesso di mezzi fisici importanti.
Non possiamo nascondere, tuttavia, che il gotha di questo sport sia al momento lontanissimo e l’Italia rappresenta la classica formichina al cospetto del mondo. Eppure, proprio come le formiche, un passo alla volta bisognerà risalire. Con coraggio, lo stesso che ha avuto Baron nell’accettare una ‘mission impossible’ che, statene certi, alla fine riuscirà a vincere.

Per quanto riguarda i bilanci di judo e ginnastica ritmica, vi rimando agli articoli di Giulio Chinappi e Stefano Villa (clicca qui per judo e qui per ritmica). Nel primo caso, purtroppo, l’Italia è piombata in una crisi tecnica senza precedenti, tanto da riuscire a vincere addirittura un solo incontro nel settore maschile (per il resto, solo sconfitte immediate). Qualcosina di meglio con le ragazze, anche se nessuna sembra poter ambire a delle medaglie a breve termine.
Nella ritmica, invece, il ricambio generazionale funziona e la nostra Nazionale si è consolidata al vertice come accade ormai da un decennio.

Nella mountain bike l’Italia ha confermato di poter contare su una base di livello internazionale, con diversi giovani ormai in rampa di lancio per l’atteso passaggio tra i seniores (clicca qui per l’editoriale di Marco Regazzoni).  Certo, sono mancate le medaglie delle punte Eva Lechner e Marco Aurelio Fontana, ma ricordiamo che il Mondiale si disputa su gara secca, nella quale può accadere di tutto (nel bene e nel male). Se valutiamo però la stagione nel suo complesso, entrambi gli assi della nostra nazionale hanno sempre dimostrato di valere le prime cinque posizioni tra Europei e Coppa del Mondo, se non qualcosa di più: una giornata negativa, tra cadute ed incidenti meccanici, non può mettere in discussione il valore di un atleta.

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