Calcio

Napoli-Juventus, una classica del calcio italiano: da Maradona – Platini a De Bruyne – Yildiz

Francesco Militello

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Neres / Lapresse

C’era un tempo in cui il calcio italiano rappresentava l’epicentro del pallone mondiale. Gli stadi erano pieni ogni domenica, le televisioni di mezzo pianeta trasmettevano le partite di Serie A, e campioni straordinari come Diego Armando Maradona e Michel Platini trasformavano le sfide tra Napoli e Juventus in autentici eventi di culto. 

Erano gli anni ’80, un’epoca irripetibile, in cui da un lato spiccavano il genio e la fantasia del Pibe de Oro, simbolo di un Sud che voleva riscattarsi, capace di accendere il San Paolo con un tocco, una punizione, un tunnel. Dall’altro, l’eleganza e il controllo di Le Roy, incarnazione perfetta della Juventus e del Nord industriale, metodico, vincente e razionale. La rivalità tra Napoli e Juve non era soltanto sportiva: era una sfida tra due poli opposti del Paese, due modi diversi di intendere il calcio e la vita. Il gap tra le due squadre si ridusse significativamente dopo il trasferimento di Maradona dal Barcellona al Napoli, nel 1984. Il passaggio dell’argentino dai catalani ai partenopei fu un affare epocale, un trasferimento record per una squadra di media classifica, reso possibile dalle laute sponsorizzazioni di quegli anni, che non erano soggette a regolamentazioni ferree come lo sono oggi.

Declino e transizione: il difficile nuovo millennio

Dopo quel periodo d’oro, il calcio italiano ha conosciuto una lunga fase di declino strutturale. Gli scandali sportivi, come Calciopoli e successivamente Scommessopoli, uniti alla scarsa capacità di attrarre capitali esteri, hanno reso la Serie A sempre meno competitiva a livello internazionale. A differenza della Premier League, sostenuta da grandi investitori e da un mercato delle sponsorizzazioni più libero e flessibile, in Italia si è finiti per vedere i grandi campioni arrivare solo a fine carriera, spesso per una parentesi nostalgica o commerciale. 

Ne sono esempi celebri Cristiano Ronaldo alla Juventus, o prima di lui Miroslav Klose alla Lazio, Frank Ribéry alla Fiorentina, mentre l’esempio più recente è Luka Modric al Milan: tutti questi campioni, infatti, sono approdati nel nostro campionato in età matura. Eppure, nonostante il ridimensionamento economico, Napoli e Juve hanno continuato a scrivere pagine intense della loro rivalità.

Dagli anni Duemila in poi non sono mancati incontri memorabili tra queste due squadre: il gol di Del Piero allo Stadium, le prodezze di Higuaín prima a Napoli e poi da “traditore” in bianconero, la rinascita partenopea firmata Insigne e Mertens, fino ai recenti duelli tra Dybala, Osimhen e Chiesa. Partite spesso decisive per la classifica, ma anche per riaffermare un’identità, un senso di appartenenza che va oltre il risultato. 

Nel frattempo, la Serie A ha continuato a perdere terreno rispetto ai grandi campionati europei e, più di recente, anche rispetto al mercato arabo, capace di offrire stipendi fuori portata. A pesare è anche un sistema di sponsorizzazioni e regolamentazioni troppo rigido, che limita le fonti di introito per i club italiani, da quando il Decreto Dignità del 2018 ha vietato le sponsorizzazioni da parte dei bookmaker. In Inghilterra, ad esempio, i siti di scommesse non solo possono sponsorizzare le squadre, ma danno persino il nome agli stadi, come accade per il Bet365 Stadium dello Stoke City: un contrasto evidente con il modello italiano. Tuttavia, come riportato dalla cronaca nazionale e da alcune fonti autorevoli del settore come iGamingNuts, potrebbero presto esserci sviluppi in quest’ottica, che cambierebbero nuovamente il volto del calcio italiano. In attesa che ciò avvenga, è difficile pensare di poter colmare il gap in termini di introiti con leghe come Premier League, Liga e Bundesliga, dove l’attenzione da parte delle federazioni e delle istituzioni fa la differenza a favore dei club.

De Bruyne e Yildiz, il presente di una rivalità che resiste

Oggi, la sfida tra Napoli e Juventus continua a rappresentare una delle classiche del calcio italiano. Il 7 dicembre 2025, allo stadio Diego Armando Maradona, andrà in scena un nuovo capitolo di questa eterna rivalità. Una partita che potrebbe pesare nella lotta per le prime posizioni e che, ancora una volta, metterà di fronte due visioni opposte di calcio: la freschezza e la spregiudicatezza di una Juventus in costruzione, contro la qualità e l’esperienza del Napoli di Antonio Conte.

Chi purtroppo non sarà della sfida è Kevin De Bruyne. Il belga, approdato in azzurro a parametro zero dal Manchester City, sarebbe stato indubbiamente uno dei volti di copertina del match, insieme all’antagonista bianconero Kenan Yildiz, ma resterà ai box per tre mesi a causa di un infortunio rimediato calciando il rigore che ha aperto le marcature nella sfida vinta dal Napoli contro l’Inter. Così, ad illuminare il match con le proprie giocate, potrebbe essere soprattutto il turco in forza alla Juve, che ha sulle spalle la numero 10 appartenuta in passato a giocatori come Del Piero, Tevez e Pogba. Tornando a KDB, questi rappresenta perfettamente la condizione del calcio italiano attuale: un grande nome internazionale, arrivato però a fine carriera. 

L’infortunio occorso al belga sottolinea ancora una volta quanto sia difficile, oggi, per le società italiane investire su campioni nel pieno della loro carriera e, ancor più, trattenere i talenti nati e cresciuti in Italia, basti pensare al recente trasferimento di Riccardo Calafiori all’Arsenal, dopo un’ottima stagione col Bologna. Le cause di questo trend sono molteplici: limiti economici, burocrazia, poca capacità di internazionalizzare il brand. Ma tra tutte, pesa soprattutto un mercato delle sponsorizzazioni sempre più vincolato e rigido, che impedisce ai club di generare entrate competitive rispetto alle potenze straniere. Così, mentre Napoli e Juventus si preparano a un’altra notte di emozioni e ricordi, resta la consapevolezza che la magia dei tempi di Maradona e Platini, oggi deve fare i conti con una realtà diversa: meno romantica, più globale, e profondamente condizionata da regole che, almeno per ora, rendono il sogno italiano un po’ più distante.

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