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Wimbledon 2025: Anisimova e Swiatek, quando i giri immensi ritornano

Federico Rossini

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Sono due storie fondamentalmente di una diversità totale, quelle di Amanda Anisimova e Iga Swiatek. Due che si incontrano in finale, ma che, a vedere più da vicino, hanno un filo comune che torna indietro e data fino al 2016. Il caso vuole, infatti, che l’americana e la polacca si siano affrontate già al tempo, nelle finali di quella che allora era la Junior Fed Cup. Era l’ottobre di quell’anno, vinse Anisimova 6-4 6-2 e poi completò l’opera, in quella che era la finale, il doppio a stelle e strisce.

Nel frattempo è successo di tutto, da una parte e dall’altra. La storia di Swiatek è ben nota: esplosa nel 2020 con la vittoria al Roland Garros, è diventata col tempo e con gli anni un’autentica macchina imbattibile o quasi sulla terra rossa, con diverse incursioni anche altrove (leggere alla voce US Open) e un numero 1 a lungo apparso praticamente inattaccabile. La svolta l’ha data l’indagine con annesso breve stop per un caso doping risalente ad agosto.

Da allora non è mai più riuscita a ritrovare la brillantezza precedente: sconfitte anticipate, difficoltà enormi con le big e quant’altro. Ma alcuni segnali già si vedevano al Roland Garros, e forse la semifinale con Aryna Sabalenka, pur persa, le ha dato una certa fiducia. Quella che le è bastata per non rischiare mai veramente in questo torneo, pur perdendo subito un set con Caty McNally (a proposito di 2016: c’era anche lei, ed era tra i nomi di maggior spicco nel futuro USA). Non raggiungeva una finale dal Roland Garros 2024: ne sono arrivate due in due settimane. E una è nel torneo che pochissimi avrebbero pronosticato fino a questo momento.

Per quanto riguarda Anisimova, invece, molto passa dal suo lato umano. Sul campo i suoi colpi si sentono eccome: una pulizia che si sente appena la palla lascia la racchetta, anche se certo non gradita alle avversarie quando devono gestire sia quella velocità che il lavoro di piedi che la nativa della Florida effettua. Ma è fuori che tante cose sono accadute. Figlia di emigranti russi, ha perso il padre proprio dopo la prima semifinale Slam in carriera, quella al Roland Garros 2019. Un attacco cardiaco improvviso, proprio una settimana prima del 18° compleanno di lei, e proprio nella stagione in cui aveva battuto Simona Halep ai quarti in quel di Parigi.

Ci ha messo un (bel) po’ a riprendere la sua marcia, trovando i quarti a Wimbledon nel 2022. Ma, nel frattempo, un’altra cosa stava andando in pezzi: la sua mente. A nemmeno 22 anni dovette fermarsi: non ce la faceva più mentalmente, era esausta. A volte, però, le cose ritornano nel verso giusto. Un 2024 speso a risalire, la corsa spettacolo in Canada dov’è diventata la finalista dal ranking (forzatamente) più basso da quarant’anni a quella parte, le speranze che si alternavano ai risultati che faticavano per certa misura ad arrivare. Poi un 2025 di vero ritorno: la vittoria in Qatar, i progressi formato ottavi al Roland Garros, la finale al Queen’s e ora Wimbledon. Dove l’anno scorso non era riuscita a superare le qualificazioni. Un cerchio che prova a chiudersi nel modo più totale.

Due parole vanno però spese anche per le sconfitte. Per una, Aryna Sabalenka, continua la maledizione dei Championships. Dal 2021 la numero 1 (Ash Barty) non vince a Wimbledon, per Sabalenka quest’anno le cose sono state spettacolari per costanza, ma per tre volte senza l’acuto Slam. Ed è quasi paradossale, considerato il suo livello di dominio nel 2025. Per l’altra, Belinda Bencic, la semifinale non è stata esattamente delle migliori, ma bisogna considerare da dove viene. Una maternità, un lunghissimo stop, la ripresa non facile, poi i risultati che sono arrivati forse ancora più in fretta delle sue speranze. A 28 anni la miglior svizzera dai tempi di Martina Hingis e Patty Schnyder è di nuovo pronta a dar filo da torcere alle big. Era stata, e con merito, numero 4 del mondo: per adesso si riprende il 20° posto, ma per lei non è in alcun modo finita qui.

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