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Biathlon, l’Italia parte soffrendo, ma si era abituata “troppo bene”. Pesano le difficoltà di Dorothea Wierer e Lukas Hofer

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La Coppa del Mondo di biathlon ha mandato in archivio il primo weekend della stagione. Le piste di Östersund sono state teatro di un’individuale e di una sprint, peraltro senza giorni di riposo nel mezzo. Dunque subito un impegno tosto per i biathleti, che rimarranno in Svezia anche questa settimana. In attesa delle prossime competizioni, destinate a riprendere giovedì, andiamo ad analizzare quanto visto in casa Italia tra il 27 e il 28 novembre.

Cominciamo dal settore femminile, dove l’unica nota veramente positiva risponde al nome di Samuela Comola, che ha effettuato il suo esordio in Coppa del Mondo proponendosi come l’attuale numero 3 del movimento azzurro. Intendiamoci, la valdostana ha concluso l’individuale in 64ma posizione e la sprint in 46ma piazza. Siamo lontani dall’eccellenza assoluta, ma bisogna dare credito alla ventitreenne dell’Esercito di essere salita di colpi rispetto al passato, sino al punto di diventare un’atleta in grado di lottare per entrare in zona punti nel massimo circuito. Se mettiamo in relazione aspettative della vigilia e risultati concreti, è stata lei la migliore del quintetto italiano, poiché ha confermato quanto di buono evidenziato negli Assoluti di settembre, ribadendo di essere cresciuta di livello.

In tema di attese, non era invece chiaro cosa aspettarsi da Dorothea Wierer. La pista ci ha detto che la trentunenne altoatesina è ancora lontana dalla sua forma migliore. Al di là dell’episodio sfortunato al terzo poligono della 15 km, al tiro la due volte vincitrice della Coppa del Mondo è apparsa decisamente più controllata rispetto alle abitudini, a dimostrazione di come debba ancora carburare. Poco male, la realtà dei fatti è che il bilancio dell’inverno della veterana di Rasun-Anterselva ruoterà principalmente, per non dire esclusivamente, attorno a quei quindici giorni di febbraio in cui verranno assegnate le medaglie olimpiche. Con ogni probabilità, la vedette della squadra ha solo bisogno di trovare ritmo. Ci sarà tempo e modo di riuscirci.

Parlando di poligono, Lisa Vittozzi ha dato l’impressione opposta, ovverosia quella di prendersi rischi non necessari. Non a caso, due sessioni su tre a terra si sono rivelate oltremodo negative. Il discorso è sempre lo stesso, sino a quando non verrà sciolto il nodo legato alla prone shooting, dove le percentuali sono divenute deficitarie a causa di autentici passaggi a vuoto, i risultati di primissimo piano sono destinati a essere episodici e privi di continuità. L’impressione è che basti veramente poco per ritrovare la quadratura del cerchio, ma quel “poco” sta diventando una sorta di reliquia dispersa, come una sorta di figurina “introvabile” per completare un album pressoché completo. La ventiseienne veneta di scuola friulana andrà però tenuta d’occhio sin da giovedì, perché nella quindici km di sabato è arrivato qualche buon segnale.

Per il resto, c’è poco da dire. Michela Carrara ha oggettivamente deluso, perché la precisione in piazzola è la solita e, per di più, la competitività nel fondo non è stata all’altezza del potenziale dell’atleta. Se la ventiquattrenne valdostana non è in grado di difendersi sugli sci, allora è destinata a restare impantanata nei bassifondi delle classifiche, come effettivamente accaduto nei giorni scorsi. Vedremo cosa accadrà nella seconda settimana. L’augurio è che possa esservi una provvidenziale crescita di rendimento. Infine Rebecca Passler in questo momento non ha diritto di cittadinanza in Coppa del Mondo. Se il livello è quello espresso tra sabato e domenica, allora meglio effettuare un passo indietro e lasciarla respirare in Ibu Cup, collocandola in un contesto più consono alla sua competitività corrente.

Trasferiamoci nel campo del cromosoma Y, dove la partenza è stata indiscutibilmente sottotono. C’erano grossi dubbi in merito alla reale competitività di Lukas Hofer a causa dell’infortunio alla spalla con cui ha dovuto fare i conti nelle settimane passate. Al riguardo, le peggiori paure si sono tramutate in realtà. Il trentaduenne altoatesino è in grande difficoltà, non essendo assolutamente all’altezza di tutti i rivali più quotati. A questo punto prende corpo lo spettro che la prima parte di stagione sia compromessa. Se così fosse, la speranza è di poter restare in salute e trovare la forma in tempo per i Giochi olimpici di Pechino 2022.

Venuta meno la punta di diamante, il bilancio di tutta la squadra è entrato in sofferenza, anche se sarebbe scorretto parlare di disastro, perché non è tutto da buttare, a cominciare dalle performance dei due classe 2000. Tommaso Giacomel ha peccato d’inesperienza nella 20 km, cercando un approccio al tiro controllato che non è il suo, perdendo di conseguenza gli automatismi in piazzola. Cionondimeno il giovane trentino ha sfiorato la zona punti nella sprint nonostante due errori. Didier Bionaz ha sparato all’ultimo poligono dell’individuale addirittura per entrare nei dieci, rimanendo comunque nei primi quaranta a dispetto dei due bersagli mancati in chiusura. Inoltre si è visto un passo avanti rispetto alle competizioni di Idre, in cui era apparso più indietro di Östersund.

Invece, riguardo gli altri due veterani, va detto che Thomas Bormolini si è espresso vicino ai propri limiti, facendo breccia nei primi 30 della sprint nonostante un cartellino non perfetto in piazzola. Dominik Windisch ha invece lasciato a desiderare, ma le sue caratteristiche da diesel sono risapute. L’altoatesino ha storicamente bisogno di qualche settimana prima di riuscire a scatenare i propri cavalli, quindi sarebbe ingiusto giudicarlo negativamente. Va aspettato nelle prossime tappe.

Ricapitolando, complessivamente per l’Italia del biathlon quella di Östersund è stata una “falsa partenza”, indubbiamente la peggiore da tempo immemore, ma forse siamo stati abituati troppo bene. Va detto che, in qualunque ambito, se il numero 1 di entrambi i settori è lontano dalla forma migliore, allora è endemico boccheggiare più del consueto. Non ci può certo essere soddisfazione per l’ultimo weekend di novembre, però al contempo sarebbe irrazionale gridare alla crisi.

Foto: La Presse