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Sport & Cinema: Tatanka, il Rocky italiano

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Si chiama Michele Muccerino, ma ha il volto e il soprannome di Clemente Russo. È lui Tatanka, il ragazzo che ha lasciato la strada e la malavita grazie a un incontro casuale e fortunoso con la boxe. Ma per quanto possa sudare su un ring, per quanto si sforzi di levarsi dalla pelle lo sporco che gli ha appiccicato la vita, certe situazioni continuano a perseguitarlo.

La storia di Tatanka, ispirata al racconto di Roberto Saviano che a sua volta ha preso (molto liberamente) spunto proprio dalla vita di Clemente Russo, ha in sé tutti gli elementi dell’epica del pugilato. Una sorta di Rocky italiano, ma volutamente più elegante e sofisticato, e, forse anche per questo, meno efficace e trascinante del film di Sylvester Stallone.

Michele è un ragazzo di Marcianise, comune in provincia di Caserta, che cerca di vincere la miseria e il degrado rubando automobili insieme a Rosario, suo amico inseparabile. A dividerli sarà la vita, e il talento per la boxe di Michele, uno che ha «la dinamite nelle mani», come gli dice Sabatino, l’allenatore che lo scopre, «uno su 100 mila». E mentre Rosario va in prigione per aver accoltellato un ragazzo durante una lite, Michele cresce come pugile. I guai ritornano quando Rosario esce di galera: un colpo organizzato per vendetta, un debito di riconoscenza, l’omicidio di un poliziotto. Michele ci finisce dentro con entrambi i piedi e si fa otto anni di prigione.

Quando esce vuole tornare a rincorrere le Olimpiadi, ma le porte delle Fiamme Oro non possono aprirsi a un pregiudicato. Quindi la sua risalita passa attraverso un club privato e i soldi della Camorra. Quando scopre il gioco, però, lui decide di fare di testa sua, pesta i piedi alla gente sbagliata ed è costretto a scappare in Germania. Lì scopre che non è nato per fare il manager di una catena di ristoranti, sente ancora il bisogno del ring, batte chiunque gli si metta davanti e vince un prestigioso torneo internazionale. Ma è solo con il ritorno a Marcianise che potrà sconfiggere i suoi mostri, mandarli al tappeto e compiere il suo destino.

Ben diretto da Giuseppe Gagliardi, Tatanka si fa apprezzare per le sue ambientazioni e per una fotografia di buon livello (anche se a tratti un po’ troppo buia). Nonostante alcuni difetti in una sceneggiatura fin troppo prevedibile e priva di colpi di scena, mette in mostra le qualità d’attore di Clemente Russo. Quello che appare sul set è il volto cattivo e incazzato del pugile due volte vicecampione olimpico, non lo showman sorridente e auto-ironico apprezzato nelle sue apparizioni televisive. Ed è un’interpretazione convincente, agevolata forse da un ruolo cucitogli su misura, ma comunque degna di nota. Un primo round senza ko, ma comunque vinto ai punti. Ora a Clemente non resta che confermarsi: sul set come ha già fatto sul ring.

gabriele.lippi@olimpiazzurra.com

Twitter: GabrieleLippi1

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