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Boxe, chi è Billy Joe Saunders: l’imbattuto britannico che sogna lo sgambetto a Canelo Alvarez
Tra Canelo Alvarez e la vittoria numero 56 da professionista, che varrebbe tre cinture mondiali su quattro dei pesi supermedi (WBC, WBA, WBO), un uomo si frappone. E non è un pugile di poca notorietà, ma uno dei più importanti di questi anni nella categoria di peso: il britannico Billy Joe Saunders, che ha all’attivo trenta combattimenti vinti su altrettante comparse sul ring.
Nato il 30 agosto 1989 a Welvyn Garden City, esempio di città giardino che si trova a circa 30 km da King’s Cross, a Londra, Saunders è un personaggio cresciuto sotto una stella un po’ particolare, quella Romanichal, un sottogruppo rom piuttosto diffuso nel Regno Unito. Ed è proprio lui il primo uomo appartenente a questa comunità ad essersi qualificato per le Olimpiadi, nel caso quelle di Pechino 2008: a nemmeno 19 anni il ring cinese lo vede perdere al secondo turno, ma il peggio non è quello: viene sospeso poco dopo per esser stato molesto nei confronti di una donna durante un training camp in Francia.
Passato professionista a dicembre, comincia a inanellare vittorie su vittorie fino al 5 novembre 2011, giorno in cui conquista il proprio primo titolo, quello dei medi della Southern Area contro Gary Boulden. Dalla Wembley Arena alla Royal Albert Hall il passo è breve, ed il titolo del Commonwealth lo conquista già alla prima ripresa contro Tony Hill. Tre difese dopo, arriva anche il successo che gli vale il titolo britannico, strappato a Nick Blackwell il 15 dicembre 2012; sale ancora di livello il 20 luglio 2013, battendo Gary O’Sullivan per il titolo Internazionale WBO.
A quel punto la strada va verso l’Europeo, e s’incrocia anche con l’Italia, perché a Manchester, il 26 luglio 2014, lo sconfitto è Emanuele Blandamura, fino a quel momento imbattuto anch’egli, per KO all’ottava ripresa. Il titolo, vacante, è suo, e lo difende, assieme a quelli britannico e del Commonwealth, il successivo 29 novembre con Chris Eubank Jr. senza però riuscire a dominare (decisione non unanime).
Figlio di un pugilato che lo stesso Canelo ritiene difficile, prima di tutto perché mancino e poi perché dal forte sapor di Mayweather, Saunders inizia la scalata più alta il 19 dicembre 2015: è questo infatti il giorno in cui spezza le speranze dell’irlandese Andy Lee per il titolo WBO dei medi. Non lo manda però al tappeto, arrivando fino alla fine, così come arrivano al termine, ma sconfitti, i tre successivi avversari che si interpongono tra “Superb” e il mantenimento della cintura.
Diventato nel frattempo particolarmente volitivo nella sua idea di voler sfidare Gennady Golovkin, sentimento peraltro ricambiato dal kazako, sebbene una mano galeotta (di Golovkin) sia la causa del mancato confronto. Al di là del ring, in quel periodo, ne accadono tante: il divorzio con Adam Booth, un problema a propria volta alla mano, e un’inattività di un anno, durante la quale il britannico si fa notare per numerose condotte davvero poco signorili in termini sia di droga che di donne.
Quando ritorna, Saunders lo fa nei supermedi, e il 18 maggio 2019 diventa campione WBO contro il tedesco Shefat Isufi, un titolo che difende altre due volte e ora mette in palio sullo stesso ring in cui Canelo gli pone davanti quelli WBC e WBA. Particolarmente travagliata la sua pausa forzata per Covid-19, con qualche risata di pessimo gusto su una sua chiamata alla Delta Airlines con cui informava che tre pugili americani su un volo di questa compagnia erano positivi al virus (facendoli scendere), e un video in cui mostra, con il punching bag, come reagire se la propria donna crea noie. Multa, sospensione della licenza, recupero della stessa. E ora, ring.
Foto: LaPresse / Olycom