Arrampicata Sportiva
Marco Rontini: “Mi arrampicavo sugli alberi sin da bambino. Mi ispiro ai miei compagni di Nazionale”
Il balzo nella massima categoria, per continuare ad imparare, per continuare a sognare. Sembra davvero determinatissimo Marco Rontini, atleta facente parte della Nazionale italiana di arrampicata sportiva, specialità speed, intercettato dai microfoni di Focus, trasmissione in onda sul canale YouTube di OA Sport a cura di Alice Liverani. L’atleta, intervistato presso il Fantini Club di Ceriva, ha tracciato un bilancio della sua carriera, svelando elementi importanti in vista degli appuntamenti più caldi della stagione, dove farà il suo debutto in un Campionato Mondiale Senior.
In prima battuta il classe 2005 ha illustrato parte dei titoli conquistati fino a questo momento: “Ho vinto il circuito di Coppa Europa per tre anni consecutivi, quindi dal 2022 fino al 2024, e l’anno prima nel 2021 vincendo alcune tappe sono arrivato secondo. Ho poi vinto quattro volte su sei Campionati Italiani giovanili, poi un secondo posto“. L’azzurrino ha poi raccontato come è entrato in contatto con il mondo dell’arrampicata: “Io abito subito fuori Faenza e lì vicino c’è un campo da calcio, a Borgo Tuliero. I miei genitori hanno sempre detto sia a me che mio fratello maggiore di provarlo, ma non mi piaceva. Io già da piccolo stavo sugli alberi, ad esempio nei pranzi con i nonni ogni volta che finivo di mangiare mi andavo ad arrampicare sugli alberi. Quando ero piccolo e gattonavo ancora mia madre mi metteva dentro al box per non farmi uscire. Io continuavo ad arrampicarmi. Allora ha montato delle barriere di legno, su cui mi sono comunque arrampicato raggiungendo la cucina gattonando”.
Rontini ha poi parlato nel piacere di indossare le medaglie durante la premiazione, ma di conservale subito dopo : “Durante la premiazione mi piace, sono orgoglioso di indossare la medaglia che ho vinto e che ho guadagnato, però dopo non voglio più indossarla proprio perché la tengo come un ricordo, ma anche come un punto di arrivo e di partenza per i prossimi eventi. Qui ho la medaglia dei Campionati italiani di quest’anno, dove ho vinto il mio quarto titolo: è stato per me significativo perché sono stati gli ultimi Campionati Italiani giovanili della mia carriera, quindi ho chiuso un capitolo, spero di proseguire anche in categoria Senior. Vestire la maglia dell’Esercito è molto importante perché, appunto, mi permette di riuscire a trasformare la mia passione in un lavoro effettivo, quindi comunque guadagno del denaro e riesco ad investire ancora di più su quello che faccio. Sono molto fiero di indossare la maglia dell’esercito, proprio perché sono riuscito ad entrare in questa squadra attraverso un concorso a 17 anni, l’età minima in cui si poteva entrare in un corpo. Stesso discorso per la Nazionale: il primo anno il mio obiettivo era puntare proprio a fare il tempo giusto per entrare in squadra, ora sono molto felice anche perché mi permette di scontrarmi e di gareggiare non solo con atleti nazionali, quindi italiani, ma anche con atleti di livello internazionale e di un livello superiore rispetto a quello italiano“.
Il confronto con avversari più quotati permette all’azzurro anche di imparare più facilmente: “Mentre si scaldano soprattutto alle Coppe del Mondo a cui ho partecipato mi capita di copiarli negli esercizi coordinativi per imparare, anche se ci vuole tempo per raggiungere l’obiettivo. Tornando alle medaglie, un altro metallo che mi sta a cuore è quello della seconda tappa di Coppa Italia a Bologna Casalecchio, alla Level 24. E anche questo per me è stato molto importante, proprio perché una settimana prima di partire per le due tappe di Coppa del Mondo sono riuscito a dimostrare ciò che ciò che ero veramente, quindi a vincere la tappa. La medaglia d’oro al Mondiale giovanile? Per me è molto significativa; dopo l’ultimo scontro non ricordo assolutamente nulla perché ero preso dall’emozione. Ricordo solo che mi hanno chiamato per l’antidoping. Questa medaglia la terrò sempre nel cuore e anche nella collana. Dopo che ho vinto il mondiale i miei nonni mi hanno regalato questa questo ciondolo d’oro con il simbolo di Dallas con le mie iniziali. Io sono una persona molto ambiziosa e molto perfezionista. Purtroppo so che la perfezione non esiste, però cerco di arrivarci comunque. E anche ad ogni gara, anche se la vinco, una cosa negativa la trovo. Cerco sempre di puntare sulle mie debolezze, di farle diventare punti di forza e così credo che sia il modo migliore per migliorare come atleta sia come persona”.
