Nuoto

Lublino incorona l’Italia: giovani, big, profondità e tanti record in un Europeo storico. La volata per Los Angeles è lanciata

Enrico Spada

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Foto Andrea Masini / DeepBlueMedia.eu

Lublino 2025 resterà un evento indimenticabile nella storia del nuoto italiano. Per la prima volta, la Nazionale ha conquistato il medagliere degli Europei in vasca corta, chiudendo con un bottino straordinario: 9 ori, 5 argenti e 6 bronzi, per un totale di 20 medaglie. Nessuna edizione precedente aveva mai visto l’Italia così in alto. E il dato assume un valore ancora più importante se si considera il contesto: questa squadra è arrivata in Polonia senza Benedetta Pilato, senza Gregorio Paltrinieri, con Nicolò Martinenghi non al meglio e con Thomas Ceccon che ha scelto di disputare una sola gara individuale, i 100 dorso, vinti comunque con autorità e con la lucidità dei grandi campioni. E’ vero che all’appello mancavano altri super campioni (Marchand e Milak tanto per buttare lì due nomi) e una Nazionale intera dal peso specifico enorme come quella russa, al termine di un un quadriennio logorante come mai si era visto prima, ma l’Italia ha dimostrato di avere una ricchezza tecnica, mentale e strutturale superiore a qualsiasi altra nazione presente.

Un dominio che nasce dalla profondità

Il risultato non è il frutto di un exploit estemporaneo, ma la conferma di un percorso che ha portato il movimento ad avere una profondità mai raggiunta prima. Il dato più lampante arriva dalle staffette: tutte, senza eccezioni, sono salite sul podio, con quattro ori, un argento e un bronzo. Non era mai successo che l’Italia conquistasse una medaglia in ogni staffetta del programma. La 4×50 stile libero mista ha siglato addirittura il record del mondo, simbolo di un settore che oggi ha numeri, alternative, idee e personalità. La 4×50 mista maschile ha dominato la gara, grazie alle frazioni di Lazzari, Cerasuolo, Stefanì e Deplano, mentre la mista femminile ha conquistato un bronzo di enorme valore tecnico e simbolico. È un indicatore preciso: la forza della squadra non si basa più solo sui singoli fuoriclasse, ma su una base larga, competente e performante. È la fotografia di un sistema che sta funzionando.

Il valore delle medaglie e l’assenza dei big: l’Europeo di transizione

Sarebbe riduttivo attribuire il successo alla mancanza di avversari o a un’edizione “comoda”. I Paesi Bassi hanno presentato la miglior Marrit Steenbergen di sempre, capace di battere record europei in serie e un Corbeau che solo l’influenza ha fermato dopo il dominio nei 100 rana. La Germania ha portato una linea verde fortissima (tante le medaglie conquistate dai giovani teutonici) con Gose e Elendt in prima fila. La Francia ha ritrovato un Grousset devastante e un buon livello medio. La Gran Bretagna ha confermato la sua tradizione nei misti e nel mezzofondo. L’Italia, però, è riuscita ad andare oltre le assenze pesanti. La mancanza di Pilato e Paltrinieri toglie punti di riferimento tecnici in due specialità chiave; Martinenghi, ancora in costruzione dopo un’estate lunghissima, non ha potuto garantire l’impatto delle sue versioni migliori; Ceccon, provato da un ciclo interminabile, ha gestito l’Europeo come una tappa di passaggio più che come un obiettivo. Eppure, il vuoto è stato colmato e, in alcuni casi, trasformato in opportunità: più spazio ai giovani, responsabilità redistribuite, leadership allargate.

Il ricambio generazionale è già qui

La grande notizia dell’Europeo è proprio questa: il futuro non è in arrivo, è già presente. Sara Curtis, classe 2006, è diventata la nuova stella della velocità europea: oro nei 50 dorso con record italiano ed europeo sottrattole solo poche ore dopo da Steenbergen; argento nei 50 stile libero; bronzo nei 100 stile libero con un primato nazionale abbattuto di oltre un secondo nel giro di due giorni; un altro bronzo in staffetta, decisivo per la rimonta finale. Una completezza che pochissime atlete al mondo possiedono a questa età. Francesco Lazzari, rookie dell’anno, ha conquistato un bronzo scintillante nei 50 dorso e ha aperto la 4×50 mista con una frazione da specialista vero. Simone Stefanì ha sfiorato la medaglia nei 100 farfalla, poi ha letteralmente spaccato la gara in staffetta. Anita Gastaldi ha ritrovato un 200 farfalla da fuoriclasse, migliorando il record italiano e dimostrando di poter essere un punto fermo nel ciclo che porta a Los Angeles. Carlos D’Ambrosio ha confermato di essere competitivo nei 100 stile libero: i crono non hanno portato medaglie, ma hanno mostrato una crescita evidente. E poi c’è la più giovane: Alessandra Mao, 14 anni, la sorpresa che non ti aspetti. Ha migliorato i propri personali in ogni gara, mostrando doti tecniche che raramente si vedono a quell’età. I tecnici predicano calma, ma è difficile non considerarla un possibile riferimento del prossimo decennio.

