Biathlon

“Staffetta italiana ‘a un Bormolini’ dalla medaglia? Le scelte sono fatte da chi è lì per farle” ‘Bersaglio Mobile’ con René Laurent Vuillermoz

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I Mondiali di biathlon di Pokljuka sono oramai passati agli archivi. La manifestazione iridata 2021 entrerà nella storia come quella in cui tanti nomi nuovi si sono affacciati al vertice della disciplina, consacrandosi a livello individuale e non solo. Per l’Italia, invece, il bilancio è negativo. Per la prima volta dal 2012, infatti, non è arrivata alcuna medaglia. Andiamo dunque ad analizzare quanto accaduto nella seconda settimana del Mondiale in compagnia di René Laurent Vuillermoz, nella decima puntata della rubrica di approfondimento “Bersaglio Mobile”.

René, partiamo dall’uomo e dalla donna copertina di Pokljuka 2021. Direi che le scelte sono abbastanza semplici.
“Ovvio! Senza dubbio è stato il Mondiale di Sturla Holm Lægreid e di Tiril Eckhoff”.

Parliamo del primo. Non ha cominciato benissimo tra sprint e inseguimento, ma poi nella seconda settimana è stato impressionante. Ha vinto la 20 km e la mass start con la freddezza e l’autorevolezza di un affermato veterano, senza dare l’impressione di essere all’esordio iridato.
“Uno che si chiama Sturla non può che essere una bestia! Scherzi a parte, questo ragazzo è completo e torna a casa dal suo primo Mondiale con 4 ori al collo, di cui 2 individuali! Sai cosa ti dico? Se continua su questa strada, rimanendo tranquillo e proseguendo sul sentiero già intrapreso, può diventare il nuovo dominatore della disciplina, o comunque sfidare alla pari Johannes Bø negli anni a venire. Dico così perché Lægreid ci ha già mostrato le sue qualità al poligono, ma sugli sci ha ancora margine di crescita. Il dato davvero clamoroso è rappresentato dal fatto che non è un predestinato, come in passato lo sono stati Svendsen o lo stesso Bø. No, lui ha lavorato sodo per raggiungere questo livello, quindi la sua è una parabola ancora più affascinante”.

Passiamo a Tiril Eckhoff. Ha avuto bisogno di scollinare le 30 primavere per scrollarsi di dosso l’etichetta di grande talento inespresso, nonostante gli svariati exploit di cui si era già resa protagonista. Nell’inverno in corso, invece, sembra finalmente riuscita a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, senza perderne nessuno sotto il divano.
 “Ha disputato delle gare bellissime, rivelandosi forte al tiro e fortissima sugli sci. Nel fondo è sempre stata molto presente, ma finalmente sembra aver trovato anche la stabilità al poligono che sinora le era sempre mancata. Quindi, in questo momento, è la più completa di tutte e non a caso è quella che ha raccolto di più. Sei medaglie in sette gare sono tanta roba, anche perché spesso ha corso da protagonista anche nelle prove a squadre”.

Riuscirà a completare l’opera e portarsi a casa anche la Coppa del Mondo?
“A questo punto è la favorita, anche perché delle tre pretendenti alla Sfera di cristallo è l’unica a uscire gasatissima da Pokljuka. Non dico che Hanna Öberg abbia steccato, ma sicuramente ci si aspettava molto di più. Le è mancato qualcosa e se ne è accorta anche lei, perché alla fine non era particolarmente contenta. Nonostante i trionfi di PyeongChang 2018 e Östersund 2019, negli ultimi due Mondiali ha fatto fatica. Forse patisce un po’ la pressione di essere tra le favorite. Riguardo Røiseland-Olsbu, non ha certo ripetuto Anterselva 2020. Però non tutti gli inverni sono uguali. Meno male, sennò sai che noia?”

Invece tra i maschi Lægreid può provare a fare lo scherzetto a Bø anche nella corsa alla classifica generale?
“Diciamo che Sturla ha tutto per rompere le uova nel paniere di Johannes! Vedremo come andrà a finire”.

Abbiamo già citato diverse volte Johannes Bø. Converrai con me sul fatto che lui sia la principale delusione del Mondiale, senza se e senza ma. Magari non ci si aspettava di vederlo dominare, ma almeno un oro individuale lo si metteva in preventivo. Invece, se ne torna a casa con la pancia vuota, eccezion fatta per il bronzo nell’inseguimento, che nel suo caso è un autentico brodino.
“A questo punto, inizio a pensare che abbia davvero preso la stagione un po’ sottogamba, convinto di essere superiore alla concorrenza in virtù del ritiro di Fourcade. Invece all’improvviso sono arrivati al vertice tanti giovani. A parte Lægreid, non dimentichiamoci delle due medaglie di Johannes Dale, anche lui classe 1997. Poi abbiamo visto vincere Ponsiluoma e Jacquelin, entrambi del 1995. È bello, perché finalmente c’è ricambio anche tra i maschi ed è la dimostrazione di come ci siano delle annate toste anche tra i nati dalla metà degli anni ’90 in poi. Quindi, mi lancio in una profezia. Proprio alla luce di quanto appena detto, credo che nel 2021-22 rivedremo il vero Johannes Bø. Non ci starà a farsi bagnare il naso dalla nuova generazione e quest’estate lavorerà sodo per essere davvero al top all’annata olimpica”.

