Festival di Sanremo

Sanremo 2021, il “Pagellone” (6 marzo). Colapesce e Dimartino rivelazioni, i Maneskin ‘spaccano’, Random e Aiello orrori sanremesi

Pubblicato

il

Ghemon – “Momento perfetto” 7.5: un pezzo che ti trasporta al di là dell’Oceano, con scelte armoniche mirabili, infarcite di splendidi fiati. Con i suoi cambi di ritmo, tutt’altro che semplice da cantare, ma lui la padroneggia come un veterano.

Gaia – “Cuore amaro” 5: eravamo stati ingenerosi, paragonandola a Elettra Lamborghini, è decisamente più aggraziata e garbata. Non avevamo sbagliati, invece, sulla canzone: resta davvero impossibile regalarle la sufficienza.

Irama – “La genesi del tuo colore” 6.5: più l’ascolti, più ti arriva. Il fatto è che arriverà ben oltre il Festival, perché ti resta in testa e non va via, e nella battaglia dei download si piazzerà lassù in alto, c’è da scommetterci.

Gio Evan – “Arnica” 5: ecco, al contrario di altri brani, questo più lo ascolti, e più il giudizio resta inalterato. Encefalogramma piatto, proprio non riesce a decollare, e anche l’arrangiamento anziché rianimare il brano, si adegua alla mediocrità.

Ermal Meta – “Un milione di cose da dirti” 7.5: non esce dall’Ariston a mani vuote, come sempre. E se lo merita, perché porta un pezzo un po’ anni ‘90 che ha gli ingredienti giusti dei successi sanremesi, cioè arriva subito e giorno dopo giorno, guadagna conferme e consensi.

Fulminacci – “Santa Marinella” 6: l’impressione è che potesse fare qualcosa di più, di meglio. Non che il brano non funzioni, però rimane un po’ in mezzo al guado, senza trovare un definitivo approdo. Poteva presentarsi al Festival, per la stoffa che ha, con qualcosa di meglio che un brano da metà classifica.

Extraliscio con Davide Toffolo – “Bianca luce nera” 7: tradotta in sleng, una figata. Un pezzo che trascina, da non lasciarti fermo sul divano, roba che se solo riaprissero le balere, si troverebbero a fare date live fino al 2025.

Colapesce e Dimartino – “Musica leggerissima” 7.5: se hai bisogno di serenità, ti piazzi lì sul divano, spegni il telefonino e ti metti a palla questa “Musica leggerissima”. La canzone giusta al momento giusto, per sollevare davvero il morale. Arriva da un’altra epoca, ma è perfetta per questa. Azzeccatissima.

Malika Ayane – “Ti piaci così” 8.5: “Ti piaci così” è la canzone che ascolti una volta e quando finisce fai rewind per riascoltarla. Uno splendido crescendo fino al ritornello che resta in testa, un sound e un ritmo calzante e cavalcante, e lei mostra grande personalità.

Michelin e Fedez – “Chiamami per nome” 5: la canzone non è da buttare via, ma cade troppo nel già visto e nel già sentito, nello scontato. Nella storia dei duetti sanremesi si guadagna al massimo, a stento, una metà classifica, nulla più.

Willy Peyote – ““Mai dire mai (La locura)” 8: viene al Festival con la giusta sfacciataggine, con un pezzo coraggioso, ed è anche e soprattutto l’unico testo che ha davvero dentro temi sociali. Sarcastico quanto basta, senza bisogno di andare sopra le righe. Applausi a scena aperta.

Orietta Berti – “Quando ti sei innamorato” 5.5: il voto è gioco forza una media tra il brano davvero tanto, troppo datato, e la sua prestazione canora che è veramente sontuosa. Per lei il tempo è come se si fosse fermato, giù il cappello.

Arisa – “Potevi fare di più” 8: storpiando il titolo del brano, era difficile fare di più. Arrangiamento che fila che è un piacere a far da tappeto a una voce sempre impeccabile. Un brano di grande intensità, semplicemente e banalmente bellissimo.

Bugo – “Invece sì” 7: con quell’essere così demodé, così vascorossiano prima maniera, fa simpatia. Ma look e inadeguatezza da palco a parte, il suo ci ripetiamo, è un brano non solo che ascolti con piacere, ma che canticchi anche dopo i titoli di coda.

Maneskin – “Zitti e buoni” 7: in questa passerella finale del festival, sembrano un po’ meno energici rispetto alle prime serate, Energica è invece la canzone, un bel po’, con anche assoli di chitarra che su questo palco non si sentivano da un pezzo. Il testo, invece, appare un po’ debole.

Madame – “Voce” 7: al netto della scelta del look, sospeso tra un abito da sposa e una zanzariera, il brano funziona, e funziona ogni ascolto di più. Sarà ascoltatissimo dai e tra i giovani, ca va sans dire.

La Rappresentante di Lista – “Amare” 7.5: canzone di grande respiro, di gran atmosfera, non c’è dubbio che siano arrivati al festival carichi di aspettative, e che non le abbiano tradite. E poi è un pezzo fortissimamente radiofonico, che ci accompagnerà ancora per mesi e mesi. Poteva andarci decisamente peggio.

Annalisa – “Dieci” 7: Annalisa fa Annalisa, e non potrebbe essere altrimenti in un brano totalmente firmato da lei. La prova la supera, anche grazie a una prova vocale da applausi. “Dieci” non è un brano che entrerà tra gli indimenticabili, l’arrangiamento non da strapparsi i capelli, però funziona.

Come_Cose – “Fiamme negli occhi” 4: difficile fare di peggio. Quello che resta incomprensibile è il tipo di scelta, andando completamente fuori dalla loro natura.

Stato Sociale – “Combat pop” 6: anche cambiando i fattori (leggi le voci), il prodotto non cambia. Un pezzo che va giù senza controindicazioni, anche se assomiglia troppo…agli Stato Sociale. Se due anni fa insomma avevano stupito, 24 mesi dopo quell’effetto non funziona più.

Random – “Torno a te” 3: è tutto sbagliato. Sbagliato perché è nel posto sbagliato e pure con la canzone sbagliata. Condisce il tutto con una serie di stonature equamente distribuite nelle varie serate. Un’agonia.

Max Gazzé Trifluoperazina Monstery Band – “Il farmacista” 7.5: in versione Superman mostra il suo quarto volto in cinque serate. La genialità resta intatta, anche se rischia la caduta rovinosa nella sortita tra le poltrone. Non utile in un Festival. Semplicemente, indispensabile.

Noemi – “Glicine” 5: all’ultima serata vince pure l’emozione, che l’aveva decisamente limitata soprattutto la prima sera. Ribadiamo però che “Glicine” è un pezzo poco coraggioso, molto, troppo ‘’noemiamo’.

Fasma – “Parlami” 4.5: vorremmo che, ascolto dopo ascolto, potessimo arrivare a dire “ci eravamo sbagliati”, Invece no, invece “Parlami” è una canzone che magari sarà pure buona per Tik Tok, ma che sul palco dell’Ariston è un pugno nell’occhio, con un arrangiamento peraltro che si accoda in bruttezza.

Aiello – “Ora” 4.5: il modo migliore…di chiudere in bruttezza. “Ora” ha un testo eufemisticamente bruttino, e gli acuti sguaiati sconfinano nel vero e proprio fastidio.

Tu cosa ne pensi?

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version