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Nuoto

Federica Pellegrini, una rinascita targata Lucas

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Inutile indugiare in scontati appellativi o con le solite constatazioni: Federica Pellegrini sta al nuoto come Alberto Tomba allo sci, Fausto Coppi al ciclismo, Pietro Mennea all’atletica, Valentina Vezzali alla scherma. E’ un simbolo, un’icona. Una leggenda. Ma tutto questo lo sappiamo già…

Più interessante soffermarsi sul vero artefice di questa rinascita d’argento: Philippe Lucas. Non è un caso se con il tecnico francese la fuoriclasse azzurra abbia toccato l’apice della carriera con il fantastico bis tutto d’oro ai Mondiali di Shanghai nei 200-400 sl e sia riuscita a risorgere dopo un’Olimpiade dove in tanti l’avevano data troppo frettolosamente per finita.

A posteriori, la scelta di separarsi da Lucas a pochi mesi dalla rassegna londinese resta una macchia che spicca in bella evidenza nella storia della Pellegrini. Il transalpino, un personaggio nei modi e nei fatti, sa come guidare un campione, la sua preparazione è sempre finalizzata al grande appuntamento. Che non sbaglia mai. Ed il passato con Laure Manadou sta a dimostrarlo. Qualità (fondamentale la meticolosità sulla tecnica di nuotata) e quantità, oltre ad una protezione quasi paternalistica nei confronti del “suo” gioiello: con questi ingredienti Lucas ha rigenerato la superstar del nuoto italiano.

La prestazione di oggi ha dell’incredibile confrontando il tempo odierno con quello della finale di Londra 2012 (1’55″14, record personale con costume in tessuto, contro 1’56″73). Non lo dirà mai, ma la “Fede” nazionale, magari variando i carichi di lavoro rispetto al passato e virando anche sul dorso, con ritmi più soft e meno serrati, nei 200 sl si è allenata durante l’anno, eccome! Nello sport moderno, dove l’attenzione ai dettagli ha raggiunto l’esasperazione, non si improvvisa nulla, figuriamoci a questi livelli. La campionessa olimpica di Pechino 2008 ha preferito forse allontanare da sé i riflettori per un anno intero, covando nell’animo il desiderio del colpaccio. E’ una nostra ipotesi ovviamente, ma chissà quanto lontana dalla realtà…

Tornando però al confronto dei tempi con il 2012, la differenza è tutta addebitabile alla guida tecnica. E qui si apre un discorso molto più ampio. Sino all’autunno del 2009, sotto l’ala dell’indimenticato Alberto Castagnetti, Federica Pellegrini continuava a crescere anno dopo anno, mentre l’intero movimento italiano viveva un periodo di salute e vitalità. Poi la prematura scomparsa dell’allenatore veronese e da lì l’inizio di un lungo travaglio da Morini a Lucas, per passare da Rossetto e tornare nuovamente a Lucas. Castagnetti per oltre un decennio ha rappresentato il vero guru del nuoto nostrano, colui che ha portato l’Italia dalla mediocrità al vertice mondiale. Nessuno è stato in grado di prenderne il posto. Non è un caso se la Pellegrini faccia faville con Lucas, mentre con i tecnici italiani non sia mai riuscita ad esprimere il massimo delle proprie potenzialità. Non è un caso se l’unica medaglia di questi Mondiali sia per ora arrivata solo da lei, mentre Scozzoli si interroga su una preparazione in cui si è sbagliato qualcosa in fase di finalizzazione tra uno spostamento e l’altro da Imola a Verona…

I successi dell’icona non devono nascondere un problema che diventa ogni stagione più pressante: il nuoto italiano non sa più costruire campioni. O meglio, sa costruirli nelle fondamenta, come dimostrano i tanti (forse troppi…) successi a livello giovanile, ma non sa completarli. Colbertaldo, Lestingi, Belotti, Di Tora, Giorgetti, Scarcella e tanti altri: quanti potenziali campioni abbiamo visto emergere e poi mai sbocciare definitivamente, sino ad un inesorabile assestarsi su livelli medi o poco più? Su questa domanda i tecnici, ma soprattutto la Federazione dovranno interrogarsi senza indugio, trovando risposte appropriate. E’ risaputo che molti giovani vengano “spremuti” in tenerà età per vincere titoli di per sé di scarsa rilevanza, per poi arrivare in sostanza scarichi e “svuotati” di motivazioni nel passaggio tra i senior.

Non sarebbe un reato, poi, guardare all’erba del vicino, in particolare alla Francia ed ai suoi centri di alta specializzazione. Imparando e, magari, affidando l’intera Nazionale ad un tecnico straniero. E chi meglio di Philippe Lucas? Chiedetelo alla Pellegrini…

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