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Nuoto, Fabio Scozzoli si ritira al Sette Colli: “Il fisico non risponde più. Da allenatore posso essere un valore aggiunto”

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I 50 rana del Sette Colli saranno l’ultimo impegno agonistico della carriera di Fabio Scozzoli, il ranista romagnolo due volte vice campione del mondo e tre volte oro europeo in vasca lunga che a 35 anni abbandona le gare per dedicarsi alla carriera di preparatore atletico e allenatore. Una carriera fatta di alti e bassi, con tanti allori e grandi infortuni che hanno tolto la possibilità al ranista azzurro di poter inseguire il sogno olimpico dopo la delusione di Londra quando fu settimo in una finale dove la medaglia sembrava ampiamente alla sua portata.

Ranista sopraffino, capace di giocarsela alla pari con almeno tre generazioni di avversari, cambiando anche il modo di nuotare. Per lui e per la sua carriera parlano i numeri: due argenti mondiali in vasca lunga, un oro (il primo della storia per un nuotatore italiano), un argento e due bronzi ai Mondiali in vasca corta, tre ori, due argenti e due bronzi agli Europei in vasca lunga, otto ori, tre argenti e cinque bronzi negli Europei in vasca corta, a cui si aggiungono due argenti alle Universiadi, quattro ori e un bronzo (il primo alloro internazionale nella staffetta mista a Pescara 2009) ai Giochi del Mediterraneo e ben 32 titoli (tra lunga e corta) tricolori. Numeri da fuoriclasse assoluto che ne fanno uno dei più grandi nuotatori italiani di tutti i tempi.

Ho riflettuto tanto perché so che mi mancherà la vita da atleta – dichiara Scozzoli – ma l’ultima operazione è stata grossa e il ginocchio mi sta creando ancora molte difficoltà. I progressi sono talmente lenti che servirebbero ancora almeno sei mesi per tornare al meglio dal punto di vista fisico e a quel punto preparare una stagione intensa come la prossima non avrebbe senso. Meglio fermarsi, anche se non pensavo che sarebbe arrivato così in fretta questo momento. Bisogna essere sinceri con se stessi: il corpo non risponde più a certe sollecitazioni e dunque meglio dedicarsi ad altro e cercare di fare il massimo nel nuovo ruolo di preparatore atletico e allenatore. L’anno scorso ho disputato una buona stagione, arrivando a sfiorare la medaglia europea, perché se fossi riuscito a fare tre centesimi in meno nei 50 la medaglia che meritatamente ha conquistato il mio compagno di squadra Simone Cerasuolo nei 50, sarebbe potuta essere mia e avrei chiuso lì la mia carriera. Ci ho riprovato, quando sono andato sotto i ferri sapevo dei rischi che correvo e sapevo che quell’intervento avrebbe potuto porre fine alla mia carriera. E’ stato così e non ho rimpianti. Per ora continuerò a svolgere il mio ruolo di preparatore ma il progetto di diventare tecnico è già in piedi, sto studiando tanto, anche ora, ma dovrò confrontarmi con l’Esercito che prevede che i suoi tecnici lavorino a Roma. La mia vita è a Imola e voglio restare qua. Vedremo se si potrà trovare un compromesso. L’obiettivo è diventare vice del vice-allenatore dell’Imolanuoto, visto che i tecnici sono già due, Cesare Casella e Matteo Tampieri. Se potrò affiancarli metterò la mia esperienza da ex atleta a disposizione dei nuotatori e credo possa essere un valore aggiunto”.

Scozzoli si guarda alle spalle e individua i due momenti in positivo e negativo più importanti della sua carriera, costellata di trionfi ma anche di infortuni che non gli hanno permesso di andare oltre l’unica presenza olimpica a Londra. “Ai Giochi di Londra è legato il ricordo più brutto e credo di avere capito, a distanza di tanti anni, quale fu il problema. Il momento più bello? L’Europeo di Budapest. Avevo lavorato per salire sul podio nei 100, ma mai avrei pensato di vincere i 50: il tocco sulla piastra, il podio, l’inno, l’emozione, ricordo tutto di quel giorno, è stato il massimo e spero di rivivere ancora emozioni simili da allenatore”.

Tornando a Londra, Scozzoli cerca di dare una spiegazione di ciò che accadde nei 100 che lo videro toccare per settimo.In tanti dissero che era stato un problema mentale ma secondo me il problema fu soprattutto fisico. Ho studiato a fondo per cercare di capire cosa accadde, ora conosco bene le reazioni del mio corpo. Arrivai ai Giochi senza un vero e proprio scarico e accusai la fatica. Il primo giorno in batteria e soprattutto in semifinale esaurii le energie: il giorno della finale le sensazioni non erano quelle di 24 ore prima, mi sentivo stanco, quasi svuotato fisicamente e fu così anche a Barcellona l’anno dopo. Poi ho cambiato qualcosa e due anni fa agli Europei di Kazan in vasca corta ho fatto tre da 100 migliorandomi in tutte e tre le serie, tanto per fare un esempio. La testa funzionò bene, non ho mai patito la gara in carriera e anche quella volta non la patii”.

Fabio Scozzoli ha attraversato generazioni di ranisti e ha traghettato l’Italia da squadra di buon livello a potenza mondiale del nuoto. E’ stata una cavalcata straordinaria, la sua, in 15 anni di carriera ad alto livello.Posso dire di aver visto nascere e crescere una generazione di italiani vincenti a cui ho cercato soprattutto di dare il buon esempio, di trasmettere la professionalità che ho sempre avuto in vasca e l’amore per il mio lavoro, da cui è partito tutto per il sottoscritto. Spero di averlo fatto con chi si è allenato con me e con chi mi vedeva da fuori: di questo vado fiero. La rana è cambiata tanto da quando ho iniziato. Si è passato da un ideale di efficienza natatoria legato al giapponese Kitajima, un autentico mito per me, fino ad arrivare alla potenza prima di Van der Burgh e poi di Adam Peaty, un marziano per esplosività in acqua. Io ho cercato di cambiare la mia nuotata in funzione dell’efficienza e della necessità del momento, cercando sempre di prestare grande attenzione ai particolari. Il nuoto va avanti, la preparazione cambia tanto e gli atleti ora sono portati al limite, a tal punto che si vedono tanti infortuni, specialmente nella nostra specialità. Ecco nel futuro da preparatore atletico riuscire a studiare una soluzione a questo problema sarebbe molto importante”.

Per uno Scozzoli che lascia, c’è una Martina Carraro che invece ha nel mirino Parigi 2024.Credo che quello sarà il suo obiettivo finale e sono certo che farà di tutto per disputare la sua seconda Olimpiade – conclude il ranista romagnolo – e io cercherò di appoggiarla in tutto e per tutto. Da fuori sarà tutto più semplice. Il suo fisico regge bene e dunque è giusto che viva il suo sogno fino alla fine, poi credo che i progetti si potrebbero spostare sulla famiglia. L’età potrebbe essere quella giusta ma un passo per volta”.

Foto Claudio Bosco Live Photosport

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