Milano Cortina 2026
Pietro Sighel: “Alle Olimpiadi avremo un vantaggio. I canadesi hanno cambiato approccio, coreani mine vaganti”
Pietro Sighel ospite d’eccezione nell’ultima puntata di Salotto Bianco, format in onda sul canale Youtube di OA Sport, condotto da Dario Puppo (giornalista/telecronista di Eurosport) e da Massimiliano Ambesi (giornalista/analista di Eurosport). Un’occasione per approfondire quanto è accaduto nel massimo circuito dello short track, che ha esaurito il proprio percorso con l’appuntamento a Dordrecht (Paesi Bassi).
Il bilancio in casa Italia è stato lusinghiero. Si è raggiunta, infatti, la doppia cifra di podi per la seconda edizione consecutiva, pur avendo a disposizione ben 18 gare in meno. In ciascuna delle quattro tappe, nonostante non siano mancati episodi non particolarmente favorevoli, come ha sottolineato Ambesi, i pattinatori azzurri hanno ottenuto 11 podi, 29 presenze in Finale A, 22 presenze in Finale B, 50 piazzamenti nelle prime dieci posizioni e 56 accessi alle semifinali. Il tutto confezionato in 36 gare, di cui 24 individuali e 12 a squadre.
Sighel ha rappresentato il punto di riferimento, forte del primo successo nel World Tour e di cinque podi individuali totali, attestandosi al secondo posto nella classifica generale e scalando un gradino rispetto alla già positiva passata stagione. Il ventiseienne trentino si è, inoltre, imposto nella classifica dei 1000 metri, fatto assai rilevante in quanto inedito per il settore maschile italiano nelle 27 precedenti edizioni della Coppa del Mondo. Gli unici successi nelle graduatorie delle distanze olimpiche erano stati, infatti, ottenuti nei 500 metri (1999) e nei 1500 metri (2003) per mano di Fabio Carta, ha ricordato il giornalista/analista di Eurosport.
Parlando dell’ultima finale dei 1000 metri in Olanda, il trentino ha sottolineato: “In finale sono stato un po’ un pollo a farmi infilare dal cinese, ma visto quanto era accaduto, il rischio di star fuori dalla finale, ecc, ho pensato soprattutto a non fare cavolate, avendo ben chiaro l’obiettivo della Coppa di specialità. Potevo fare molto di più, ma complessivamente è stata una grande stagione. Pensavo di partire molto più in basso“.
Entrando nello specifico: “Sono molto contento perché sono partito con aspettative molto basse a inizio stagione e poi in realtà tutto è andato diversamente. Il mio obiettivo era fare esperienza e provare cose. Questo è stato fatto e adesso ci concentriamo su quello che verrà“.
Si è approfondito successivamente il tema delle gare spalmate su più giorni ai Giochi di Milano Cortina e Sighel ritiene che possa essere un vantaggio per l’Italia: “Personalmente, preferisco gareggiare un giorno sì e un giorno no. Ti aiuta, secondo me, anche a resettare. Si riparte un po’ da zero ogni giornata, anche perché poi facendo più gare consecutive c’è anche l’aspetto emotivo che va incidere in un modo o nell’altro. Noi siamo abituati a fare due finali su due distanze nello stesso giorno, mentre alle Olimpiadi ne fai una, c’è la pausa, e poi si riparte. A mio avviso, questo può essere un vantaggio nella misura in cui puoi ripartire da capo, senza che quanto fatto prima ti possa condizionare. Ritengo che, visti i valori in gioco, questo fattore sia più a vantaggio nostro che rispetto ai canadesi, ritenendo quest’ultimi i più forti“.
