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Golf: Phil Mickelson, l’Open Championship della rivincita

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La vittoria dello Scottish Open, una settimana fa, era vista quasi come una maledizione in proiezione Open Championship. Altro che premonizione dunque, era altamente improbabile che Phil Mickelson riuscisse nella doppietta; con un Tiger Woods così in palla, con un Lee Westwood per cui forse era giunto il momento giusto, con un Adam Scott alla ricerca della rivincita dopo lo scorso anno, poi, sembrava una sfida davvero proibitiva. Phil, però, ha prevalso sulla ‘tradizione’, ha prevalso su di un link, quello di Muirfield, assassino e micidiale, all’apparenza non proibitivo ma dalle mille sfaccettature e trabocchetti.

Differentemente dallo U.S. Open, non è stata una gara ad eliminazione, dove alla fine ha trionfato chi ha sbagliato di meno. No, a East Lothian ha vinto un fenomeno capace di fare 66 (!) nell’ultimo giro, roba da far venire i brividi; un punteggio con cui il mancino di San Diego ha letteralmente sbaragliato una concorrenza, quella sì, impegnata in una gara a chi si avvicinava di più al par, tant’è che il 43enne californiano è risultato l’unico a scendere sotto il par (-3). Mickelson non ha praticamente avuto rivali non appena ha accelerato, nessuno ha potuto tenere il suo ritmo infernale che ha ammazzato il torneo e le speranze di chi voleva crederci ancora: quelle di Henrik Stenson, secondo nemmeno troppo a caso e – soprattutto – quelle di Westwood e Scott. Per il primo continua la maledizione Major, dopo oltre 60 tentativi, mentre all’australiano è risultato di nuovo fatale la seconda parte di percorso, come un anno fa, dove ha dilapidato tutto il vantaggio costruito. Ad eliminarsi automaticamente, invece, è stato uno spento Tiger Woods, ancora alla ricerca di uno Slam a cinque anni di distanza dall’ultimo; la Tigre ha smesso di graffiare di colpo, non rendendosi mai competitivo nell’ultimo round. Lui, che per 15 anni ha di fatto oscurato un campione assoluto come Phil Mickelson – che avrebbe potuto vincere molto di più – in Scozia si è dovuto mettere da parte per lasciare le luci della ribalta al gioviale californiano, uno dei giocatori più amati dal pubblico golfistico. Un successo che sa di rivincita, dopo la beffa dello U.S. Open, di ricompensa. E di migliori, forse, Lefty non poteva chiederne.

Per quanto riguarda i due italiani, che tratteremo più approfonditamente nel corso della settimana, emergono sentimenti e riflessioni naturalmente contrastanti, per lo splendido 9° posto di Francesco Molinari e per la pessima eliminazione al taglio di Matteo Manassero. Chicco, in silenzio e poco considerato anche dalla tv britannica, è rimasto per quattro giornate a cavallo della decima posizione, senza mai perdere troppi colpi ed esprimendosi con una regolarità unica, quasi inaspettata. Come, purtroppo, la debacle di Manassero, nei Major lontano parente di quello ammirato nel resto dell’anno. Un blocco psicologico – perché il campo poteva adattarsi a lui – semplicemente inspiegabile.

Foto: rte.ie

daniele.pansardi@olimpiazzurra.com

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