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Oscar 2015 – Lo Sportivo Italiano dell’anno è… Dall’impresa Pennetta al ruggito di Cagnotto e Pellegrini: la top 10 di OA

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Il 2015 è stato un anno meraviglioso per lo sport italiano che ha vissuto e ammirato tantissimi successi. Come da tradizione OASport conferisce i suoi premi e onora i migliori atleti azzurri della stagione che si sta per concludere con i consueti Oscar.

Questo è il momento della classifica più ambita, il premio più prestigioso e importante, quello che elogia lo Sportivo Italiano dell’anno (uomini e donne insieme).

Una top 10 tutta azzurra, dei nostri migliori 10 rappresentati, quelli che hanno regalato più emozioni e trionfi. Senza dimenticare che sono rimasti fuori dei personaggi di spicco, a maggior riprova di quanto il 2015 italiano sia stato di ottimo livello.

Per conoscere i dieci migliori sportivi italiani dell’anno clicca in ordine sulle pagine 2, 3, 4 e via dicendo. Dalla decima alla prima posizione, per scoprire dal basso verso l’alto la nostra speciale classifica.

 

 

 

FEDERICA PELLEGRINI

Divinamente divina. Contro tutto e contro tutti. Acqua accarezzata con naturalezza, amore fin dalla nascita, suo ambiente prediletto a cui ha dedicato tutta una vita.

Ai Mondiali, quando sembrava tutto impossibile e irrealizzabile, indossa il costume da Wonder Woman, veste i panni della miglior nuotatrice italiana di tutti i tempi, confeziona due magie da fantascienza pura, già entrate nella leggenda.

Solo Katie Ledecky tra la Pelle e l’oro iridato. Un argento che profuma di vittoria, che la rende l’unica atletica capace di salire sul podio in sei edizioni consecutive dei Mondiali! Il capolavoro il giorno dopo, quando si era già fatta uno spettacolare regalo di compleanno.

La 4x200m stile libero si aggrappa alla sua eroina e per la prima volta nella storia sale sul podio mettendosi al collo un’incredibile argento. La sua cavalcata trionfale permette di recuperare Svezia, Cina e Gran Bretagna, trascinando l’intero quartetto su un podio strappalacrime alle spalle delle aliene a stelle e strisce. Un’ultima vasca che ha dell’incredibile e dell’irripetibile, da cuore in gola, da lacrime in volto.

 

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4 SENZA CANOTTAGGIO

Ogni colpo di remo era un battito cardiaco, ogni metro un passo verso il cielo, l’acqua scivolava liscia sotto la loro imbarcazione, affondi delicatamente potenti, un ritmo musicale che ha risvegliato il bacino di Aiguebelette.

Al Lac di Francia, uno degli specchi cullA del canottaggio, il sole bacia le fronti di quattro alfieri spettacolari, una formazione quasi in toto campana, passionaria e intrepida. Marco Di Costanzo, Matteo Castaldo, Matteo Lodo e Giuseppe Vicino si laureano Campioni del Mondo nel 4 senza, l’imbarcazione che è un po’ l’emblema tecnico di questo sport, cartina di tornasole dell’intero movimento.

Dopo due chilometri in allungo continuo, in rimonta strepitosa sull’Austalia. I colpi azzurri aumentano, gli aussies finiscono nella morsa del nostro 4 senza, domina l’ultima parte di gara. Consacrazione d’oro! Dopo 20 anni la pioggia bagnata e le lacrime di Dei Rossi/Leonardo/Molea/Mornati l’Italia torna nuovamente sul Trono! Consacrazione.

 

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ARIANNA FONTANA

Lo short track italiano è lei. Dopo l’apoteosi olimpica, le lame tornano a incendiare il ghiaccio in un anno da incorniciare per Arianna Fontana che ai Mondiali azzanna le avversarie, conquista una strabiliante medaglia d’argento nell’all-around a cui giunge grazie all’oro sui 1500m e ai bronzi sui 500m e 1000m, a cui si aggiunge il bellissimo terzo posto con la staffetta.

