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Judo, il bilancio (deficitario) italiano del Grand Prix di Tashkent: male gli uomini, segnali incoraggianti dalle donne

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La terza edizione del Grand Prix di Tashkent, settimo Grand Prix del Judo World Tour 2015, si è conclusa sabato facendo registrare più dolori che gioie per i colori italiani. Tredici azzurri vi hanno preso parte, distribuiti tra le dieci (delle quattordici totali) diverse categorie di peso; non ci sono stati nostri rappresentanti solo nei -48 kg, -52 kg, -90 kg e i +100 kg. Per completezza di informazione, molti top 10 di tutte le categorie hanno declinato il meeting uzbeko, andato in scena appena un mese dopo i Mondiali di Astana.

A parte l’entusiasmante cavalcata di Edwige Gwend (regina dei -63 kg) e il quinto posto, con podio sfumato in zona Cesarini, di Assunta Galeone (-78 kg), il bilancio complessivo della spedizione italiana in Uzbekistan è da considerarsi “in perdita”. Vediamo perché.

Tutto il comparto maschile non è riuscito ad andare oltre il secondo turno, tra l’altro al cospetto di avversari spesso lontani dalle prime venti posizioni dei ranking mondiali. Hanno battuto almeno un avversario, Elio Verde (-66 kg), Enrico Parlati e Marco Maddaloni fra i -73 kg, Antonio Ciano (-81 kg) e Vincenzo D’Arco (-100 kg); fuori addirittura al primo combattimento, Carmine Di Loreto (-60 kg) e Luca Ardizio (-100 kg).

Al contrario dei colleghi, tutte le atlete italiane sbarcate a Tashkent sono riuscite a superare almeno i primi due preliminari. Accennato già agli exploit di Edwige Gweng e Assunta Galeone – che ha ben figurato contro due top 20 di assoluto livello come le britanniche Powell e Gibbons – da evidenziare anche il settimo posto finale della trentenne Giulia Cantoni (-70 kg). Fuori al secondo turno, Maria Centracchio e Martina Lo Giudice, nella categoria -57 kg, ed Elisa Marchiò (+78 kg)

Gli ultimi Grand Prix stagionali saranno quelli di Qingdao, in Cina (20-22 novembre), e Jeju, in Corea del Sud (26-28 novembre), prima del Grand Slam di chiusura anno, a Tokyo (4-6 dicembre). Sperando possa sventolare ben più di una volta il tricolore, in queste prossime occasioni, per la salute di un movimento nazionale reduce dalle zero medaglie ai Mondiali di Astana e disorientato dopo la frattura definitiva tra la Federazione e il responsabile della nazionale maschile Pino Maddaloni.

Il judo è uno dei pochi sport che ci ha regalato ininterrottamente almeno una medaglia da Barcellona 1992 a Londra 2012. Un altro motivo più che valido per rinverdire l’indiscutibile tradizione italiana sui tatami e lanciare al meglio la volata olimpica.

 

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Foto: IJF

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