Tennis
Italia, che 2025! Dagli Slam a Coppa Davis e BJK Cup, undici mesi di trionfi
Si conclude un anno 2025 tennistico ricchissimo di soddisfazioni per l’Italia. A partire da gennaio fino a novembre, non c’è quasi stato mese senza che siano arrivate delle soddisfazioni da qualche parte nel mondo. Un’annata fondamentalmente esaltante, senza dimenticarsi nemmeno un passo di ciò che è accaduto da inizio a fine anno.
L’apertura è arrivata con Jannik Sinner vincitore riconfermato agli Australian Open: dall’altra parte c’era Alexander Zverev, ma il tedesco non è mai davvero riuscito a impensierirlo, anche perché nei momenti più complessi l’allora numero 1 del mondo si è disimpegnato con una classe superba. Il tutto di fronte all’arena che porta il nome del grande Rod Laver.
Poi, nel frattempo, hanno iniziato a vincere anche altri. Anche prima, per la verità, visto che Simone Bolelli e Andrea Vavassori avevano già trionfato ad Adelaide e avrebbero poi conquistato gli ATP 500 di Rotterdam, Amburgo e Washington, oltre a diventare i primi italiani a raggiungere le semifinali alle ATP Finals. E, a Melbourne, hanno mancato di pochissimo il successo finale in uno degli ultimi atti più infuocati (e notturni: infatti è stato cambiato l’ordine delle finali) degli ultimi tempi.
Smaltito un febbraio segnato dallo stop di Sinner, hanno ricominciato a scalpitare Sara Errani e Jasmine Paolini, vincitrici nel Masters 1000 di Doha, e poi di nuovo Errani e Vavassori, vincitori a Indian Wells dell’unico torneo di misto extra Olimpiadi-Slam-Hopman Cup-United Cup. Un marzo che, passando ad aprile, ha iniziato a farsi veramente interessante: due successi in poche ore per Luciano Darderi e Flavio Cobolli, da Marrakech a Bucarest, e poi la finale di Lorenzo Musetti a Montecarlo, capace di far capire che sul rosso ci sarebbe stato anche lui.
E poi, a maggio, una lunga apoteosi romana: Jasmine Paolini vittoriosa prima da sola e poi con Sara Errani, qualcosa che non si sarebbe mai pensato anche solo un paio d’anni prima. Contemporaneo il ritorno di Sinner, fermato da Alcaraz in finale. Frattanto, doppietta Cobolli e Bolelli/Vavassori ad Amburgo. E, alla fine dei conti, un Roland Garros ancora più italiano del precedente: i trionfi sia di Errani/Vavassori che di Errani/Paolini, due italiani in semifinale, uno in finale, battuti dallo stesso uomo: Carlos Alcaraz, che con Sinner ha ingaggiatouna delle più incredibili finali dell’Era Open.
La vendetta, se così la possiamo definire, di Sinner è giunta rapida, in poco più di un mese. Wimbledon, dove mai nessun azzurro in singolare si era imposto: ora tocca a Jannik essere re e aspettare le 14:30 italiane del prossimo 29 giugno per provare l’emozione di entrare sul Centre Court come campione in carica e, dunque, da primo assoluto a scendere in campo. Piccole grandi tradizioni che si vivono per la prima volta con il tricolore addosso.
Ma luglio ha visto anche il ritorno della terra rossa, e di un Luciano Darderi scatenato, con due vittorie consecutive a Bastad e Amburgo, mentre dall’altra parte del mondo, negli States, nei 1000, riemergeva ancora una volta Paolini in finale a Cincinnati, così come Sinner (fermato da problemi evidenti contro Alcaraz) e un quasi selvatico doppio Musetti/Sonego.
Poi New York. La follia del doppio misto su due giorni e con regole stravolte ha avuto come risultato il semplice fatto che a vincerlo siano stati due che di doppio ormai ci vivono, Sara Errani e Andrea Vavassori, con plauso pressoché generale. Poi è arrivata la finale persa da Sinner contro Alcaraz, ma ormai s’era già capito lo status di duello con loro due e poi tutti gli altri a enorme distanza.
E poi ancora la Billie Jean King Cup, conquistata con rimonte da brividi in vari casi, con partite meravigliose in altri: Jasmine Paolini, Sara Errani ed Elisabetta Cocciaretto (con Lucia Bronzetti e Tyra Grant a osservare) hanno scritto di nuovo la storia, quella di un’Italia che si è ritrovata a rivincere la coppa dopo gli anni d’oro 2006-2013. Se siano ripetibili non si sa, ma che abbiano trovato in Jasmine un faro trascinante è fatto chiaro e palese.
Ancora Jannik Sinner si è rivelato totale trascinatore del tennis azzurro in questa fase: vittoria a Pechino (500), vittoria a Vienna (500), vittoria a Parigi non più Bercy, ma La Defense (1000). Tasselli che si sono riempiti ancora una volta e ogni momento di più, fino anche ad avere cinque rappresentanti in tutte le Finals, compreso proprio all’ultimo sprint anche Lorenzo Musetti. A proposito: Bolelli/Vavassori primi azzurri di sempre in semifinale nell’evento dei migliori 8.
E proprio alle Finals è arrivato l’altro capolavoro di Sinner: di nuovo nessun set perso, Alcaraz battuto in finale, una giornata a Torino come poche se ne sono viste, un’atmosfera elettrica, tra l’esultanza e il rispetto, tra l’aver tenuto un rendimento mostruoso con tre mesi in meno e l’avere ormai ben chiaro di avere davanti un 2026 in cui qualche conto da sistemare c’è eccome.
Infine, la Coppa Davis. Niente Sinner, niente Musetti, niente Alcaraz, niente Davidovich Fokina. Che problema c’è: in finale Italia e Spagna ci arrivano lo stesso. E poi il colpo finale lo piazzano un Flavio Cobolli diventato il personaggio, senza se e senza ma, della Davis, e Matteo Berrettini, che quanto a sicurezza da numero 2 la regala sempre perché, va sempre ribadito, in quel ruolo è molto più di un lusso. Con Lorenzo Sonego, Simone Bolelli e Andrea Vavassori lì, pronti nel caso. Non c’è stato bisogno, ma la squadra è questa: forte, davvero.