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Atletica, Chijindu Ujah staffettista britannico della 4×100 delle Olimpiadi di Tokyo, squalificato per 22 mesi

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Mentre Filippo Tortu tagliava il traguardo e concludeva la straordinaria staffetta 4×100 che si mise al collo la medaglia d’oro ai Giochi Olimpici di Tokyo 2021, la nazionale britannica, beffata proprio al fotofinish dal quartetto azzurro, iniziava a lanciare i primi dardi avvelenati nei confronti, soprattutto, di Marcell Jacobs.

Il velocista di Desenzano sul Garda, infatti, veniva fatto bersaglio di pesanti accuse da parte dei frazionisti (e non solo) della Gran Bretagna che, a detta loro, non si spiegavano i repentini miglioramenti del nostro portacolori che aveva appena conquistato il suo secondo alloro sotto i Cinque Cerchi, dopo il trionfo nei 100 metri. Le (nemmeno troppo velate) accuse di doping avevano incendiato l’aria dello Stadio Olimpico della capitale nipponica ma, quello che nessuno si sarebbe poi potuto immaginare, si sono poi ritorte proprio contro i sudditi di Sua Maestà.

Da li a poco, infatti, emerse la positività di Chijindu Ujah, uno dei componenti della famosa staffetta 4×100. Apriti cielo! Dopo un lungo iter giudiziario, in queste ore è arrivata finalmente la sentenza. Il ventottenne nativo di Ponders End, nell’Enfield, è stato infatti squalificato per ben 22 mesi, in seguito alla positività a due sostanze (si tratta di ostarina e S-23) proprio alle Olimpiadi giapponesi. Di pari passo, tuttavia, la Athletics Integrity Unit (AIU) lo ha scagionato dall’accusa di assunzione intenzionale, stabilendo che la violazione fosse il risultato di una ingestione di un integratore contaminato.

La squalifica è entrata in vigore in maniera retro-attiva partendo dal momento del test fallito (quindi il 6 agosto 2021) e si concluderà dunque il 5 giugno del 2023. La sanzione è stata decurtata di due mesi dato che il velocista ha ammesso la violazione, dopo avere posto le proprie scuse ai suoi compagni Zharnel Hughes, Richard Kilty e Nethaneel Mitchell-Blake. Si chiude, dunque, questa spinosa vicenda. L’elogio della celebre massima “Un bel tacer non fu mai scritto”, come sosteneva il poeta Iacopo Badoer nel seicento.

Foto: LaPresse