Ciclismo

Gianmarco Garofoli: “Competitivo con i migliori, gli ultimi 50 km del Mondiale pura sopravvivenza. Pellizzari è già il presente”

Francesca Cazzaniga

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Gianmarco Garofoli / Lapresse

Reduce da un 22° posto ai Mondiali in Ruanda e da un ottimo 9° posto agli Europei — due delle corse più dure degli ultimi anni — Gianmarco Garofoli, talento classe 2002 della Soudal Quick-Step, traccia un bilancio più che positivo della sua stagione. Tra la chiamata in extremis in Nazionale, la fiducia ritrovata e un futuro tutto da scrivere, il giovane marchigiano racconta le sue sensazioni e le ambizioni per i prossimi anni.

22° al Mondiale, 9° all’Europeo su due dei percorsi più duri degli ultimi anni. Qual è il tuo bilancio?
“Sicuramente molto positivo. Sono stato chiamato all’ultimo momento per i Mondiali in Ruanda, (Pellizzari era malato, ndr) e credo di aver dimostrato di essere maturato molto, facendo grandi passi avanti. Vestire la Maglia Azzurra è sempre un onore: quando la indossi, senti dentro una motivazione in più”. 

Manca solo il Lombardia: sei soddisfatto della tua stagione finora?
“Sì, direi che questa è stata la mia stagione della consacrazione. Ho dimostrato di essere competitivo con i migliori, Pogacar a parte, e di poter lottare ad alti livelli. Ho ritrovato quella fiducia in me stesso che avevo un po’ perso nelle stagioni precedenti. Sono davvero felice perché ho corso con grande costanza e questo mi dà molta fiducia per il futuro”. 

Possiamo dire che queste esperienze con la Nazionale ti abbiano dato maggiore convinzione nei tuoi mezzi?
“Assolutamente sì. Quando il ct Villa mi ha chiamato per i Mondiali è stata una scarica di adrenalina incredibile. Correre un Mondiale con la Maglia Azzurra era il mio sogno da bambino”. 

Cosa ti manca per il primo successo da professionista?
“Un pizzico di fortuna, perché per vincere serve anche quella, a meno che tu non ti chiami Pogacar. Con l’esperienza ho imparato a gestirmi meglio, e credo che mi serva solo l’occasione giusta. Una volta arrivata la prima vittoria, sono convinto che tutto verrà più naturale, ne sono fiducioso”.

La squadra ti ha appena rinnovato il contratto fino al 2027: un bel segnale di fiducia.
“Sì, mi trovo molto bene alla Soudal Quick-Step. È un ambiente che mi permette di esprimere al meglio sia il mio potenziale atletico che la mia personalità. Sono felicissimo del rinnovo e grato alla squadra per la fiducia”.

Da Under 23 eri considerato un corridore da corse a tappe. Oggi ti senti più da corse di un giorno?
“Mi piacciono le corse dure, e credo che in futuro potrò fare bene anche nelle corse a tappe. Al Giro e alla Vuelta ho avuto buone sensazioni, magari mi manca ancora qualcosa nella prima settimana, ma le corse di un giorno impegnative sono sicuramente un terreno dove posso esprimermi al meglio”. 

Quale corsa pensi si adatti di più alle tue caratteristiche?
“Mi sono trovato molto bene al Giro d’Italia, anche se era il mio primo. Mi piace la gestione delle tappe e la progressione delle tre settimane, dove spesso mi sento meglio col passare dei giorni. Ma anche le Strade Bianche, o magari un giorno un Mondiale su un percorso duro, sono gare in cui credo potrei fare molto bene”.

Cosa significa per te correre nell’era di Pogacar, dove sembra che tutti partano per il secondo posto?
“È affascinante correre in quest’epoca. Il ciclismo sta vivendo un momento di grande visibilità e Pogacar, secondo me, è il più forte di sempre. Quello che ha fatto nelle ultime due stagioni è impressionante. Spero solo, essendo un po’ più giovane di lui, di avere degli anni in cui potrà essere un po’ in calo (ride, ndr)”.

Sei quasi coetaneo di Giulio Pellizzari: pensi che possa essere l’uomo giusto per le grandi corse a tappe?
“Lo ha già dimostrato. Sta facendo una stagione straordinaria e credo che per le corse di tre settimane rappresenti non solo il futuro, ma anche il presente del nostro ciclismo”. 

Cosa ha portato Marco Villa alla Nazionale nelle tue esperienze tra Europei e Mondiali?
“Marco è una persona molto equilibrata e intelligente: parla quando serve e dice sempre la cosa giusta al momento giusto. Nonostante le difficoltà, è riuscito a costruire in poco tempo una Nazionale molto competitiva e compatta. Sono felice che mi abbia dato fiducia: qualcuno poteva pensare fossi ancora troppo giovane, ma lui ha creduto in me e spero un giorno di poter ripagare questa fiducia”. 

Alla fine, quale percorso è stato più duro: quello dei Mondiali o degli Europei?
“Senza dubbio i Mondiali. Gli ultimi 50 km erano pura sopravvivenza, non più ciclismo. Anche l’Europeo era molto impegnativo, ma la distanza ha reso il Mondiale decisamente più estremo. Devo ancora riprendermi del tutto”. 

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