Atletica
Carlo Simionato: “Mennea mi ha insegnato a stare zitto e non mollare mai. Jacobs sente il peso di scelte sbagliate”
Carlo Simionato è stato l’ospite dell’ultima puntata di Focus – Atletica, in onda sul canale Youtube di OA Sport. Il velocista azzurro classe 1961, medaglia d’argento ai Mondiali di Helsinki 1983 nella 4×100, ha parlato della sua carriera e della situazione dell’atletica italiana attuale toccando numerosi argomenti e analizzando diversi spunti.
Il nativo di Ravenna ha iniziato il suo racconto dal presente, ovvero quello che sta facendo in questo momento: “Posso dire di essermi creato una identità all’esterno dell’atletica nel mondo del calcio, dopotutto 27 anni fa ho iniziato a svolgere la professione di preparatore atletico. Ora sono giunto al quinto anno a Malta. Finita la mia esperienza nell’atletica in maniera traumatica, dato che a partire dai 25 anni ho accusato problemi fisici, anche se ho chiuso nel 1991 con i Mondiali, ho fatto diverse cose. Il richiamo dello sport però è stato primario per la mia vita. Per quel motivo sono stato chiamato da Ballardini a Ravenna nella stagione 1997-98 e ho iniziato la mia carriera come allenatore che segue la preparazione atletica. Sono uno di quei ‘folli ignoranti’ che si è fermato in terza media per seguire il sogno dell’atletica. Tornare in Italia? No, non ho queste mire, altrimenti quando ero in Serie B o C potevo vendermi in un altro modo”.
Passando alla pista, il momento più alto della carriera di Carlo Simionato è stato, senza, dubbio l’argento nella 4×100 dei Mondiali 1983. Il quartetto era composto anche da Stefano Tilli, Pierfrancesco Pavoni e Pietro Mennea: “Diciamo che eravamo una staffetta un po’ anomala, capitanata dall’emblema dell’atletica italiana, Pietro Mennea. Era primatista mondiale, campione olimpico, un vero e proprio punto di riferimento per l’intero movimento e prendeva per mano 3 ragazzi giovanissimi. Non sapevamo quello che potevamo fare, per cui, quando è arrivato l’argento, è arrivato tra lo stupore di tutti. Anche perchè eravamo entrati in finale con un tempo non eccezionale. Gli USA, invece, hanno dovuto fare il record del mondo per superarci, poi alle nostre spalle è arrivata la Russia che aveva vinto tutto. Un risultato eccezionale senza dubbio”.
Un quartetto composto in maniera particolare. “Tra di noi non è che ci fosse una grande espansione emotiva. Sapevamo di avere realizzato un grande risultato, ma io sinceramente nemmeno me ne ero accorto. Per me già essere lì era un grande traguardo. Gareggiare davanti a 80.000 spettatori e al fianco di Carl Lewis. Eravamo sicuramente tutti contenti, ma eravamo 4 mondi differenti. Pietro aveva un buon feeling con Stefano, Pierfrancesco era più nel suo mondo, io poi non sono mai stato un chiacchierone. Cosa mi ha lasciato Mennea? Mi ha insegnato tantissimo. Mi ha fatto capire quanto fosse importante lavorare, stare zitto e non mollare mai. Tutti mi hanno dato qualcosa e mi hanno fatto diventare quello che sono”.
Dalla gara di squadra, a quella individuale. “I 200 metri. Ero arrivato in finale con il secondo tempo e speravo in una delle corsie centrali. Tra l’altro in semifinale ero stato battuto solo da Calvin Smith che poi ha vinto l’oro. Invece in finale mi hanno messo in prima corsia con raggio più stretto del solito perchè Helsinki era una pista vecchia che non favorita nemmeno la mia altezza. Pietro ha centrato il bronzo in 20.51, io invece ho chiuso settimo. Posso dire che a 22 anni ero contento lo stesso. Peccato perchè Elliott Quow, che ha fatto secondo, l’avevo battuto in precedenza”.
