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Adhu Malual denuncia: “Insulti, fischi, commenti razzisti: fiera di essere italiana”. Cos’è successo nella Serie A1 di volley

Stefano Villa

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Malual / IPA Agency

Adhuoljok John Majak Malual sta disputando una buona stagione con la maglia del Monviso: il club piemontese ha vinto soltanto quattro partite sulle sedici disputate e si trova al terzultimo posto in classifica (in piena lotta per non retrocedere), ma il rendimento dell’opposto a livello di spessore è positivo. Nello specifico la classe 2000 ha messo a segno 201 punti (27 muri, 6 ace, 36,8% in attacco) e si sta facendo apprezzare, tra l’altro dopo aver conquistato la medaglia d’oro alle ultimi Universiadi con la Nazionale.

Nata a Roma da genitori provenienti dal Sudan del Sud, la bomber è impegnata nella sua prima stagione con Monviso, dopo aver trascinato un’annata agonistica a Firenze e in precedente una a Monza e un paio a Casalmaggiore. Ieri sera, in occasione del match valido per la quindicesima giornata di Serie A1, Adhu Malual ha faticato a ingranare contro Macerata: ha messo a segno sei punti nei primi due set con il 31% in fase offensiva ed è poi stata sostituita da coach Giuseppe Nica, che ha spedito nella mischia Danielle Harbin. Le piemontesi hanno rimontato dallo 0-2 di fronte al proprio pubblico e poi hanno perso al tie-break.

Durante l’ultima partita, però, proprio il pubblico di casa che avrebbe dovuto sostenerla, l’ha preso di mira, rivolgendole pesanti insulti personali sfociati nel razzismo. La 25enne ha racconto quanto accaduto in un post pubblico sul suo profilo Instagram: “Ieri sera ho giocato in casa. E non mi sono sentita a casa. In 12 anni di carriera non avevo mai assistito né vissuto sulla mia pelle un atteggiamento del genere da parte del pubblico che dovrebbe sostenere la propria squadra. Insulti, fischi costanti e commenti razzisti. Non per spronare, solo per colpire. C’è una linea sottile tra il tifo e la mancanza di rispetto. Ieri sera quella linea è stata superata più volte. Quando a pagarne il prezzo è anche la famiglia sugli spalti, il problema non è sportivo. È umano“.

La giocatrice ha proseguito:Si può sbagliare. Fa parte del gioco, fa parte del lavoro, fa parte dell’essere umani. Quello che non fa parte di questo sport sono insulti, fischi costanti, offese personali e sì commenti razzisti, rivolti non solo a me ma anche ai miei familiari sugli spalti. Dal primo punto all’ultimo. Non per spronare. Non per sostenere. Solo per colpire. Sono fiera di essere italiana. Sono fiera di giocare in uno dei campionati più forti al mondo. Sono fiera di indossare la maglia azzurra, perché l’amore che provo per questo Paese, che è la mia casa, è indescrivibile. E non permetterò a nessuno di metterlo in discussione. I momenti no esistono per tutti, in qualsiasi ambito. C’è una linea sottile tra il tifo e la mancanza di rispetto. Ieri sera quella linea è stata superata più volte. E quando a pagarne il prezzo non è solo l’atleta in campo, ma anche la squadra e la sua famiglia sugli spalti, allora il problema non è sportivo. È umano. Io continuerò a fare il mio lavoro. Con dignità. Con professionalità. Con rispetto per questo sport. Ma una cosa va detta chiaramente: il silenzio, davanti a certi comportamenti, non è più un’opzione. Ringrazio la società per il supporto dimostrato, e i tifosi che riconoscono il mio impegno e comprendono il momento delicato“.

Monviso ha dato il massimo sostegno alla giocatrice, pubblicando il seguente comunicato stampa:La Società Monviso Volley prende fermamente le distanze da quanto accaduto ieri sera sugli spalti in occasione della gara contro Macerata, dove si sono verificate manifestazioni di dissenso da parte di una minoranza del pubblico, non in linea con i valori dello sport e con i principi che da sempre guidano la nostra Società. Pur riconoscendo che la critica sportiva faccia parte del confronto agonistico, Monviso Volley ritiene inaccettabili atteggiamenti che travalichino il rispetto della persona e dell’atleta, soprattutto quando questi si trasformano in contestazioni personali o in pressioni dannose per il clima sportivo. La Società desidera esprimere piena solidarietà e sostegno all’atleta di Adhu Malual, che ogni giorno dimostra impegno, professionalità e dedizione al progetto sportivo, condividendo con la squadra responsabilità, successi e momenti di difficoltà che fanno parte di ogni percorso competitivo. La Società ribadisce con forza il proprio impegno nella promozione di valori quali rispetto, correttezza e fair play, dentro e fuori dal campo, e invita tutti i propri sostenitori a mantenere un comportamento coerente con questi principi, a tutela dell’immagine del club, delle atlete e dello sport stesso. Eventuali comportamenti contrari a tali valori, che non rappresentano la Società né lo spirito con cui affrontiamo l’attività sportiva, saranno perseguiti nelle sedi opportune“.

Sostegno anche da parte di Giuseppe Manfredi, Presidente della Federvolley:Quanto accaduto ad Adhu Malual è semplicemente inaccettabile. Nel modo più netto e fermo possibile, la Federazione Italiana Pallavolo condanna, senza se e senza ma, ogni forma di insulto razzista o di discriminazione. Comportamenti del genere non sono tollerabili nel mondo della pallavolo, così come non lo sono nello sport e nella nostra società. La pallavolo è, e deve continuare a essere, un luogo di rispetto, inclusione, educazione e valori positivi. Episodi come questo rappresentano una ferita profonda per tutto il nostro movimento e non possono essere minimizzati o giustificati. Desidero esprimere la piena e totale solidarietà ad Adhu Malual. Attraverso il suo post ha dimostrato coraggio, dignità e grande senso di responsabilità nel denunciare pubblicamente quanto subito. Parlare, esporsi e non restare in silenzio è un atto che aiuta tutto lo sport a crescere e a prendere coscienza. Nel messaggio di Malual, inoltre, emerge chiaramente l’amore profondo per l’Italia e per la maglia azzurra, valori che rendono ancora più inconcepibile quanto accaduto. La Federazione sarà sempre al fianco delle atlete e degli atleti nella lotta al razzismo e a ogni altra forma di discriminazione“.

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