Nuoto
La ‘nuova’ Silvia Di Pietro: “Ho sviluppato una fobia per i 100 farfalla, ai Mondiali in pace con me stessa”
Puntata speciale di Swim Zone, approfondimento dedicato al nuoto sul canale Youtube di OA Sport condotto da Aglaia Pezzato ed Enrico Spada. Ospite la “capitana” della Nazionale italiana di nuoto, Silvia Di Pietro, grande protagonista della stagione agonistica passata in cui è riuscita a esprimersi su livelli altissimi, quando si pensava che la sua carriera si potesse chiudere a dicembre 2024.
Dopo aver deciso di dedicarsi esclusivamente alla velocità, l’azzurra è stata in grado di spingersi alla prima finale mondiale in vasca lunga a Singapore 2025 nei 50 farfalla, andando a migliorare nel cammino iridato il suo primato nazionale che durava da 11 anni: da 25.78 a 25.49, un miglioramento sensibile.
“È stata una riscoperta. Grandi meriti al mio allenatore e alla mia fiducia cieca nel ritrovare un piacere ad allenarmi. Ho pensato a fine 2024 che avrebbe potuto essere l’ultima finale internazionale, ma, a dispetto di alcuni programmi che avevo fatto, la stagione non si è chiusa in bellezza, ma di più“, ha sottolineato Silvia.
C’è stato un cambio di preparazione, che però partiva da un punto: “C’è stata la voglia di migliorarsi. Io non mi aspettavo di poter abbassare in questo modo il mio record italiano. Certo, il target era quello di fare meglio del mio limite, quanto c’è stato in acqua non è stato frutto del caso. Quando ho fatto quel crono in batteria è come se mi fossi sentita in pace con me stessa. Quel risultato ha significato tanto per me“, ha ammesso Di Pietro.
“Dopo l’operazione alla gamba ero riuscita a migliorare il mio tempo nei 50 sl, ma farlo a farfalla è stata una sorta di chiusura del cerchio. L’infortunio alla spalla del 2010 è stato un grande turning-point perché mi aveva tolto tante sicurezze in quello stile e visti i problemi che avevo avuto successivamente mi ero spesa per lo stile libero ottenendo comunque dei risultati. Gli atleti sono quello che sono attraverso quanto fanno. Mi sono dovuta ricostruire in tutti i sensi. Nel triennio 2015-2017 ero poi in grande ascesa e il nuovo stop era stato una nuova prova da superare. Nel 2018, quando ero a Londra nella ISL, è stata un’esperienza terribile perché mi sentivo fuori contesto. Non è un caso che avevo anche pensato di smettere. Da quell’esperienza, ho compreso come trovare il mio spazio, nel momento in cui anche arrivano ragazzi più giovani“, ha raccontato l’atleta azzurra.
Non ci sono rimpianti però rispetto al percorso affrontato, quanto semmai alla gestione degli ultimi due anni: “Non rimpiango le mie scelte quando facevo più gare. Poi, a causa di spalla e ginocchio, mi sono buttata nello stile libero. I 100 farfalla sono stati una spina nel fianco e per diversi motivi una gara fantasma. Ho sviluppato silenziosamente una fobia per quella distanza. Alla fine è stato tutto parte del percorso per essere quella che sono, ma magari con questo protocollo, l’avessi considerato 2 anni fa, avrebbe potuto essere meglio. Comunque ho vissuto l’esperienza nei Mondiali a Singapore con grande serenità e la gara del record è stata perfetta“.
Sul suo ruolo di “capitana”, Silvia ha affermato: “Il nuoto è uno sport individuale quindi l’idea che ci debba essere un leader è diverso da uno sport di squadra. Io ho cercato di essere un punto di riferimento disponibile, senza eccessi, forte della mia esperienza. Io, come ho detto ai ragazzi, ho provato a essere un ponte tra gli atleti e i tecnici, specialmente in alcune situazioni di “nervosismo” che ci possono essere nei giorni di gara“.
E il futuro? “Mi piacerebbe essere ai Giochi di Los Angeles, ma nello stesso tempo non riesco a immaginarmi di essere lì, anche perché quest’estate alcune problematiche al ginocchio ci sono state. Quando ho letto la notizia dell’introduzione delle gare da 50 nel programma olimpico, ho pensato che sarebbe stato perfetto per Parigi 2024. Ora come ora, arrivo a dicembre 2025, dovendo affrontare una settimana molto intensa agli Europei in vasca corta, faccio la mia virata e poi vediamo. Non mi vedo allenatrice perché non sento quella vocazione, ma mi piacerebbe rimanere nell’ambito del nuoto, perché è un ambiente che mi ha dato molto e conosco, ringraziando anche l’Arma dei Carabinieri“.