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MotoGP, solidità, intelligenza e velocità: perché Fabio Quartararo ora è una spanna sopra tutti

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Giovedì scorso è arrivato l’annuncio ufficiale del rinnovo del contratto tra Fabio Quartararo e la Yamaha sino al termine del 2024. Il tema di un possibile addio del francese alla Casa di Iwata è stato molto caldo in aprile, quando si vociferava di un suo possibile passaggio alla Honda quale nuovo compagno di squadra di Marc Marquez. Tuttavia l’improvviso ritiro di Suzuki ha inaspettatamente messo sul mercato Joan Mir, già in passato oggetto del desiderio dell’Ala, raffreddando la pista che avrebbe potuto portare El Diablo a Minato.

Così, il ventitreenne francese è rimasto nell’ambiente dove è cresciuto, nel più letterale senso del termine perché l’attuale transalpino è un pilota ben diverso rispetto a due-tre anni fa. Proprio questa sua metamorfosi, che sarebbe più corretto chiamare evoluzione, denota delle qualità fuori dal comune. Yamaha ha fortemente creduto in Fabio, nonostante la sua carriera nelle categorie formative non sia stata particolarmente brillante.

Una gara vinta, qualche podio e alcune pole position qua e là, ma niente che facesse gridare al “prodigio” o al “predestinato”, come accade invece con tanti altri rider capaci di macinare successi tra Moto2 e Moto3. Cionondimeno, appena messo piede in MotoGP, Quartararo ha subito ripagato la fiducia in lui riposta. Nel 2019 l’impatto con la classe regina è stato eccellente, tanto da valergli la miglior stagione della carriera fino a quel momento e proporlo come un candidato al titolo alla vigilia del 2020. Il Mondiale nell’anno del Covid sarebbe stato possibile, ma è sfumato a causa di un’incostanza quasi inspiegabile, perché il francese ha dato l’impressione di avere nettamente il potenziale più elevato, riuscendo però a sfruttarlo solo episodicamente.

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Eppure proprio quel 2020 sofferto, culminato con un titolo a portata di mano perso in favore di Mir, ha rappresentato, per il transalpino, la svolta definitiva. A dimostrazione di una notevole resilienza, El Diablo si è presentato al via del 2021 ben più maturo e sicuro di sé. I picchi di rendimento sono rimasti quelli di sempre, ma al tempo stesso sono svaniti i passaggi a vuoto. Quartararo si è quindi laureato Campione del Mondo quasi in automatico, sorvolando gli avversari. Perché è vero che Francesco Bagnaia ha finito forte, ma a due terzi di stagione il transalpino godeva di 65 punti di vantaggio sull’inseguitore più vicino. Dunque, ha potuto e saputo gestire il margine nelle prove successive.

Il talento di Fabio non si discute, perché ormai è l’unico in grado di essere davvero competitivo con l’attuale Yamaha, un po’ come lo era Marc Marquez con Honda nel biennio antecedente alla rovinosa caduta di Jerez nel luglio 2020. Inoltre, in questo 2022, il francese sta mostrando un’intelligenza agonistica fuori dal comune. Inutile svenarsi e correre rischi inutili se la moto non gli consente di lottare per la vittoria, meglio accontentarsi di piazzamenti nell’ottica della classifica generale. Sommando terzi, quarti e quinti posti in gare ostiche si guadagnano punti preziosi. Soprattutto se i rivali diretti sono incostanti. Era già successo la scorsa estate nel double-header austriaco, si sta ripetendo a maggior ragione nell’annata corrente, nella quale la M1 paga un deficit di potenza non da poco rispetto alla Ducati.

In tal senso il secondo posto del Mugello è stato il vero capolavoro di Quartararo. Lui l’ha definita la miglior gara della sua carriera e probabilmente ha ragione. Si è definitivamente visto come El Diablo abbia i crismi del fuoriclasse, ovvero di chi è in grado di sopperire con il proprio talento alle mancanze del mezzo meccanico. Nel XXI secolo di soggetti così se ne sono visti solo due, Valentino Rossi e il già citato Marquez. Per ora Fabio non può essere messo sullo stesso piano di questi due, ma la sua carriera è solo all’inizio e chissà che con Yamaha non si possa aprire un ciclo vincente.

I fatti non possono essere messi in discussione. Nelle ultime 27 gare disputate, il francese ha commesso un unico vero errore. A Portimao sul finire del 2021, peraltro a titolo mondiale già vinto matematicamente. Una sbavatura del tutto ininfluente in un ruolino di marcia altrimenti perfetto, perché anche quando la M1 annaspa, il transalpino riesce a spremerne ogni goccia di competitività. Indemoniato quando può esserlo, formichina quando è necessario, non più cicala o farfallone. In questo momento, di piloti come lui, nel panorama della MotoGP proprio non ce ne sono. Se qualcuno vuole davvero sfidarlo per l’Iride deve crescere di livello soprattutto nelle giornate in cui le cose non vanno bene. In tanti sono capaci di andare al limite se tutto è perfetto, in pochi riescono a farlo quando la situazione è scomoda.

Peccato solo non avere un confronto diretto con il vero Marquez. Vederli sfidarsi testa a testa sarebbe stato bellissimo e forse avrebbe anche cambiato certe dinamiche, perché la pressione agonistica e psicologica generata dallo spagnolo sarebbe stata enorme. La speranza è che il duello sinora mancato possa andare in scena nel 2023, ma tutto dipende dal pieno recupero, sempre più difficile, del veterano iberico. Se questo non dovesse verificarsi, allora “rivale per Quartararo cercasi”. Potenzialmente chi potrebbe dargli fastidio c’è, ma deve ancora mangiare tanta pastasciutta e magari essere aiutato dalla fortuna.

Foto: LPS / Valerio Origo