I settori tecnici: dove l’Italia vola e dove deve costruire

Il quadro tecnico dell’Europeo restituisce una mappa molto precisa. La velocità, maschile e femminile, è la grande ricchezza di questa Nazionale. Le staffette veloci hanno costruito il 40% del medagliere italiano, certificando la modernità del movimento. Curtis, Di Pietro, Deplano, Zazzeri, D’Ambrosio e Guatti (nome nuovo) compongono un gruppo di specialisti che nessun’altra squadra europea può vantare in questa quantità. La rana maschile resta un pilastro: Simone Cerasuolo ha dominato i 50 rana e inciso nelle staffette, mentre Martinenghi, pur lontano dalla sua miglior condizione, ha mantenuto la continuità di medaglia che dura da 13 rassegne internazionali consecutive. Dietro di loro, Mancini, Viberti e gli emergenti offrono alternative solide. La rana femminile, invece, ha sofferto l’assenza di Pilato, Bottazzo e Angiolini: Burato ha fatto il possibile, ma servirà ritrovare le big per tornare protagonisti. Il dorso maschile vive un’epoca d’oro: Ceccon ha confermato il proprio dominio, Mora rimane un finalista stabile e Lazzari ha aperto un nuovo fronte tecnico. Al femminile, il vuoto degli ultimi anni è stato finalmente riempito dall’oro di Curtis, che può davvero cambiare la storia del settore. La farfalla maschile mostra segnali di crescita con Busa, Stefanì, Razzetti e un Burdisso che resta una risorsa importante per la  stagione in lunga. Al femminile, la gara di Gastaldi su tempi internazionali nei 200 è una delle notizie migliori della rassegna. Il mezzofondo maschile è il comparto più in sofferenza: senza Paltrinieri. Wiffen, Sarkany e Wellbrock hanno dominato e la distanza tra loro e gli azzurri che non si chiamano Paltrinieri è ampia. Discorso opposto al femminile, dove Simona Quadarella ha fatto il vuoto. Due record italiani nei 400 e negli 800 stile libero, un oro schiacciante nei 1500, e una continuità nuova anche in vasca corta. Con il coach Belfiore, la romana ha raggiunto una maturità che la colloca ormai tra le migliori mezzofondiste al mondo in entrambe le vasche. Nei misti Alberto razzetti si è confermato ad altissimo livello e Christian Mantegazza sta crescendo a vista d’occhio, mentre al femminile Anita Gastaldi è ormai un’atleta con prospettive internazionali e la potenziale rivalità con Sara Franceschi può essere utile alla crescita di entrambe.

L’Europeo che chiude un quadriennio infinito

Questa rassegna è stata anche un punto di arrivo. Il quadriennio 2021-2025 è stato il più dispendioso di sempre: continui cambi di calendario, Mondiali ravvicinati, Europei intermedi, un’Olimpiade straordinariamente compressa. Atleti come Ceccon, Martinenghi, Paltrinieri, Pilato e la stessa Quadarella hanno tirato la carretta senza sosta. Era fisiologico arrivare stanchi. Che l’Italia sia riuscita non solo a restare competitiva, ma a dominare l’Europeo, è la prova definitiva della solidità del movimento.

Verso Los Angeles 2028: una strada aperta

Lublino è molto più di un Europeo: è il punto d’incontro tra il vecchio ciclo e quello nuovo. La generazione dei Martinenghi, Ceccon, Razzetti e Pilato incontra quella dei Curtis, Lazzari, Gastaldi e Mao. È raro che un passaggio generazionale avvenga con questa naturalezza, senza fratture, senza vuoti tecnici. Per la prima volta, l’Italia non arriva a un ciclo olimpico sperando di confermare ciò che ha: arriva con l’ambizione di migliorarlo. La profondità, i risultati e la qualità delle nuove generazioni indicano chiaramente una direzione: l’Italia oggi è la squadra più forte d’Europa. E a dirlo non sono le sensazioni: lo dice il medagliere, lo dice la vasca, lo dice il campo gara.

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