 

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ROSSELLA FIAMINGO

La Miss delle pedane. La Regina della spada. Un ferro battuto caldo, incrociato con avversarie che mai l’hanno impensierito. Infilzate tutte nel giorno dopo aver spento le sue 24 candeline e il regalo se lo confeziona e scarta da sola. Nastrino dopo nastrino, imballaggio dopo imballaggio, ostacolo dopo ostacolo, l’oro puro la aspetta per il secondo anno consecutivo. Rox, dolcissima Rox, è ancora Campionessa del Mondo.

Una cavalcata trionfale, impeccabile e inscalfibile, ingiocabile per l’intera giornata. La sua sciabola è tanto delicata quanto spietata sui corpi delle avversarie che assistono impotenti, non potendo nulla e non riuscendo nemmeno lontanamente a essere quell’amico antipatico che vuole guastarsi la festa il giorno del compleanno.

La Russia è ormai la seconda Patria della siciliana che, dopo Kazan 2014, trionfa a Mosca 2015 per un bis da primissima donna. Un bis che nella storia era riuscito solo a due atlete (Mariann Horvath e Laure Flessel-Colovic). Quarta medaglia iridata aggiungendoci i due bronzi con la squadra del 2014 e nella sua Catania nel 2011. Agli Europei chiuderà invece con l’argento individuale e con il bronzo a squadre, oltre alla vittoria della Coppa del Mondo generale, riportata in Italia dopo un’assenza di 25 anni!

 

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GIULIA CONTI e FRANCESCA CLAPCICH:

Campionesse d’Europa e Campionesse del Mondo. Una doppietta da vere numero 1 per un tandem tutto femminile che ha riportato in auge la vela azzurra in giro per tutti i mari del globo.

Era dal 2008 con l’apoteosi dell’infinita Alessandra Sensini che l’Italia non vinceva una rassegna iridata in una classe olimpica. Ci pensa la nostra coppia più rappresentativa a ripercorrere il mito degli italiani popoli di navigatori.

E lo faranno dall’altra parte del mondo, in Argentina, al termine di una settimana di fuoco e di una medal race dominata che ha meritatamente consegnato l’oro del 49er FX. Dopo il trionfo continentale in Portogallo, Giulia e Francesca entrano di prepotenza nel gotha della vela internazionale.

A San Isidro quella rimonta conclusiva ha dell’incredibile: affondate, una ad una, le temibilissime brasiliane Grael/Kunze. Dodici nodi d’intensità, una mare da lupi e due leonesse grintosissime che portano la loro imbarcazione al comando, non la mollano più, si gettano d’acqua per inebriarsi dell’iride.

 

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FABIO ARU

Il suo gladio è il manubrio, il suo destriero un fiero velocipede, i suoi scudieri sono otto compagni di squadra, la sua tenzone è la Vuelta di Spagna conquistata con un’impresa d’altri tempi.

Il Cavaliere dei Quattro Mori, dopo una crescita graduale, esplode in tutta la sua dinamitarda potenza e conquista la sua prima grande corsa a tappe, confermandosi come uno dei talenti più limpidi del ciclismo italiano e internazionale.

La squalifica di Nibali lo rende a tutti gli effetti capitano unico dell’Astana e lancerà ufficialmente il duello ai super big Froome, Quintana, Valverde, Rodriguez. Lo scontro finale con l’ostico Dumoulin sarà epocale e, con una tattica di squadra encomiabile e impeccabile, lo abbatterà nella tappa di Cercedilla. Sarà El Cid Campeador, premiato Cavaliere a Madrid a 25 anni, al termine di una stagione da urlo, incorniciata anche dal terzo posto al Giro d’Italia dove ha firmato una doppietta da urlo: due successi di tappa consecutivi, due tapponi di montagna all’attacco, stroncando la resistenza degli avversari, due cioccolatini ad alta quota tra Cervinia e Sestriere da cartolina dello sport. Ajò!

