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Basket: si ritira Vassilis Spanoulis, pilastro di 15 anni di pallacanestro greca

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Pochi giorni fa aveva dovuto dire addio al ritorno con la Grecia a causa di un infortunio a una gamba (sarebbe stata la sua prima volta con la sua selezione nazionale dal 2013). Quest’oggi, però, Vassilis Spanoulis ha fatto di più: ha annunciato il proprio ritiro dalla pallacanestro all’età di quasi 39 anni.

Nato a Larissa il 7 agosto 1982, Spanoulis ha avuto cinque (più una, quella con la selezione ellenica) grandi fasi nella sua carriera: Larissa agli esordi, Maroussi per crescere, Panathinaikos per diventare una stella, Houston Rockets per capire che la NBA non era fatta per lui, Olympiacos per definire il proprio status di colonna portante della pallacanestro continentale. Il contributo al suo sport, in Grecia e in Europa, va ben al di là di 7 campionati, 4 coppe di Grecia, 3 Euroleghe, una Coppa Intercontinentale, un argento mondiale, un oro e un bronzo europei, un titolo di MVP di Eurolega e tre di MVP delle Final Four.

In particolare, è con il Maroussi che è diventato noto sia per le sue eccellenti doti di visione del gioco che per un tiro da tre mai diventato arma principale, ma comunque in grado di far male, con percentuali spesso non lontane dal 40%. Al Panathinaikos, al debutto in Eurolega, non è stato intimorito dalla situazione: 14.6 punti e 3.1 assist a gara ne sono la dimostrazione. Ed è anche suo il marchio su una delle più grandi imprese del basket moderno: il successo della Grecia sugli Stati Uniti nella semifinale dei Mondiali 2006. Una delle azioni simbolo resta la sua corsa da parte a parte del campo, in un tempo apparentemente impossibile, ma per lui ben più che possibile, a fine terzo quarto. Fu il miglior realizzatore alla Saitama Super Arena, con 22 punti che contribuirono a mettere in ginocchio Team USA, che stava cercando di rialzarsi dal bronzo di Atene 2004, per tanti un grande risultato, per gli Stati Uniti una delusione da cancellare. Meno importante, perché ancora nella fase di passaggio Maroussi-Panathinaikos, ma comunque visibile, anche il marchio sugli Europei 2005 vinti dal Paese ellenico in finale sulla Germania.

La NBA, come si diceva, non l’ha mai visto protagonista: troppo diverso quell’ambiente per lui, ed è un tratto comune ad altri campioni della sfera europea che non sono riusciti a sfondare di là dall’Oceano (un nome per tutti: Juan Carlos Navarro, alias La Bomba). Quell’unica stagione, la 2006-2007, agli Houston Rockets, semplicemente gli bastò per tornare indietro.

Nel 2010 si consumò quello che, agli occhi di chi Atene la vive, è qualcosa quasi al di là del pensabile: il passaggio diretto dal Panathinaikos ai grandi rivali dell’Olympiacos. Ma è proprio con i Reds che ha vissuto l’intera seconda parte della carriera, con il picco di due Euroleghe di fila. Una col brivido dell’ultimo tiro di Printezis al termine della rimonta più impensabile di tutti i tempi in una finale, l’altra con un rientro di purissima superiorità e giocate da campione proprio di Spanoulis. Che negli anni non è più riuscito a portare i compagni a vincere la massima competizione europea, ma ha continuato a spiegare basket. E ancora nel 2020, è arrivato a segnare 31 punti in una singola partita (contro lo Zenit San Pietroburgo, il 24 gennaio). Prima di allora, nessuno con un’età vicina alla sua ci era mai riuscito.

Per rendere l’idea dell’impatto di Spanoulis sul basket europeo, bastino due dati. Giannis Antetokounmpo lo ha definito “il Kobe d’Europa”: e dire che a VSpan (o Kill Bill, a seconda dei soprannomi), di idoli ne aveva due, di immensa levatura, Michael Jordan, il più grande di tutti, e Nikos Galis, il più grande greco di tutti. Luka Doncic, invece, continua a mettersi alternativamente il numero 7 o il 77 proprio come tributo all’uomo che lo aveva incantato quando era piccolo.

Credit: Ciamillo

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