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Storia delle Olimpiadi: la prima volta del Setterosa. Pianto greco ad Atene 2004

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Quattro anni prima di Atene 2004, a Sydney, la pallanuoto femminile aveva fatto il suo esordio assoluto alle Olimpiadi. La nazionale italiana avrebbe dovuto arrivarci come una delle favorite per l’oro, visto il trionfale cammino percorso, fin dal 1994, dalle ragazze guidate magistralmente da Pierluigi Formiconi: tre titoli europei (1995, 1997, 1999) e il Mondiale del 1998. Ma il discutibile regolamento delle qualificazioni appiedò il fortissimo Setterosa delle Conti, Miceli, Grego, Malato, Di Mario e via cantando, tanto che il torneo olimpico australiano vide in vasca appena 6 compagini…

In Grecia, le guerriere azzurre vi sbarcano forti di altri due podi europei (seconde nel 2001, prime nel 2003) ed altrettanti piazzamenti iridati (oro nel 2001, argento nel 2003) e con in mente stampato un unico obiettivo: coronare un ciclo strepitoso di vittorie con l’alloro olimpico, l’unico in grado di donare l’immortalità, riscattando l’assenza australiana.

Il Setterosa di Formiconi non solo centrerà in pieno il target, ma riuscirà nella fantasiosa impresa di “imitare” il successo del Settebello a Barcellona 1992: partita infinita, vibrante, tifo assordante e titoli di coda con i padroni di casa in lacrime.

La partita. Primo quarto: azzurre tese, un po’ imballate e, nonostante una superiorità indiscutibile certificata anche dagli scontri diretti degli ultimi dieci anni, indietro 2-3. L’ambiente è esplosivo, le greche giocano bene come non mai, si esaltano, menano; Italia costantemente all’inseguimento. Francesca Cristiana Conti para poco e male, l’attacco appare spuntato, la difesa goffa e pasticciona. Ma ci si mantiene a galla, con molto mestiere e con l’orgoglio di chi non è abituato ad arrendersi e perdere. Formiconi si dispera in panchina. L’aggancio decisivo arriva nel terzo quarto e regge sino al termine: 7 a 7 alle fine tempi regolamentari. Altri tre minuti di battaglia, allora. E andiamo di nuovo sotto, 9-7. Il film sembra davvero irreversibile, stavolta, saluti a tutti, che disdetta; i greci saltano e urlano, la piscina è una pentola a pressione ribollente. Ma qualcosa cambia all’improvviso, si accende una luce azzurra fortissima e parte l’aurea rimonta. 9-8 immediato per mano di Melania Grego, una bresciana di 31 anni che finora ha giocato solo 64 minuti in tutta l’Olimpiade a causa di un infortunio alla spalla. Poi è il turno di una delle stelle italiane più luminose, Tania Di Mario, che però oggi sta nuotando nella mediocrità: 9-9! Serve un secondo over time.

La Grecia intera ha accusato il colpo, ora si canta meno e si teme di più. I padroni di casa hanno capito perfettamente che la belva ferita (e incavolata nera) andava finita alla giusta occasione, perché adesso sarà difficile contenerla. Il silenzio e la delusione sono colorati di bianco e blu, l’azzurro ha riacquistato intensità. Si riparte: assist della rediviva Di Mario, stoccata di una Grego ormai on fire. 10-9 Italia, ora è finita sul serio.

È la prima volta che non si scorda mai del Setterosa, nonché la prima vittoria olimpica al femminile in uno sport di squadra, per l’Italia. Ed è pianto greco, o Grego, se preferite…

 

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