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Biathlon. Magdalena Neuner, la ‘ragazza della porta accanto’ che ha involontariamente cambiato le regole del gioco per sempre

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Si tratta di una coincidenza, ma sembra un provvidenziale scherzo del destino. Oggi, 9 febbraio, è giornata di riposo ai Mondiali di biathlon di Oberhof. Dopo la staffetta mista di ieri, si osserva una pausa prima delle sprint e degli inseguimenti. Uno iato apparentemente creato ad arte per celebrare solo ed esclusivamente il 36° compleanno di Magdalena Neuner, colei che ha involontariamente permesso alla disciplina di diventare ciò che è oggi.

Stiamo vivendo la prima manifestazione iridata in terra di Germania da quella di Ruhpolding 2012,  da cui la fuoriclasse teutonica uscì di scena generando un tuono. L’urlo di migliaia di spettatori che, all’unisono, esultarono per il miglior poligono in piedi della sua carriera, grazie al quale la bavarese si fregiò della medaglia d’oro nella sprint sulle nevi casalinghe. Non furono solo i tedeschi a esplodere di gioia, perché in quel momento tutti gli appassionati di biathlon capirono di aver assistito al compimento agonistico di chi, per sei anni, aveva cambiato le regole del gioco, traghettando la disciplina nell’epoca corrente.

Per capire cosa ha rappresentato Neuner, bisogna tornare al 2006, ovvero all’anno in cui si affaccia nel massimo circuito. A quei tempi la Germania domina il settore femminile con le varie Kati Wilhelm, Martina Glagow e Andrea Henkel. La “grande veterana” Uschi Disl è ancora competitiva, così come in campo maschile lo sono Sven Fischer e Ricco Gross. Nel mentre, monta la popolarità di Michael Greis e Michael Rösch, i quali stanno raggiungendo il proprio prime.

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Insomma, è un’epoca d’oro. Nei länder tedeschi il biathlon spopola, è ormai diventato uno sport nazionalpopolare. Gli atleti sono testimonial di banche e aziende dai fatturati miliardari, compaiono sui rotocalchi e negli spot pubblicitari in TV. Eppure, il “fenomeno” è circoscritto all’interno dei confini teutonici. In quel momento però compare Lena, come viene affettuosamente ribattezzata dai media (nomignolo che per la verità lei non ha mai veramente amato). Ed è la rivoluzione.

È come gettare una bottiglia di alcool puro su un fuoco già bene avviato. È come iniettare il NOS nel carburatore di un’auto che sta già viaggiando ad altissima velocità. È come accendere i postbruciatori sui motori di un aereo da caccia già in volo. Il biathlon fa “BOOM”. Abbatte la barriera del suono – rappresentata dai limiti territoriali tedeschi – e comincia a crescere di polarità dovunque. Italia compresa.

Al di là dei risultati, è il profilo di Magdalena a colpire. È impossibile rimanere indifferenti. Perché è “la ragazza della porta accanto”, dai modi garbati e dal sorriso solare. Però al tempo stesso in pista è una belva assatanata, alla quale è totalmente alieno il concetto di gestione. Scioglie la neve sotto gli sci da quanto è superiore alla concorrenza nel fondo; spara a terra con una velocità folle per l’epoca, tanto da rendere obsolete persino le compagne di squadra precorritrici del tiro rapido (Glagow e Henkel); invece il tiro in piedi è un’autentica croce, un tallone d’Achille che spesso e malvolentieri le costa successi apparentemente già ipotecati.

Ogni cosa, nel bene e nel male, comincia a gravitare attorno a lei. Se non sbaglia (o sbaglia poco) vince, altrimenti festeggiano le altre. Tutto, però, dipende da lei. Per dirla in dialetto veneto e parafrasando una delle citazioni più famose della fiction “Faccia d’Angelo”, nel periodo 2007-2012 “xe Lena che conta, xe Lena che resta, xe Lena che comanda”. Il biathlon viene trainato da questa poderosa locomotiva che, difatti, a volte deraglia. Cionondimeno, a dispetto di tutte le difficoltà agonistiche e personali, questa possente motrice sa rimettersi perennemente sui binari con le proprie forze per ripartire indefessamente, spingendo anche più di prima.

Personaggio a tutto tondo, pur senza mai volersi porre come tale, Neuner rappresenta il combustibile necessario a unire i tanti focolai di passione per il biathlon in un’unica, grande, fiamma globale. I suoi tifosi si moltiplicano in ogni dove. Non è esagerato affermare che abbia estimatori da Capo Nord alla Sicilia, dai Pirenei alla Kamchatka. La locomotiva traina anche tutti gli altri biathleti e biathlete, i quali smettono di essere popolari solo nel loro Paese, ma diventano conosciuti a livello sovranazionale.

“La luce che arde col doppio di splendore brucia per metà tempo” si dice in Blade Runner. Niente di più vero. La stella più luminosa mai apparsa nel firmamento della disciplina si ritira a 25 anni, logorata da un lustro abbondante di pressioni e responsabilità, ma appagata per aver vinto tutto quanto potesse essere vinto. Se ne va agonisticamente compiuta, appunto.

Se il biathon oggi è tanto popolare è perchè Lena ha permesso al boom in atto in Germania di essere ampliato a tutto il mondo, ponendo le basi affinché diventasse uno degli sport più mediatici e seguite tra quelli in cui viene utilizzato un paio di sci.

Tanti auguri Magdalena. Oggi non si assegnano medaglie iridate. Il biathlon si ferma, si volta verso di te e si inchina. Perché se è così ricco e grande è soprattutto per merito della tua genuinità e del tuo modo di essere. Resterai per sempre un’icona. Anzi, l’icona, con l’articolo determinativo. Anche adesso che hai un marito carpentiere e stai crescendo tre figli, proprio come quello che sei davvero, la “ragazza della porta accanto”.

Foto: La Presse

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