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Andrea Parisini, pallamano: “Io capitano dell’Italia, un sogno realizzato. Stanno arrivando diversi giovani interessanti”

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E’ una delle punte di diamante della Nazionale italiana di pallamano maschile, capitano e leader di un gruppo giovane, che spera di togliersi notevoli soddisfazioni in futuro. Stiamo parlando di Andrea Parisini, pivot in forza ai francesi dell’Istres, che ci ha concesso un’intervista in questo periodo storico così difficile per un atleta, tra lontananza da casa e allenamenti casalinghi.

L’occasione ci ha permesso inoltre di ripercorrere la stagione sin qui disputata, dall’obiettivo salvezza di Star Ligue, fino al girone di qualificazione ai Mondiali 2021, in cui gli azzurri non hanno dimostrato il loro reale valore, al cospetto di avversarie non irresistibili.

Come tutti i maggiori campionati d’Europa anche quello francese è fermo a causa del coronavirus, come stai vivendo questo periodo a livello sportivo, ma soprattutto umano?

“Sì, naturalmente anche noi siamo fermi come ormai tutto il mondo dello sport europeo e non. La pallamano ci manca, ma è giusto così e dobbiamo tutti rispettare le regole. Noi sportivi, anzi, dobbiamo ancora di più veicolare un messaggio positivo e di osservanza delle norme di comportamento richieste: restiamo a casa, approfittiamo del tempo a disposizione per stare un po’ coi nostri cari, per curare qualche interesse al quale prima potevamo dedicarci meno. Ovviamente continuiamo ad allenarci e speriamo di poter tornare al più presto sui campi”. 

Al momento della sospensione il tuo Istres navigava a due posizioni dalla zona retrocessione, pensi che alla ripresa (semmai si riprenderà) sarà più difficile conservare il vantaggio?

“Non possiamo sapere se si riprenderà e questi sono giorni delicati per il destino anche dei nostri campionati. Ovviamente la salute viene prima di tutto. Per quanto riguarda la stagione fino ad oggi, siamo rimasti fuori dalla zona calda e questo era ciò che più contava. Ci siamo tolti belle soddisfazioni, come fare punti all’andata e al ritorno contro una corazzata come il Montpellier, e quindi possiamo dirci soddisfatti”. 

Sei giovanissimo, ma al tempo stesso anche uno degli azzurri con la maggiore esperienza all’estero, quali sono le differenze maggiori con il campionato italiano?

“Credo che in primo luogo l’intensità del lavoro che si fa in allenamento sia per forza di cose differente. Questo non perché in Italia non si lavori duro, anzi, ma principalmente perché avere la possibilità di lavorare e di confrontarsi con molti dei migliori giocatori del mondo fa sì che il livello di competizione sia molto alto e rende necessario farsi trovare sempre al top. Inoltre qui la pallamano è uno sport professionistico e questo ti dà la serenità di poter incentrare la tua vita professionale esclusivamente sulla pratica sportiva: non è una cosa da poco”. 

Parliamo di Nazionale. L’ultimo appuntamento con le qualificazioni ai Mondiali 2021 a Benevento non è andato nel migliore dei modi, ottenendo un pareggio contro il Kosovo e due sconfitte contro Georgia e Romania. Cosa è andato storto?

“Eravamo molto carichi per l’appuntamento di Benevento e, aldilà delle aspettative esterne, anche noi all’interno della squadra ci aspettavamo tanto. Non è andata come speravamo: probabilmente in parte abbiamo sottovalutato gli impegni con Kosovo e Georgia, col primo pareggio al debutto che ci ha tolto un po’ di fiducia. Inoltre abbiamo avuto tanti problemi fisici, perso un portiere di spessore come Ebner dopo i primi 30’. Ma queste non sono scusanti: potevamo e dovevamo fare di più. Nello sport può accadere che le cose vadano male, l’importante è rialzare subito la testa e noi non vediamo l’ora di poter tornare in campo per dimostrare che la vera Nazionale è quella delle vittorie contro la Slovacchia e delle partite contro Russia e Ungheria, non certo quella di Benevento”. 

Hai metaforicamente preso l’eredità di un mostro sacro come Pasquale Maione, sia nel ruolo in campo (pivot) sia fuori, allacciandoti al braccio la fascia da capitano. Come ti senti ad avere questa responsabilità?

“Ne sono fiero e onorato. Pasquale è una leggenda della pallamano italiana, un leader e inoltre, a livello personale, uno dei senatori che più di tutti ha creduto in me ai miei debutti in azzurro. In più era un pivot, proprio come me. È una sensazione davvero incredibile poter essere il suo successore e poter essere il capitano della Nazionale. Sono quei sogni che un atleta rincorre fin da bambino. Incredibile, davvero”. 

Il settore giovanile italiano si sta togliendo qualche soddisfazione, avendo conquistato la partecipazione agli Europei under 20, grazie alle prestazioni di giocatori militanti in formazioni estere come Prartner, Colleluori e i gemelli Mengon. A tuo modo di vedere, chi sarà nei prossimi anni un punto fermo della Nazionale?

“Non solo quelli U20, ma anche gli Europei U18 ci vedranno protagonisti nella prima divisione. Ci sono tanti giovani interessanti che si stanno facendo valere. Alcuni li abbiamo apprezzati anche in Nazionale seniores. Questo non può che far bene alla nostra pallamano italiana e, anzi, speriamo che un numero sempre maggiore di giovani scelga di mettere questo sport al centro della propria vita”. 

Chiudiamo con una curiosità. Sin dalle tue apparizioni nel settore giovanile ti abbiamo sempre visto con un numero sulla maglia, il 32. Ha un significato particolare?

“Avevo iniziato col numero 77 durante la mia prima esperienza lontano da casa, a Cologne, scegliendo lo stesso numero che aveva avuto un altro ragazzo che era partito da Vigevano, la mia città natale, per iniziare la sua carriera, cioè Marcello Visconti (oggi consigliere federale, ndr). Marcello era il mio idolo e volevo avere lo stesso numero, ma dopo un infortunio ho deciso di lasciarlo e Luca Pagani (magazziniere del Cologne) mi ha consigliato il 32. Ho accettato subito e gliene sarò sempre grato, perché mi ha portato molta fortuna e ormai lo sento davvero mio”. 

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gianni.lombardi@oasport.it

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Foto: Isabella Gandolfi – Comunicato stampa FIGH

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