Tornando al presente, come detto, Simionato ora si occupa di preparazione atletica. Un mondo che sta vivendo parecchie novità rispetto al passato, anche recente: “Vedo una metodologia più settoriale, più mirata. Molti velocisti sembra quasi che si siano dimenticati di correre, parlo del gesto naturale. In alcuni non lo vedo proprio, non lo riconosco più. Vedo spazi diversi del rilascio della gamba, oppure i piedi a terra con appoggi esasperati. Sono cambiati i quantitativi di carico di lavoro. Noi mediamente eravamo in pista 3-4 ore, fino a 6-7, al giorno. Il chilometraggio non era quello dei maratoneti o mezzofondisti ma mettevamo comunque tanti chilometri in cascina, ora non li fanno più. Chi avrei voluto allenare? Più che chi avrei voluto allenare penso che avrei voluto trasmettere quello che ho imparato per il bene degli atleti”.
Passiamo ai Mondiali di Tokyo. Hanno fatto discutere le parole di Marcell Jacobs, che sanno di ritiro: “Cosa dire di Marcell? Sicuramente qualche anno fa ha fatto delle scelte di vita particolari: ha lasciato il suo allenatore Camossi ed è andato in USA. Io penso che ora lui senta il peso di quelle decisioni perchè ci sarà tanta gente che gli punta il dito contro. Lui è intelligente, ma ripensa a quelle scelte, al non trovare risultati, all’aver deluso se stesso. La vita non ti porta solo in strade fiorite, ma anche in più difficili. Spero che per Jacobs sia solo un momento di amarezza. Spero gli passi e possa ritrovare la sua strada. Stiamo parlando di uno che fa ancora 10″16 e, invece, passa per un tempo di secondo piano…”.
Simionato amplia il discorso: ” Mi auguro che tutti quelli che stanno vivendo un momento simile riescano a mettersi alle spalle queste amarezze. Nonostante tutto sono grandi insegnamenti, come accaduto a me. Difficoltà che mi hanno fatto crescere e hanno fatto in modo che potessi inserirmi in un nuovo mondo. Io ho impiegato un po’ di tempo per elaborare il lutto della lontananza dall’atletica ma poi ho capito che dovevo fare quel percorso. Quello che sto facendo anche ora”.
Un’altra atleta che in Giappone ha vissuto un momento delicato è stata, senza dubbio, Larissa Iapichino nel salto in lungo: “Purtroppo non ho avuto modo di conoscere Larissa di persona, a differenza dei genitori, che ho conosciuto quando stavo concludendo la mia carriera, e loro iniziavano. Sono cose che capitano, ma a lei sono successe in un Mondiale e, di conseguenza, tutto viene amplificato. Credo che lei sia abbattuta per avere deluso le persone al proprio fianco, più che sé stessa. In quel momento, per mille motivi, gli atleti si vedono crollare il mondo addosso”.
Si passa poi ad un altro fiore all’occhiello dell’atletica azzurra, Kelly Doualla: “Che consiglio potrei darle? Penso che non ne abbia bisogno. Deve solo continuare in questo modo. Questi, lei compresa, sono ragazzi che hanno tanto dentro. Mi fa molto piacere vedere come affrontano le gare, come la vita, ovvero in maniera spensierata e con una maturità superiore alla loro età”.
Ultima battuta su Usain Bolt: “Dice che, con le nuove scarpe, avrebbe potuto fare anche tempi migliori? Ok, ma parlare dopo è facile. Tu vivi nel tuo presente e devi ottimizzarlo. Io, per esempio, non posso paragonarmi ai velocisti attuali. Varrei zero al confronto ma, alla mia epoca, ero tra i migliori del mondo. Le parole di Bolt? Penso che ci sia anche tanta pubblicità dietro e spesso deve parlare. Ha fatto tanto in carriera e sarà ricordato per sempre. Penso possa bastargli questo”.
CLICCA QUI PER VEDERE LA PUNTATA COMPLETA DI FOCUS ATLETICA