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NBA: Paolo Banchero, due mesi a suon di record per la prima scelta al draft 2022

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21.9 punti, 6.9 rimbalzi, 4 assist, 44.8% dal campo, 31.1% da tre, 75.1% in lunetta, 0.6 stoppate e 1 palla rubata a gara. Sono i numeri fino a questa notte di Paolo Banchero, sceso in campo in 26 partite della stagione NBA 2022-2023 forte dei galloni di prima scelta assoluta al Draft. Gli Orlando Magic hanno finora beneficiato del suo rendimento: nonostante una brutta partenza da 5 vittorie e 20 sconfitte, la serie è ora positiva: 8-1 nelle ultime 9 e speranze di giocare il play-in molto più che riaperte, per quanto fino all’All Star Weekend si possa tranquillamente parlare di fase semi-embrionale della stagione, salvo casi particolari davanti o dietro nelle due Conference.

Un rendimento, quello di Banchero, che si è accompagnato fin dall’inizio con numeri record per la lega professionistica americana. I 27 punti, 9 rimbalzi e 5 assist all’esordio (la sconfitta dei Magic contro i Detroit Pistons) hanno contrassegnato la prima volta da LeBron James di un debutto NBA con più di 25 punti, 5 rimbalzi e 5 assist.

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Nelle prime sei partite il lungo di Orlando è andato sempre sopra i 20 punti di media: da prime scelte avevano fatto altrettanto solo Oscar Robertson nel 1961 ed Elvin Hayes nel 1969. Inoltre, è diventato il primo dai tempi di Dominique Wilkins (1982-1983) a mettere a referto 120 punti, 35 rimbalzi e 15 assist nelle prime cinque gare giocate. A questo record se ne aggiunge uno collegato: arrivando a 150 e 50 rimbalzi nelle prime sette, infatti, si è unito a un club che comprende Patrick Ewing, Terry Cummings, Michael Brooks e Bernard King. Fece di meglio un altro Magic illustre, Shaquille O’Neal: a lui di incontri ne bastarono sei. Da 13 anni (Brandon Jennings 2009 a Detroit), inoltre, non c’era nessuno in grado di segnare 150 punti totali nelle prime 7 volte in campo.

Banchero, inoltre, è diventato, nella notte tra il 7 e l’8 novembre, il quinto teenager a mettere insieme due partite da più di 30 punti di fila. Prima di lui ci erano riusciti LeBron James, Devin Booker, Luka Doncic e Zion Williamson. Ma non è finita qui: proprio della notte tra il 21 e 22 dicembre è un’altra statistica che fa impressione. 20 partite da 20 punti su 26 giocate nella stagione da rookie. I due ultimi nomi a precederlo in questo novero non sono esattamente di poco conto. Uno è sempre Zion Williamson, l’altro è His Airness, Michael Jordan.

La corsa per il Rookie of the Year al momento non dovrebbe nemmeno iniziare, viste le cifre messe insieme dall’uomo che tutti, in Italia, seguono da vicino con affetto. Il solo vero candidato è lui, con un impatto sulla stagione di notevolissimo livello. Vale anche la pena sottolinearne la costanza: ha sì avuto picchi da 33 punti, ma pochissime volte è sceso sotto i 18. Precisamente sono due le occasioni del genere: una a inizio novembre con gli Oklahoma City Thunder (15), l’altra nei primi giorni di dicembre al cospetto dei Toronto Raptors (9, ed è anche l’unica volta in cui non è andato in doppia cifra nell’anno). Si parla, in sostanza, di un uomo che non è futuro, ma è già presente della palla a spicchi nel contesto più noto e importante al mondo.

Foto: LaPresse

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