Seguici su

Pattinaggio Artistico

Olimpiadi e veleni. Goggia-Brignone, Fontana-Fisg e la zavorra dei social

Pubblicato

il

Andrà tutto bene”, “Ne usciremo migliori”. No, non è così. Le prime Olimpiadi invernali in piena pandemia sono costellate di episodi che denotano una condizione di tensione altissima vissuta dagli atleti ma anche da chi vive attorno a loro, con polemiche e discussioni, in cui spesso i teatri sono i media o i social, diventati sempre più piazze virtuali a causa della pandemia che ci ha costretto a ritirarci nelle nostre case e a limitare al massimo il contatto fisico, le occasioni di discussione “in presenza”. La montagna spesso si accosta alle oasi di tranquillità e non solo per la pace che regalano dei paesaggi dominati dai grandi colossi ma anche per la tranquillità che trasmettono i silenzi della “gente di montagna” ma, quando di mezzo c’è lo sport di altissimo livello, pare che ultimamente la situazione sia cambiata e non solo in Italia, anche se dalle nostre parti polemiche e litigi sono all’ordine del giorno.

I Giochi di Pechino per l’Italia erano iniziati con la polemica legata alla convocazione avventurosa dello specialista della velocità Mattia Casse, figlia di una gestione delle qualificazioni dello sci alpino alquanto discutibile da parte della FISI. Casse, prima escluso dalle convocazioni, poi, dopo una prima sfuriata, richiamato a Pechino e poi costretto a non gareggiare dalla mancata assegnazione all’Italia del posto supplementare, non l’ha mandata a dire creando non poco imbarazzo in casa azzurra.

Alla luce di quanto accaduto in seguito il “caso Casse”, con dichiarazioni pesanti da parte dello sciatore, è stato un antipasto, pepato ma semplice antipasto. A irrompere in modo irruento ed energico nei delicati meccanismi dello sci alpino femminile ci ha pensato una ex sciatrice che è anche mamma di una campionessa straordinaria e che è anche giornalista che si occupa, guarda caso, di sci alpino. Maria Rosa “Ninna” Quario ha riportato a galla una diatriba di cui tutti nell’ambiente erano a conoscenza, quella fra Federica Brignone e Sofia Goggia, ma che, dopo i momenti di tensione delle ultime due stagioni, sembrava essersi placata con una sorta di patto di non belligeranza evidente a occhio nudo anche per chi non frequenta giornalmente il mondo del circo bianco.

Le due a Pechino sono state le grandi protagoniste nello sci alpino azzurro: argento e bronzo Brignone, argento con miracolo annesso per Goggia. Poteva essere sufficiente per fare in modo di tornare tutti felici e contenti dalla Cina e iniziare con il sorriso sulle labbra la volata verso Milano-Cortina ma l’uscita (fuori luogo) della mamma-tifosa-giornalista-ex campionessa ha riaperto la ferita e ora chiuderla sarà dura anche se il resto della famiglia Brignone e la stessa Sofia Goggia hanno tentato di far finta di niente, a tal punto che Ninna Quario ha tentato un rilancio sulla storia degli sci prestati da Goggia a Shiffrin: segnale che non ha alcuna intenzione di mollare la presa a tenaglia sulla odiata rivale (che poi bisognerebbe scrivere “compagna”) della figlia. Sono in arrivo lunghe trasferte da affrontare assieme (magari anche da separate in albergo ma con momenti di condivisione), momenti in cui l’unità di intenti e magari lo scambio di informazioni potrebbe essere utile a due compagne di squadra. Urge un intervento deciso della Federazione e andrà tutto gestito con intelligenza e buon senso (quasi tutti in questa storia hanno dimostrato di averne), quello che è mancato a qualcuno in questa ultima settimana. E se proprio non si riesce ad essere buoni, il consiglio è quello di utilizzare una dose massiccia di furbizia, che in questi casi non guasta.

Vincere e sputare fuoco è anche il destino dell’atleta più titolata dello sport italiano ai Giochi olimpici, Arianna Fontana. I suoi successi, negli ultimi anni, hanno sempre lo stesso decorso: sorrisi pochi e rabbia tanta. Arianna Fontana, da campionessa straordinaria qual è, ha diritto a fare richieste, ad essere seguita dai tecnici che preferisce, a impostare percorsi di allenamento personalizzati, a prepararsi, insomma, come meglio crede ai grandi appuntamenti internazionali. Il tutto, però, non può e non deve andare continuamente in contrasto con quelli che sono i progetti federali. Vincere e gioire è normale, vincere e lamentarsi, accusare, polemizzare, sbattere i pugni sul tavolo dopo un po’ stanca. La soluzione è semplice: la Federazione ha il dovere di assecondare le richieste di una campionessa unica come la valtellinese in vista di Milano-Cortina ma queste richieste non devono incidere sulla gestione del resto della squadra, di cui Fontana può e deve entrare a far parte per le varie staffette cercando di non creare attriti che possono solo portare problemi. Convivere, per tratti brevi della stagione, pur non sopportandosi, è un dovere di tutti. Sentire e leggere di dispettucci sul ghiaccio fra compagni di squadra fa male al cuore di chi, grazie a campioni e atleti di altissimo livello, si sta appassionando e avvicinando allo short track. Smetterla con le guerre intestine è un dovere in vista di un appuntamento irripetibile come quello dei Giochi casalinghi dove si partirà da un bottino straordinario come le quattro medaglie di Pechino. Anche qui il ruolo della Federazione sarà fondamentale, a partire dal re instaurare un dialogo all’insegna del rispetto, da una parte e dall’altra.

