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Oscar 2015 – L’impresa azzurra dell’anno è… Dal caterpillar Vinci al volo Cagnotto

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Il 2015 è stato un anno meraviglioso per lo sport italiano che ha vissuto e ammirato tantissimi successi. Come da tradizione OASport conferisce i suoi premi e onora i migliori atleti azzurri della stagione che si sta per concludere con i consueti Oscar.

Come non partire dalle imprese che ci hanno regalato gli atleti italiani durante questa stagione. Quali sono stati i gesti atletici che ci hanno colpito maggiormente, le imprese indimenticabili e già entrate nella storia. Per questa speciale classifica elogiamo un podio ideale, una top 3 di lusso, ben consapevoli che sono rimasti fuori dei cioccolatini di pregio come i numeri di Gregorio Paltrinieri, i trionfi di Fabio Aru, l’assolo di Vincenzo Nibali, la 4x200m stile libero di nuoto femminile, l’apoteosi del softball e tanto altro ancora. Protagonisti che ritroveremo in altre speciali classifiche.

Per conoscere le tre migliori imprese del 2015 clicca in ordine sulle pagine 2, 3 e 4: dalla terza alla prima posizione, per scoprire dal basso verso l’alto la nostra speciale classifica.

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FRANK CHAMIZO, GLADIATORE CAMPIONE DEL MONDO:

C’è uno spirito ancestrale in quel gesto. C’è un velo di misticismo in quello scambio di carezze mascoline. In quella sfida tra corpi statuari respira l’essenza dello sport. Lotta libera, la generatrice di tutto, un’arte pittorica che da migliaia di anni dipinge le tele dell’olimpismo.

Las Vegas, gioco, divertimento, scommesse sfrenate, ma per Frank Chamizo quel giorno il living style statunitense si mescola con l’arte del combattimento puro. Lo Spartacus Azzurro ha già ottenuto gloria con Cuba, sua Patria natia, ma l’amore lo ha reso italiano.

Con quella tuta sbaraglierà chiunque si troverà dinnanzi, stenderà con foga e vigore il meglio del circuito internazionale. Tra le lacrime di un pianto greco, tra l’incredulità di un afflato latino, Frank Chamizo è Campione del Mondo di lotta libera. Mai, mai, mai un italiano aveva conquistato l’oro iridato in questa specialità nello sport che è essenza delle Olimpiadi e che addirittura rischiava di uscire.

Per lui è il secondo podio in un Mondiale dopo il bronzo regalato alla sua Isola, Gladiatore indomabile che ha tenuto sveglia per tutta la notte la sua nuova Patria, ritornata a festeggiare con un urlo sotto il cielo stellato della città che non dorme mai. Un altro, gigante “Living in America”, per dare il là all’apoteosi del tennis italico a New York.

 

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TANIA CAGNOTTO SCONFIGGE LE CINESI:

“Nonna, ma quanto sono forti queste cinesi”. “Sì, amore, ma un giorno io le sconfissi…”. Potrebbe benissimo essere l’inizio di un racconto che nonna Tania Cagnotto farà alle sue nipotine tra qualche anno. Quel giorno, quel 28 luglio, quando una piccola italiana si metteva in testa di entrare nella storia dello sport.

La Cina, super potenza mondiale dei tuffi, sembra poter dominare la rassegna iridata e il metro femminile (specialità purtroppo non olimpica) è apparecchiato per una nuova possibile doppietta. Non quel giorno che, nel giro di un’ora, diventerà il più bello di tutti i tempi per l’Italia che, al femminile, nei tuffi, mai, mai, mai aveva vinto un oro mondiale.

Ci sarà una Regina, ancora senza Corona, a mettere il bastone tra le ruote a chi credeva di mangiarsi la piscina di Kazan senza aver fatto i conti con il cuore e l’amore di chi ha sempre creduto nei propri mezzi. Non è un robot, ma è un automa di precisione. Non è un freddo computer che replica esecuzioni a menadito, ma è un caldo calcolatore di passioni. Non è una mera pulizia senza schizzi d’acqua, ma un bollente palpitare di evoluzioni aeree.

Sarà Tania Cagnotto, quel leggendario giorno, a far venire un tuffo al cuore a tutta l’Italia che l’ha spinta sul trampolino russo. In pochissimi erano riusciti ad assistere in prima persona ai trionfi di Klaus Dibiasi, l’unico capace di portare l’iride nel nostro Paese ma una vita fa, duellando con un altro Cagnotto. Ci sarà proprio quel papà, 40 anni dopo, commosso a bordo vasca, ad abbracciare la sua Principessa che, dopo aver ammutolito le maestre, dopo aver steso chi credeva di dominare, dopo aver annichilito le resistenze di chi si credeva perfetto, sarà semplicemente…Campionessa del Mondo.

 

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ROBERTA VINCI DEMOLISCE SERENA WILLIAMS

Un’Arena emblema del tennis. Un Leone Condottiero, una belva, una fiera, un mostro che ha segnato la storia della disciplina ed è a due passi dall’impresa memorabile che farebbe sussultare il Mondo intero. Un Gladiatore che si presenta come vittima sacrificale ma in cuor suo sa di poter uscire dallo Stadio con la testa dell’Invincibile tra le sue mani, tra le urla incredule del pubblico che, dettaglio non da poco, è tutto dalla parte del più forte, eroina della Patria nota a tutti gli angoli dell’Impero.

La seconda semifinale degli US Open sembra essere senza storia. Serena Williams, già dominatrice delle precedenti tre prove del Grande Slam (Australian Open, Roland Garros, Wimbledon), è a un passo da infilare il poker che la renderebbe la quarta tennista capace di conquistare i quattro tornei più importanti nella stessa stagione, 27 anni dopo Steffi Graf.

La statunitense è la più forte, sembra inscalfibile e imbattibile, anche se a Flashing Meadows ha dimostrato qualche piccola crepa durante il suo cammino. La pressione è tutta sulle sue spalle, tra lei e il sogno di tutta una vita c’è solo l’Italia: in Finale la aspetta Flavia Pennetta, ma per arrivarci deve battere un’altra pugliese.

Sembra un gioco da ragazzi, il primo set vola via con un comodo 6-2, la Venere Nera del tennis è in totale controllo dell’incontro ma non ha fatto i conti col cuore gigante di una ragazza che sembra uno scricciolo in confronto al colosso tutto muscoli e potenza. È lì, spalle al muro e quando non c’è davvero più nulla da perdere, che Robertina capisce di dover sfruttare l’occasione di tutta una vita, quel treno che davvero passa solo su quel binario, quello che ha come destinazione l’immortalità sportiva.

Crederci sempre nello sport, ma quello che succederà nella successiva ora di gioco andrà contro qualsiasi logica, previsione, azzardo. La Dea del tennis non è più a stelle e strisce ma è tutta azzurra, sale in cattedra, aumenta il livello di gioco in una maniera impressionante, colpo su colpo mette in crisi le certezze dell’automa bionico e la seppellirà con la sua classe inaudita.

Epico lo scambio infinito vinto con un colpo da maestra e quel “applaudite anche me, cazzo” che ha fatto il giro del Mondo. Doppio 6-4, responso netto e chiaro. Roberta Vinci ha realizzato l’impresa del millennio, ha detronizzato la Regina, ha catapultato l’Italia sul piedistallo del tennis. La Finale tutta italiana, prima volta assoluta in un Grande Slam, sarà l’epilogo incredibile di un torneo che rimarrà a lungo come l’apice dello sport italiano.

 

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