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MotoGP, la consapevolezza di essere “minor” rispetto alla F1. Si tornerà mai ai fasti mediatici dell’epoca di Valentino Rossi?

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In aeronautica si utilizza il termine mix-up per indicare una dinamica molto pericolosa nella quale un aereo si trova ad atterrare su una pista dalla quale sta contemporaneamente decollando un altro velivolo, generando l’elevato rischio di una collisione. Al riguardo, usciamo da un weekend in cui Formula 1 e MotoGP si sono trovate in questa situazione, soprattutto il sabato. Fortunatamente a Baku domenica tutto è filato liscio e non ci sono stati ritardi che avrebbero portato a sovrapposizioni.

Il mondo dei motori, però, non è quello dell’aeronautica. Non si parla di collisione fisica, bensì mediatica. L’impatto tra un Piper Cherokee da cinque quintali e un Boeing 747 da centottanta tonnellate avrebbe conseguenze deleterie per entrambi. Il primo verrebbe polverizzato, il secondo subirebbe grossi danni strutturali. Non è il caso del motorsport, dove si ragiona in termini di audience.

In tal senso, nel 2023, il rapporto di forza tra MotoGP e F1 non è quello tra un Cherokee e un 747. Assomiglia più alla metafora di una persona che tenta di fermare un treno in corsa sparandogli contro dei piombini con una carabina ad aria compressa. Per quanto a tratti farsesca (Melbourne) o soporifera (Baku), la massima categoria automobilistica travolge quella motociclista sul piano dell’appeal e della capacità di fare presa sul pubblico.

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Un vero peccato, considerando come i temi e la varietà proposte dalla MotoGP siano, in questo momento, nettamente superiori a quelli di una F1 inamidata. Mancano i personaggi e le rivalità. Ha ragione chi parla di un Motomondiale anestetizzato dal politicamente corretto. Tuttavia, non ci si può fare nulla, a meno di non voler scadere in qualche pagliacciata stile wrestling, scrivendo un copione per generare frizioni ad hoc  tra i centauri.

Dorna è obbligata a fare di necessità virtù e, quando ha stilato il calendario, si è mossa bene. Sapendo di non poter competere con l’attuale prepotenza della Formula Uno, il Motomondiale ha fatto di tutto per cambiare la propria orbita, allo scopo di evitare più possibile il cono d’ombra della controparte a quattro ruote. L’obiettivo? Non venirne eclissata.

Il programma è stato studiato in maniera tale da gareggiare il meno possibile nei momenti in cui la F1 manderà in scena GP in serie. Così si spiega l’inusuale pausa a cavallo di maggio e giugno. In quella fase il Circus vivrà un trittico forte. Allo stesso modo, zero appuntamenti a luglio, quando viceversa la Formula Uno avrà quattro gare in cinque weekend.

A ben guardare il calendario, nelle prossime 17 domeniche, i due circuiti si incroceranno di striscio solo una volta. Il 18 giugno, quando però le moto saranno di scena in Germania e le auto in Canada, dunque con fusi orari totalmente diversi, senza che vi sia il rischio del mix-up. Una pragmatica presa di consapevolezza da parte di chi ha capito di essere la parte debole nel proverbiale “ubi maior, minor cessat”.

A onor del vero, siamo tornati alla normalità. Il Motomondiale non ha mai davvero potuto competere con il Circus, se non quando era dotato di personaggi in grado di andare oltre lo sport e “bucare” lo schermo. Valentino Rossi su tutti e forse solo Barry Sheene, seppur in maniera minore, prima di lui. Non ci sarebbe niente di male in tutto questo se non fosse per l’epoca in cui si vive, quella dove il valore di ogni evento sportivo viene determinato dal seguito.

La MotoGP, suo malgrado, deve fare i conti con questa dinamica e bene ha fatto a strutturarsi in maniera tale da cercare quanta più visibilità possibile, nella speranza di ritrovare anche qualcuno in grado di trascinare le folle. Sotto questo aspetto, però, l’impressione è che il piatto pianga. Di catalizzatori d’attenzione non ce ne sono più, se ci sono, ormai sono perennemente in infermeria e all’orizzonte non si scorge nulla di nuovo. Bisogna fare le nozze con i fichi secchi e chissà per quanto si proseguirà su questa falsariga.

Foto: MotoGPpress.com

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