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F1, Mattia Binotto sulla graticola: la pazienza dei vertici Ferrari non può essere infinita…

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Non ci sono dubbi in merito al fatto che una delle figure mediaticamente più esposte di casa Ferrari sia Mattia Binotto. L’ingegnere italo-svizzero lavora per la Scuderia di Maranello dall’ormai lontano 1995 e ne ha progressivamente scalato la gerarchia interna, sino a raggiungerne l’apice sportivo assumendo il ruolo di Team Principal nel 2019 in sostituzione di Maurizio Arrivabene. La sua “ascesa al trono” è però coincisa con una crisi tecnica del Cavallino Rampante, le cui prime avvisaglie si sono avute proprio nel 2019, stagione di livello inferiore rispetto alle due precedenti, peraltro caratterizzata dal mai del tutto chiarito affaire relativo alla power unit.

Il 2020 ha rappresentato un autentico annus horribilis che ha certificato il momento di sofferenza delle Rosse. Ferrari è stata in grado di risollevarsi dal punto di vista prestazionale nel 2021, creando poi una monoposto all’altezza del proprio blasone per il corrente 2022. Eppure, a meno di miracoli, anche quest’anno verrà mancato l’appuntamento con il titolo iridato. L’ultimo pilota a essere salito sul tetto del mondo a bordo di una Rossa è stato Kimi Räikkönen nel 2007, mentre l’ultimo Mondiale Costruttori risale al 2008.

Attenzione, perché ci stiamo avvicinando a una triste pietra miliare. Tutti ricordano il cosiddetto “Grande Digiuno”, ovvero i 21 anni intercorsi tra il titolo di Jody Scheckter nel 1979 e quello di Michael Schumacher nel 2000. Cionondimeno, se guardiamo ai successi iridati tout-court, ci renderemo conto di come siano passate “solo” 16 stagioni fra quelli nella graduatoria costruttori del 1983 e del 1999. Degli autentici “brodini” che hanno alleviato la lunghissima astinenza tra le affermazioni da sempre più prelibate.

F1, Mattia Binotto: “Ferrari in affanno da diverse gare, ma la macchina del 2023 sarà diversa”

Dunque, l’attuale privazione ferrarista è la seconda più lunga di sempre nella gloriosa storia della struttura fondata dal Drake. Se anche nel 2022 si rimarrà a becco asciutto, allora il 2023 diventerà di capitale importanza. O si vince qualcosa, oppure verrà pareggiato il digiuno assoluto iniziato nel 1984 e terminato, appunto, nel 1999. In altre parole, il Cavallino Rampante rischia di vivere di nuovo una situazione che non si credeva replicabile, soprattutto dopo la “Grande Abbuffata” di inizio XXI secolo.

Binotto si trova pertanto a ricoprire un ruolo di assoluta responsabilità in uno dei momenti più delicati nella storia delle Rosse. Essere il Team Principal non significa solo dover gestire tutta la Scuderia in ambito sportivo, ma anche esserne il portavoce a livello pubblico. Purtroppo per lui, nel 90% dei casi deve spiegare come e perché la squadra ha sbagliato qualcosa, oppure la gara non è andata come avrebbe potuto.

Il cinquantaduenne italo-svizzero recita magistralmente il ruolo del parafulmine, difendendo sempre l’operato di chi sta sotto di lui. Talvolta arrampicandosi sugli specchi e risultando di conseguenza stucchevole per la sua posizione aziendalista. Però è innegabile come saper fare da scudo a un intero gruppo di persone sia una qualità ammirevole.

Tuttavia, il ruolo di Team Principal presuppone anche di essere responsabili di quanto accade nel conglomerato che si gestisce, risultati compresi. Se questi mancano, allora manca tutto. Ferrari non può stare in Formula Uno per fare atto di presenza. L’obiettivo può e deve essere quello di vincere il Mondiale, altrimenti verrebbe meno la ragione stessa dell’impegno nella massima categoria automobilistica.

I tifosi di pazienza ne hanno avuta tanta, ma ormai si sta esaurendo, soprattutto in seguito alle tante spiacevoli dinamiche verificatesi nell’anno in corso. Ogni sopportazione ha il suo limite. Qual è quello dell’azienda Ferrari? Quanto a lungo è disposta a dare fiducia all’attuale management? Se l’assenza di successi pesanti dovesse proseguire, si confermerà l’attuale gruppo dirigenziale, oppure si cambierà?

Nel qual caso, a pagare per primo potrebbe essere proprio Binotto, indipendentemente dai suoi meriti e dalle sue colpe. D’altronde, se si vuole dare un forte segnale di rinnovamento sia all’esterno che all’interno, la sostituzione del Team Principal è quanto di più significativo ci possa essere…

Foto: LiveMedia/Xavi Bonilla/DPPI