Editoriali

‘Italia, come stai?’: ciclismo, una nazionale di gregari e incompiuti. Ma c’è speranza verso Rio 2016

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E’ stato il peggior Mondiale di ciclismo dell’era moderna per l’Italia. Il diciottesimo posto finale di Giacomo Nizzolo, il ‘migliore’ degli azzurri, parla chiaro. Peggio di così era andata solo nella rassegna iridata del 1950, quando nessun italiano giunse al traguardo (clicca qui per saperne di più).

Un risultato che non deve stupire più di tanto. Attualmente il ciclismo tricolore vanta due campionissimi per le grandi corse a tappe, Vincenzo Nibali e Fabio Aru, ma da anni è pressoché sparito dalle posizioni che contano nelle grandi classiche. L’ultima vittoria in una ‘Monumento’ resta il Giro di Lombardia di Damiano Cunego nel 2008. Sempre al 2008 risale l’ultimo titolo iridato con Alessandro Ballan. In quell’anno appese la bici al chiodo un fuoriclasse come Paolo Bettini (un oro olimpico e due mondiali). Da allora, un crollo inesorabile, con i peggiori piazzamenti da decenni tra Fiandre, Roubaix, Liegi e Mondiali.

Il fallimento di Richmond era scritto sin dal via. La nazionale del ct Davide Cassani poteva contare su un solo, vero fuoriclasse: Vincenzo Nibali. Lo Squalo dello Stretto tuttavia, nulla avrebbe potuto su un tracciato così poco consono alle proprie caratteristiche, con strappetti di poche centinaia di metri; da scattisti puri, dotati di un’esplosività che il siciliano non possiede. Il percorso si adattava molto bene, invece, a Matteo Trentin. Ma era lecito attendersi un risultato importante da un corridore che, durante la stagione, ricopre il ruolo di gregario alla Etixx-Quick Step? Gregari sono anche Daniele Bennati, Fabio Felline, Daniel Oss e Manuel Quinziato, non a caso a totale disposizione della squadra. Ennesima occasione fallita, poi, per Diego Ulissi: il nostro presunto ‘Re Mida’ delle corse di un giorno ha arrancato sempre nelle retrovie, staccandosi quando la gara è entrata nel vivo. A 26 anni, rischia di rimanere uno dei grandi incompiuti del ciclismo italiano. Anche Elia Viviani e Giacomo Nizzolo, le due ruote veloci della selezione, non possono di certo considerarsi due vincenti. Insomma, era una nazionale spuntata e zeppa di lacune sin dal via. Difficile chiedere una giornata da re a chi è abituato a correre al servizio di altri capitani. Gregari, incompiuti e corridori non adatti a questo percorso: la selezione tricolore era sconfitta in partenza. 

Con il ritiro di Paolo Bettini sono terminati gli anni d’oro del pedale nostrano. E’ mancato il ricambio generazionale ai vari Michele Bartoli, Davide Rebellin, Andrea Tafi, Franco Ballerini, Alessandro Ballan, etc. Eppure i talenti non mancavano: da Fabio Felline a Moreno Moser, passando per Enrico Battaglin e Diego Ulissi. Nessuno di questi, tuttavia, ha compiuto l’atteso salto di qualità, rimanendo confinati nel limbo delle promesse rimaste tali. La prova in linea Under23 ha messo in luce tre giovani davvero interessanti come Gianni Moscon, Simone Consonni (argento) e Davide Martinelli. Riusciranno ad emergere nel passaggio tra gli elite? L’impressione è che Moscon abbia tutto per affermarsi, a patto che non venga ‘spento’ da compiti di gregariato nel team Sky, dove passerà professionista dal 2016.

La Federazione ed il ct Cassani, va precisato, stanno lavorando nel migliore dei modi per far crescere i giovani in un contesto dove le squadre italiane nel World Tour sono praticamente sparite (resta solo, a fatica, la Lampre). I nostri migliori prospetti partecipano a diverse competizioni internazionali nel corso dell’anno con la maglia della nazionale, avendo l’opportunità di crescere ed acquisire importanti esperienze. Anche il progetto della cronometro sta dando i propri frutti, come testimonia lo storico argento di Adriano Malori e la possibile ascesa del talentuosissimo Filippo Ganna. Insomma, si fa di necessità virtù, consapevoli che serve del tempo per ricostruire un movimento credibile dalle macerie di un lungo vuoto generazionale.

Per quanto riguarda l’approfondimento sulle prove femminili, vi rimandiamo all’analisi di Marco Regazzoni (clicca qui).

Il discorso cambia radicalmente se ci proiettiamo sulle Olimpiadi di Rio 2016. In Brasile il percorso verrà in soccorso dell’Italia, con una salita di 8,5 km con pendenze tra il 10 ed il 15%, da ripetere per quattro volte! Insomma, un tracciato da scalatori puri, equiparabile ad un tappone alpino del Giro d’Italia (clicca qui per l’analisi del ct Cassani). Anche la successiva discesa è molto tecnica ed impegnativa. Insomma, il terreno ideale per i nostri Nibali ed Aru, ma anche per Chris Froome, Nairo Quintana, Alejandro Valverde (il grande favorito) ed Alberto Contador. Sarà uno spettacolo imperdibile. Su un percorso di questo genere potrebbero fare benissimo nella competizione femminile anche Elisa Longo Borghini ed una valida scalatrice come Francesca Cauz. Massacrante sarà anche la cronometro maschile: 60 km in cui si alterneranno tratti completamente pianeggianti ad altri impegnativi, come la salita del Grumari (1,2 km al 7%). Il nostro Malori, tuttavia, è un corridore ormai completo e, con la preparazione adatta, potrà puntare al podio anche nella prova a cinque cerchi.

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federico.militello@oasport.it

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