 

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FRANK CHAMIZO

C’è uno spirito ancestrale in quel gesto. C’è un velo di misticismo in quel scambio di carezze mascoline. In quella sfida tra corpi statuari respira l’essenza dello sport. Lotta libera, la generatrice di tutto, un’arte pittorica che da migliaia di anni dipinge le tele dell’olimpismo.

Las Vegas, gioco, divertimento, scommesse sfrenate, ma per Frank Chamizo quel giorno il living style statunitense si mescola con l’arte del combattimento puro. Lo Spartacus Azzurro ha già ottenuto gloria con Cuba, sua Patria natia, ma l’amore lo ha reso italiano.

Con quella tuta sbaraglierà chiunque si troverà dinnanzi, stenderà con foga e vigore il meglio del circuito internazionale. Tra le lacrime di un pianto greco, tra l’incredulità di un afflato latino, Frank Chamizo è Campione del Mondo di lotta libera. Mai, mai, mai un italiano aveva conquistato l’oro iridato in questa specialità nello sport che è essenza delle Olimpiadi e che addirittura rischiava di uscire.

Per lui è il secondo podio in un Mondiale dopo il bronzo regalato alla sua Isola, Gladiatore indomabile che ha tenuto sveglia per tutta la notte la sua nuova Patria, ritornata a festeggiare con un urlo sotto il cielo stellato della città che non dorme mai. Un altro, gigante “Living in America”, per dare il là all’apoteosi del tennis italico a New York.

 

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GREGORIO PALTRINIERI

“L’arte di vincere”. Ci sono tre protagonisti: un impavido ragazzo coraggioso, un piccolo fantasmino e trenta vasche da bere tutto d’un fiato. Un cavaliere italiano passato per tanti rodei fin da piccolo e ora pronto per il Palio più importante, un cinese favorito sparito solo Dio sa dove, 1500m tra un sogno e la realtà.

Salta il duello con Sun Yang che non si è presentato ai blocchi di partenza. Il testa a testa atteso per un anno intero, trascinato per una settimana ai Mondiali di nuoto, svanisce in maniera imprevista e imprevedibile. A Gregorio Magno poco gliene cale, perché lui ha la sua battaglia da vincere: deve toccare la piastra per primo, e anche con un ottimo tempo, per dimostrare (come se ce ne fosse bisogno) ai prevedibili detrattori che se la sarebbe giocato anche col Drago Cinese in piscina che qualche giorno prima lo aveva battuto sulla mezza distanza (non olimpica)…

Respirazione perfetta, una bracciata costante e sempre in avanzamento, una sintesi di ritmo, agilità, potenza, forza virgulea, palpitazioni. Sarà una “lenta” cavalcata indomabile, un Imperatore che apre il campo di battaglia per scrivere una pagina di leggenda. Della storia del nuoto azzurro che incorona un nuovo Campione del Mondo dei 1500 metri, un ventenne spavaldo e dall’impegno encomiabile, da clonare e imitare.

Finita lì? Macché. Scarico, carico, Europei in vasca corta e una nuova magia è servita. Da Kazan a Netanya, dalla Russia a Israele, da Campione del Mondo (con record europeo) a Campione d’Europa con record del Mondo, spedendo in soffitta addirittura Grant Hackett, uno degli Dei del nuoto degli ultimi venti anni.

 

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TANIA CAGNOTTO

“Nonna, ma quanto sono forti queste cinesi”. “Sì, amore, ma un giorno io le sconfissi…”. Potrebbe benissimo essere l’inizio di un racconto che nonna Tania Cagnotto farà alle sue nipotine tra qualche anno. Quel giorno, quel 28 luglio, quando una piccola italiana si metteva in testa di entrare nella storia dello sport, non solo italiano.

La Cina, super potenza mondiale dei tuffi, sembra poter dominare la rassegna iridata e il metro femminile (specialità purtroppo non olimpica) è apparecchiato per una nuova possibile doppietta. Non quel giorno che, nel giro di un’ora, diventerà il più bello di tutti i tempi per l’Italia che, al femminile, nei tuffi, mai, mai, mai aveva vinto un oro mondiale.