Il nostro portacolori si misura ogni giorno con una disciplina tutt’altro che semplice: “Io ho parlato anche con atleti delle altre specialità e mi hanno detto che quando hanno provato la speed non riuscivano a praticarla per la troppa ansia, per la troppa emozione che stavano vivendo. Infatti, secondo me è la specialità più difficile da gestire emotivamente, proprio perché ti alleni tantissimi anni per una via di 5-4 secondi e quindi sai che devi farla perfetta, al massimo delle tue potenzialità senza scivolare, senza sbagliare di qualche millimetro il piede perché altrimenti scivoli oppure sbagli traiettoria e rallenti. Quindi sia a livello tecnico sia a livello emotivo è duro da gestire. Da più piccolo facevo proprio tutte discipline in modo tale che potessi decidere poi da grande e anche per essere un atleta più completo. Il lead è una disciplina dove c’è resistenza. Poi il boulder è molto esplosivo. Di solito lo faccio anche per scaldarmi. A 15 ho deciso di continuare il mio percorso solo nella specialità speed proprio perché era quella che mi piaceva di più e che mi dava più adrenalina. Io mi alleno tutti i giorni e faccio tre allenamenti di potenziamento di pesi, mentre invece d’estate mi concentro più sulla velocità, quindi sul ritmo e sul fare gli esercizi molto più velocemente. Poi faccio principalmente un giorno più tecnica e un giorno in cui lavoro con lo scarico che praticamente è quello del peso che ti tira su e quindi effettivamente ti toglie del peso corporeo in modo tale da aumentare la velocità. E infine il sabato che è l’ultimo giorno facciamo io e la mia squadra e una simulazione di gara. In allenamento siamo io, Ludovico Fossali e Giulia Randi e Erica Piscopo principalmente, anche Sara Strocchi. Il resto della settimana dopo l’allenamento di solito faccio o mobilità o comunque esercizi per le andature, per appunto velocizzarmi con le gambe e con le braccia. Quest’anno ho studiato per entrare all’Università di Scienze Motorie e quindi adesso inizierò il mio percorso di Scienze Motorie. Mi sono diplomato l’anno scorso e spero di riuscire ad organizzare tutto e al meglio, come ho sempre fatto alla fine anche con la scuola”.
Adesso ci sarà il grande salto tra i Senior: “C’è stato un attimo di crisi perché, appunto, avere questo stacco è molto evidente, cioè soprattutto gareggiare con persone della tua età è molto più semplice rispetto a gareggiare con gente che effettivamente come te lo fa di lavoro e quindi ha magari più esperienza sulle spalle. Comunque sia sono una persona molto ambiziosa e anche molto competitiva, quindi ho cambiato mindset e ho detto ‘Bene, ora che sono entrato nella senior voglio giocarmela’. Prossimo oro? Lo vorrei sempre, principalmente l’obiettivo più grande sarebbero ovviamente i Mondiali di quest’anno, è il sogno più difficile da raggiungere ma non impossibile. Mi piacerebbe avere il titolo di campione italiano e le tappe di Coppa Europa”.
Per il sogno Olimpiadi 2028, c’è invece ancora tempo: “È chiaro che le Olimpiadi siano il sogno di tutti, però sono nel 2028. Prima ci sono altri tre anni, voglio sfruttarli e godermi questi tre anni al meglio, sia a livello atletico che sportivo, sia anche a livello personale, proprio per avere più esperienza. Quando ero più piccolo mi chiedevano: ‘Che sport fai?’ E magari pensavano facessi l’arrampicata sulla roccia. Oggi mi rispondono: speed, boulder o lead? Mi piace molto questa cosa e spero di essere un esempio per le persone che fanno arrampicata. Anche perché certi bambini ad allenamento mi chiedono l’autografo, mi sembra commovente, mi sembra di essere ancora piccolo tra i grandi ma comunque evidentemente sto diventando un esempio per i più piccoli che iniziano ora”.