“In generale, le tappe del World Tour in quattro giornate sono devastanti mentalmente e fisicamente. Sono quattro giorni in cui fai gare e turni, soprattutto da un week end all’altro hai poco tempo per recuperare. Lo stacco è breve. Io questo format lo ritengo bello impegnativo“, ha sottolineato. “I turni di qualificazione quest’anno sono sempre andati bene, senza grossi problemi. La tensione di quattro giorni la senti, però, in un modo o nell’altro. Noi, rispetto ad altri sport, non abbiamo respiro, 5/6 gare a giornata sono micidiali. Chi fa più distanze, ha un week end molto impegnativo“, ha aggiunto l’azzurro.
Movimento dello short track che ha sempre più il marchio di fabbrica trentino e Pietro ha dato una chiave di lettura: “Per fare short track le ore costano rispetto alla pista lunga, che è gratis. Mio padre (Roberto, ndr) ha coinvolto il Comitato Trentino e quindi il Comitato andava a comprare le ore di short track per farci pattinare. Così è nato questo movimento. Dal 2010 ha iniziato mia sorella, lei faceva short track e speed skating, con mio padre che ha sempre creduto nella doppia disciplina. Anche nel mio caso, sono stato allenato da lui fino a 20 anni. Una coesistenza che si può portare avanti finché si è junior, poi è diverso. La doppia disciplina ha aiutato, penso anche a Serena Pergher che ha fatto short track fino all’ultimo. Il futuro del pattinaggio è condividere pista lunga e pista corta a livello junior poi si decide sulla base delle proprie caratteristiche“.
Capitolo impianti a Baselga di Piné con lavori di strutturazione: “Dovrebbero finire verso gennaio, relativamente alla pista corta. La pista lunga prima di Natale la consegnano, da quello che ho capito. Sta di fatto che in questa stagione chiudono i lavori, i soldi che sono arrivati per le Olimpiadi hanno dato una mano per la definizione di queste strutture“.
Spostando l’attenzione su argomenti più agonistici, l’azzurro ha espresso le sue sensazioni sulle varie distanze in cui gareggia: “I primi anni dicevo che non avevo una distanza preferita e sottolineavo che il 1000 fosse quella che preferivo di meno. Il destino poi è un po’ così…e ultimamente sono i 1000 dove sto ottenendo più risultati. L’anno scorso mi sono sentito che ho faticato nei 500, volevo quasi smettere di farli. Il pensiero era tirare fino alle Olimpiadi con questa distanza e poi stop. Quest’anno, in realtà, è dove mi sono sentito meglio. A livello di gambe 500 e 1000 mi hanno dato belle sensazioni, mentre i 1500 non li ho digeriti. Ho qualche idea, ma non so quale sia il motivo“.
E sugli uomini da battere in vista dei Giochi di Milano Cortina: “Dandjinou è fortissimo, ma le cose gli vanno sempre tutte dritte. Non capisco perché nessuno lo attacchi nei primi turni, in modo da metterlo in difficoltà. Per me, il più forte dei 500 è Dubois. Nei 1000 Jens van ‘t Wout e William (Dandjinou) sono i riferimenti. I coreani hanno uno stampo vecchio di gareggiare, provando sempre a vincere da dietro. I canadesi hanno cambiato la strategia, controllano sempre, mettendosi davanti. Gli attacchi da dietro non esistono quasi più. È cambiato molto. Nelle finali in cui mancavano i canadesi, si tornava a uno short track più tattico e anche artistico. Con loro in pista, il discorso cambia. In questi anni ho provato a coprire questo buco che avevo, in relazione a questo cambiamento, e credo di averlo coperto abbastanza. I coreani sono delle mine vaganti“.
Sul potenziale della staffetta maschile sempre a podio nelle ultime sei circostanze nel massimo circuito: “Arrivare sempre sul podio in una gara con tante variabili in gioco è davvero rilevante. Avere questa solidità penso sia un buon punto di partenza, poi magari sulla gestione della finale possiamo fare meglio. I canadesi sono molto forti, però come già detto, hanno sempre un pizzico di fortuna dalla loro”.
Una battuta finale sul ghiaccio condiviso col pattinaggio di figura alle Olimpiadi: “A Pechino non ha dato problemi, spero che siano bravi anche in questo caso“.