Ci sarà una Regina, ancora senza Corona, a mettere il bastone tra le ruote a chi credeva di mangiarsi la piscina di Kazan senza aver fatto i conti con il cuore e l’amore di chi ha sempre creduto nei propri mezzi. Non è un robot, ma è un automa di precisione. Non è un freddo computer che replica esecuzioni a menadito, ma è un caldo calcolatore di passioni. Non è una mera pulizia senza schizzi d’acqua, ma un bollente palpitare di evoluzioni aeree.

Sarà Tania Cagnotto, quel leggendario giorno, a far venire un tuffo al cuore a tutta l’Italia che l’ha spinta sul trampolino russo. In pochissimi erano riusciti ad assistere in prima persona ai trionfi di Klaus Dibiasi, l’unico capace di portare l’iride nel nostro Paese ma una vita fa, duellando con un altro Cagnotto. Ci sarà proprio quel papà, 40 anni dopo, commosso a bordo vasca, ad abbracciare la sua Principessa che, dopo aver ammutolito le maestre, dopo aver steso chi credeva di dominare, dopo aver annichilito le resistenze di chi si credeva perfetto, sarà semplicemente…Campionessa del Mondo.

Oltre all’impresa di tutta una vita, Tania sarà anche Campionessa d’Europa da 1m, 3m e nel sincro e vincerà anche altri due bronzi ai Mondiali (3m e la novità sincro misto).

 

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FLAVIA PENNETTA

American Dream. Se è vero che oltreoceano qualsiasi sogno si può realizzare, beh Flavia Pennetta ne ha avuto la dimostrazione. A Flushing Meadows, però, nessuno ha dormito in quelle due settimane. Perché era tutto vero. Perché è stata lei il mago dell’incantesimo. Perché è stata lei l’alchimista suprema. Perché è stata lei a mettere in scena il miracolo di tutta una vita.

La sua racchetta è stata la bacchetta, le sue mise eleganti e griffate l’abito del dì di festa, le sue braccia artefici del gesto sopraffino, le sue rapide gambe ideatrici di una danza che ha steso il meglio del tennis internazionale. Il ricco carrozzone, dove tutte cercano uno spazio da padrona, ha perso la sua Dea a un passo dalla leggenda vivente e che quasi due generazioni intere stanno aspettando.

Il Grande Slam della Venera Nera è sfumato per merito di una piccola italiana che, anche lei, “had a dream”. Quel famoso treno, quello che non puoi perdere, quello del celebre proverbio che ci attanaglia fin da bambini, sta forse passando sulle rotaie di New York.

C’è una pugliese, sorridente quanto splendente, emotiva quanto tecnicamente quadrata, guerriera coriacea e indomita che sfida un’altra pugliese, una che ha già realizzato il miracolo stendendo Serena Williams, la dittatrice del tennis.

È Flavia Pennetta contro Roberta Vinci. È il momento dell’anno per lo sport italiano che mai, mai, mai aveva visto una finale tutta italiana in un torneo del Grande Slam. Robe dell’altro Mondo. E infatti dall’altra parte del Mondo premiano Flavia, che con un indimenticabile US Open incorona così una carriera impeccabile.

Seconda italiana a vincere uno dei quattro pilastri di quello sport così individualista, dal sapore così antico, così tradizionale, così emozionante, così intenso. Quelle palline gialle, colpite con arguzia dalla nostra Flavia, giocate con intelligenza da una mente così fine, quelle palline che hanno steso una su una tutte le avversarie finiscono a bordo campo.

Al centro della scena c’è solo l’apoteosi per una Signora del Tennis, per la Regina dello Sport Italiano del 2015. C’è Flavia Pennetta con la sua Coppa, abbracciata a Roberta Vinci, con migliaia di flash addosso. Per la fotografia di un momento che non ritornerà mai più. “Living in America, Yeah”.

 

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