Artistica

Ginnastica, Olimpiadi 2021: squadre ridotte per fare spazio a terze linee. Ha senso la “magnesia esotica”?

Stefano Villa

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Allargare la partecipazione ad atleti provenienti anche da piccoli Paesi oppure affidarsi soltanto ai fuoriclasse delle Nazioni di riferimento? Questo è sempre un interrogativo primario quando vengono scelti i criteri di qualificazioni agli eventi sportivi più importanti, come ad esempio le Olimpiadi. A maggior ragione se il numero di posti a disposizione è relativamente limitato e si vuole provare ad accontentare un po’ tutti. La ginnastica artistica può beneficiare di 196 pass per i Giochi di Tokyo 2021, equamente suddivisi tra i due sessi (98 per le donne, altrettanti per gli uomini).

La FIG ha deciso di stravolgere il percorso di qualificazione e di rivoluzionare il concetto di squadra: a Rio 2016 i team erano composti da 5 atleti, per la rassegna in programma tra tre settimane si scenderà a 4 ginnasti per formazione. Una riduzione che ha modificato le dinamiche della gara a squadre, quella che misura la validità del movimento di un’intera Nazione e che è anche tra le più gradite dal grande pubblico: servono più all-arounder, gli incastri di rotazione sono limitati, si toglie spazio ad atleti di primissimo spazio, non c’è continuità con quanto succede al Mondiale (dove le compagini sono da 5+1 atleti).

Adottando questa soluzione si sono tolti 12 posti alle squadre dei Paesi dal maggior tasso tecnico e si sono assegnati a individualisti che spesso non sono in grado di competere a certi livelli. In sostanza: alle Olimpiadi si guarda di più a una partecipazione globale e assortita che alla caratura tecnica dell’evento. Sicuramente è una prerogativa dei Giochi, indubbiamente i discorsi di fratellanza tra le Nazioni e di occasione di incontro sono validi, ma stiamo comunque parlando di una competizione sportiva (la più importante…) e bisognerebbe anche dare uno sguardo alla caratura degli atleti.

Basta osservare la lista delle 98 qualificate femminili. Tra le tante ci permettiamo di evidenziare alcuni nomi: l’indonesiana Pranati Nayak, la srilankese Milka Gehani Elpitiya Badalge Dona, le sudafricane Naveen Daries e Caitlin Rooskrantz, le egiziane Zeina Ibrahim e Mandy Mohamed, la costaricana Luciana Alvarado, la singaporiana Sze En Tan, la malese Farah Ann Abdul Hadi. Davvero è meglio avere loro (e potremmo citare anche alcune europee di seconda fascia, senza andare a ricercare nella “magnesia esotica”) che una quinta ginnasta di punta di USA, Cina, Russia, Italia, Francia e via dicendo?

Vero che i Paesi di vertice hanno avuto la possibilità di qualificare uno o due atleti in più attraverso Coppa del Mondo ed Europei, ma con pass individualisti e squadre ridotte sempre più all’osso. Qualcosa cambierà per Parigi 2024? Staremo a vedere, perché è vero che le Olimpiadi sono anche belle per i tanti colori che le abbracciano ma…

Foto: Lapresse

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