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Basket femminile, la missione dell’Italia: tornare ai Mondiali dopo 32 anni. Attesa per il rientro di Matilde Villa

Federico Rossini

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Italia / Ciamillo

1994. Questo è l’anno di riferimento che si punta nel basket femminile italiano, perché è l’ultima volta in cui la squadra azzurra ha potuto giocare i Mondiali. Era un’altra epoca, ed era per certi versi anche un altro mondo, quello in cui l’Italia disputava la rassegna iridata. Sarebbe stato per buona misura il gruppo d’argento agli Europei del 1995, sta di fatto che è rimasta quella una delle cinque partecipazioni mondiali azzurre. Nel 1994 fu 11° posto, il miglior risultato resta il 4° del 1975.

Il 2026 potrebbe essere l’anno del ritorno, ma questo passerà forzatamente dal Preolimpico di San Juan, in Porto Rico. Un luogo che alla Nazionale maschile ha portato poco bene, dato che l’anno scorso uscì in semifinale dopo aver perso con Porto Rico e Lituania. Qui il funzionamento è diverso: un solo round robin, tutte contro tutte. L’Italia avrà di fronte in questo ordine Porto Rico, Nuova Zelanda, USA, Spagna e Senegal. Basterà arrivare nei primi tre posti, o nei primi quattro se tra i primi tre c’è Porto Rico.

Una missione che, a rigor di favore del pronostico, non appare di certo impossibile, anzi. Se gli USA sono fuori portata (non per l’Italia, ma per tutte), e si attende solo di scoprire chi arriverà in campo tra le stelle della WNBA, c’è curiosità per i due confronti che stuzzicano la fantasia azzurra. Uno è quello contro la Spagna, quella Spagna cui si è dimostrato di essere vicini non solo per la vittoria nel torneo di La Linea dello scorso novembre, ma anche perché, considerato il tipo di gioco offerto contro le big negli Europei, l’Italia è complessivamente molto vicina a quel livello. L’altro è quello con Porto Rico. Una squadra, questa, che ha sì perso Jazmon Gwathmey per ritiro, ma che ha un ottimo quintetto base (certo, è pur vero che la panchina non può considerarsi allo stesso livello) con giocatrici passate anche dal nostro campionato. Ci sono poi gli altri discorsi, quelli di Nuova Zelanda e Senegal. Sono le due squadre che andranno battute, senza se e senza ma, per avere la sicurezza pressoché assoluta di un pass verso la strada iridata. In questo caso si può ben dire che ci sia una differenza importante a favore dell’Italia.

Quale sarà il roster di Andrea Capobianco? Ancora è presto per dirlo, però tutto lascia immaginare che non ci si discosterà di molto, salvo infortuni, dal roster che è stato in campo tra Bologna e il Pireo. Il tutto mentre aleggia sempre un nome, quello di Matilde Villa. E qui bisogna essere chiari: non bisogna assolutamente aspettarsi di averla al torneo pre-mondiale. Questo perché parliamo di una rottura di un legamento crociato, che non va forzata nei tempi di recupero. Se anche la rivedremo in questa stagione, sarà con il suo club, la Reyer Venezia, e con un’attenta gestione della sua situazione. Per capirci, il paragone più ovvio è quello con Danilo Gallinari, che nell’estate 2022 in maglia azzurra ci lasciò anche lui un crociato e saltò un intero anno Mondiali 2023 compresi (impensabile ributtarlo nella mischia subito in quel contesto). Per Matilde Villa vale lo stesso: applaudire il suo recupero sì, forzarlo no, perché non avrebbe alcun senso. Basterà esultare quando la rivedremo sul parquet.

E soprattutto la squadra azzurra ha dimostrato di avere qualcosa di molto importante: un gruppo vero, in cui se anche c’è qualcuna che non ce la fa, chi entra ha un ruolo ben chiaro e che può sempre tornare utile. Vale per tutti l’esempio più importante, quello di Martina Fassina. Usata pochissimo da Capobianco fino alla semifinale, fu gettata nella mischia nell’ultimo quarto contro il Belgio. Pochi minuti dopo era sommersa di aggettivi che partivano direttamente dall’eroico. C’è Cecilia Zandalasini che è inamovibile, c’è Jasmine Keys che ha le caratteristiche di lunga a più dimensioni che tanto può dar fastidio a molte squadre. E c’è, in generale, il fatto che proprio adesso questa squadra abbia un talento diffuso, a partire dalla sicurezza in cabina di regia di Costanza Verona per arrivare fino ad almeno una rosa allargabile a una ventina di nomi in Italia e non solo. In pratica, è l’attimo buono per riportare il basket femminile azzurro là dove avrebbe dovuto essere già poco meno di 10 anni fa. Nel gioco delle sliding doors, stavolta, si vuole andare avanti eccome.

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