Tennis
Jannik Sinner rivela: “Sto pensando troppo, è un problema. Non devo snaturare ciò che sono”
Trovare il giusto mix. Jannik Sinner sta dando seguito a quanto aveva affermato nella conferenza stampa post finale US Open. L’azzurro sta cercando di dare maggior imprevedibilità al suo tennis, uscendo dalla propria comfort zone. A Pechino l’occasione per fare seguire i fatti alle parole e nella sfida degli ottavi di finale contro il francese Terence Atmane, Jannik ha sperimentato non poco, forse andando anche oltre quello che sarebbe stato necessario.
“Sto pensando tanto, ne stavamo parlando dopo la partita. Sto spendendo molta forza mentale e devo stare attento a non farlo troppo. Non dobbiamo stravolgere la mia identità e il giocatore che sono. In questo momento sto provando a fare un 20% diverso e a restare me stesso per l’80%. Però magari serve il 95% di quello che sono io e sperimentare per il 5%, ma farlo nei momenti più tranquilli“, ha ammesso in conferenza stampa.
In sostanza, il pensiero è sì rendere il suo tennis meno scontato, senza mai dimenticare che si gioca per vincere le partite: “C’è sempre preoccupazione se perdi il secondo set perché nel terzo può succedere che le cose vadano in ogni modo. Specialmente contro chi serve molto bene. Io ho giocato un ottimo primo game per ottenere il break e quello mi ha dato fiducia. Poi dopo il secondo break c’era un’atmosfera diversa. Problemi per la caduta nel secondo set? Niente, nessun problema fisico“.
Match che si è deciso in tre parziali (6-4 5-7 6-0), con Atmane che ha sofferto per i crampi negli ultimi giochi della frazione decisiva, avendo dato tutto se stesso per vincere il secondo set. Tornando al tema delle “variazioni”, Sinner ha precisato: “Sto pensando soprattutto al servizio con le rotazioni. Poi tutto il resto, dalla smorzata provata al serve and volley. Ci sono tante cose positive. Devo stare un po’ attento a non perdere quello che sono, ma fa tutto parte del processo. Onestamente dobbiamo vedere un po’ di match. E non è che da un giorno all’altro faremo solo serve and volley. Devo essere un po’ imprevedibile e ottimizzare tutto questo processo“.
Un processo in cui il lavoro del team è fondamentale: “Mi serve anche la forza e la convinzione della mia squadra. Simone (Vagnozzi, ndr.) è stato giocatore e sa quanto è difficile cambiare delle cose, soprattutto in partita. Siamo una squadra e, anche se in campo ci vado io, in realtà gioco per tutto il team. Mi caricano e mi capiscono. E sanno anche quante volte abbiamo sbagliato in allenamento. Magari faccio un bel colpo, poi il punto lo vince l’avversario. È importante, mi danno la carica”.
Nei quarti di finale ci sarà il confronto con l’ungherese Fabian Marozsan: “L’ho affrontato ad Halle più di un anno fa. Sta giocando bene, ho visto i suoi due match qui. Il suo picco è molto molto alto, è un grande colpitore e ha una grande mano“.