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Boxe: Tyson Fury, Usyk, Joyce e le scelte del futuro

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Che Tyson Fury non abbia avuto alcun problema di sorta contro Derek Chisora è abbastanza chiaro. Tre combattimenti in 11 anni, tre vittorie, l’ultima delle quali davvero molto netta. Non c’è molto altro da commentare circa la superiorità di “The Gypsy King” nei confronti dell’avversario battuto ieri nell’arena usualmente del Tottenham in ambienti calcistici.

Quello che conta, semmai, è il dopo. E questo dopo parla chiaro: Oleksandr Usyk o Joe Joyce. Con l’ucraino Campione del Mondo per le altre sigle c’è già stato un faccia a faccia non da poco, di quelli che fanno esaltare chi ama ciò che accade dentro al ring. E, del resto, i motivi sono più che giustificati: adesso sono Fury e Usyk i due uomini del momento, quelli per i quali si sogna una riunificazione delle sigle, visto che ogni trattativa con Anthony Joshua appare ormai complicata.

Ma c’è un altro nome che lo stesso pugile di Manchester ha voluto portare alla luce, ed è quello di Joe “The Juggernaut” Joyce. Pugile dall’ottima carriera dilettantistica, con un argento olimpico a Rio 2016 che non è piaciuto per nulla allo stesso Fury (nel senso che per lui sarebbe stato oro), di 15 combattimenti ne ha conclusi 14 prima del limite, e uno solo è arrivato fino alla fine. Tutte vittorie, naturalmente, in una carriera da pro nata tardi, dato che ad oggi Joyce ha 37 anni.

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Ma sono anche altri i possibili scenari. Uno è il quarto combattimento con Deontay Wilder. La sostanza è: se non si può fare Usyk a febbraio, ci sarà una sfida obbligatoria ad aprile. Wilder è in linea, e Fury l’ha già “chiamato” a Wembley. Questo, però, significa che “The Bronze Bomber” dovrebbe battere qualcuno che, quanto a upset, ne sa qualcosa: Andy Ruiz Jr. alias l’uomo che ribaltò le prospettive di Joshua.

Chiaramente ci sono anche altre possibili soluzioni: Daniel Dubois, Mahmoud Charr (che era stato un’opzione prima del terzo Fury-Chisora), Otto Wallin tra gli altri. Ce n’è però una che non dovrebbe essere più considerata, almeno per il momento: il ritiro. Considerate le prospettive, la questione può attendere.

Foto: LaPresse

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