Uscendo dai confini italici polemiche e veleni si moltiplicano esponenzialmente. Il “caso Valieva” che si sta velocemente trasformando in “caso Tutberidze” è ormai sulla bocca di tutti, in ogni angolo del mondo, anche dove il ghiaccio si trova soltanto nei freezer di casa.

Il pianto di disperazione di Kamila Valieva, il pianto di rabbia e frustrazione di Alexandra Trusova, lo sguardo perso nel vuoto di Eteri Tutberidze, una che il suo lavoro lo sa fare sicuramente bene ma che forse ha progressivamente perso il senso della misura, avvicinandosi pericolosamente al delirio di onnipotenza, sono le immagini che porteremo con noi di questi Giochi e sono immagini che fanno male perché alzi la mano fra i dieci lettori che sono anche genitori chi, domattina, metterebbe la propria figlia ma anche il proprio figlio adolescente  nelle mani di Tutberidze per tirare fuori il campione a tutti i costi. Per fortuna in gran parte delle scuole nel resto del mondo non funziona così, non ci sono nonni che somministrano per sbaglio farmaci a volontà alle nipoti, non ci sono ragazzine che, prima di arrivare a 18 anni, chiedono a gran voce di lasciare l’attività, non ci sono allenatori per cui il risultato viene prima di tutto e quando scriviamo tutto intendiamo proprio tutto.

Il CIO promette “appropriate misure” nei confronti di Eteri Tutberidze. Se le “appropriate misure” sono pari a quelle che dovevano scardinare il sistema doping in Russia (chiamare la squadra ROC, togliere la bandiera e l’inno dalle premiazioni) meglio lasciar perdere e permettere a chiunque di lavorare nel torbido e macchiarsi di impunite nefandezze. La lotta al doping o si fa, con metodi duri, spesso impopolari, tagliando i rami secchi alla base, oppure meglio dire che non si è in grado e vinca il “migliore”, anche se più sporco. Le mezze misure servono solo a vivere tra il sospetto, l’incertezza e, per qualcuno, la rassegnazione.

I social, infine. Due storie: la cinese del pattinaggio artistico Zhu Yi che, per i suoi connazionali, ha la colpa di essere nata negli odiati Stati Uniti e di aver preso la nazionalità cinese. Bastano due cadute nel programma corto  del Team Event (dove un suo buon risultato non avrebbe cambiato il corso delle cose) a scatenare l’ira dei social haters che la massacrano con messaggi orribili. Si presenta sul ghiaccio altre due volte, nel programma libero del team event e nel programma corto della gara individuale: sguardo perso nel vuoto e tanti errori. Si vede che è scossa, la sua Olimpiade in casa doveva essere una festa e si è trasformata in un incubo.

Stessa cosa per una campionessa straordinaria come Mikaela Shiffrin. Nessuna come lei alla sua età, nessuna hanno trionfato di più, alle Olimpiadi ha già vinto quello che doveva. Una stagione con alti e bassi, la sua, con il Covid che la blocca in un momento chiave, durante la breve pausa natalizia. In Cina non ne va dritta una. Esce in gigante, esce in slalom, esce in combinata quando le bastava arrivare per vincere l’oro, nelle discipline veloci non è competitiva: zero medaglie e via, parte il tam tam di insulti e dileggio sui social.

Capire quale gusto possa dare insultare direttamente l’atleta per cui hai esultato decine di volte o che magari ti potrebbe fare esultare in futuro è abbastanza complicato. Questo inarrestabile desiderio di giudicare, da casa nostra, i protagonisti della vita reale, che siano atleti, attori, cantanti o politici, è l’hobby preferito di chi passa il suo tempo libero a piazzare il ditino sul display e forse è arrivato il momento di forzare la mano e togliere diritti a chi non li merita, utilizzandoli nel modo più sbagliato possibile. Ne siete usciti molto peggiori e quindi fuori dai piedi!

Foto Lapresse