Senti, in tema di delusioni… Cosa mi dici dell’Italia? Nessuno si aspettava di replicare Östersund 2019 o Anterselva 2020, ma con zero medaglie il piatto piange.
“Non è andata bene. Inutile, usare giri di parole e fare come la volpe con l’uva. Ci si aspettava almeno una medaglia da parte di Dorothea e penso che se l’aspettasse anche lei. D’altronde è la vincitrice delle ultime due Coppe del Mondo ed è reduce da un’edizione dei Mondiali stratosferica. Però, non sempre le cose vanno come si vuole. Tuttavia, permettimi di fare un distinguo. Nel suo caso parlare di ‘delusione’ sarebbe ingiusto. Ha chiuso quarta nell’inseguimento dopo una grande rimonta ed è arrivata a un colpo dalla medaglia nella single mixed. Delusa sì, perché comunque non è mai salita sul podio, ma delusione no. Sono concetti diversi e non vanno confusi”.

Senti, ti riporto le parole che dicesti un anno fa, al termine di Anterselva 2020. “L’Italia ha confermato di avere i propri punti di forza in Wierer e nella staffetta mista, però facciamo tanta fatica su tutto il resto”. Quest’anno non c’è stata Santa Dorothea a salvare il bilancio e nella staffetta mista sono emersi problemi con i materiali. Cionondimeno, nonostante le zero medaglie, Pokljuka 2021 non è tutta da buttare. In fondo, si è visto anche del buono. Per esempio, non credo che Lisa Vittozzi esca male dalla rassegna iridata.
“Sì, per Lisa è stato un buon Mondiale. Ha fatto bene in quattro gare su sei, ovvero nella sprint, nella mass start e in entrambe le staffette. D’accordo, da lei ci si aspetta sempre di più di quanto sia riuscita a fare a Pokljuka, però in questo momento della sua carriera è difficile ottenere di meglio. Comunque, ha raccolto i due risultati migliori della stagione proprio al Mondiale. Penso che questo fatto possa darle fiducia in vista della preparazione alle Olimpiadi del 2022. Secondo me, può aver capito come ottenere la serenità che va cercando. Lisa ha solo bisogno di portare pazienza e soprattutto di ritrovare quella tranquillità grazie alla quale può tornare al livello di due stagioni or sono”.

Personalmente, non giudicherei negativamente neppure il Mondiale di Lukas Hofer.
“Purtroppo non è riuscito a cominciare allo stesso livello atletico con il quale ha finito. Se tra sprint e inseguimento avesse avuto la condizione dell’ultimo weekend, allora forse staremmo raccontando un’altra storia. Guarda che secondo me la mass start di Lukas è stata strepitosa, perché ha preso in mano le redini della gara, ha sempre menato come un matto ed è stato fin troppo generoso, disputando una prova tutta all’attacco. Ha dimostrato di volersi prendere quella medaglia che ormai manca da un decennio. Ci gira sempre lì intorno, ma non riesce mai ad afferrarla. È un peccato, perché nel prossimo futuro rischia di essere sempre più difficile. Non è più un ragazzino e ormai deve confrontarsi con avversari di sei o addirittura otto anni più giovani. Però, mai dire mai. Magari un giorno gli tornerà tutto indietro e si rifarà con gli interessi. Se lo meriterebbe, perché la perseveranza non gli ha mai fatto difetto”.

Anche tra le seconde linee non sono mancate le note positive. Mi riferisco soprattutto a Thomas Bormolini e Michela Carrara.
“Thomas ha vinto la sua medaglia qualificandosi alla mass start, perché ha raggiunto un traguardo che non aveva mai tagliato in precedenza. Ha disputato due gare bellissime, soprattutto l’inseguimento, e questo Mondiale certifica come abbia effettuato un ulteriore salto in avanti. Quest’anno, sinora, ha bucato solo una tappa ed è il secondo italiano nella classifica generale di Coppa del Mondo. Io credo che il prossimo obiettivo debba essere l’ingresso nella top-ten. Se dovesse essere perfetto al poligono, con questa forma atletica ci può provare. Magari già in qualche gara di marzo. Riguardo Michela, lei ha disputato un Mondiale più che buono per le sue possibilità. Andare a punti in tutte e tre le gare individuali a cui ha preso parte non era affatto banale, ma c’è riuscita. Magari è mancata in staffetta, ma il suo bilancio resta positivo”.

Ecco, a proposito di staffetta, però di quella maschile… Sarò caustico, ma non è che l’Italia è andata a un Bormolini dalla medaglia? Dopotutto, la condizione atletica di Thomas l’abbiamo vista tutti e, dati alla mano, è il miglior tiratore azzurro nella stagione in corso. Certe scelte hanno fatto un po’ discutere, compresa l’esclusione di Thomas dalla 20 km.
“Non entro nel merito delle scelte. Sicuramente sono state un po’ strane, però ormai sono state fatte ed è inutile recriminare sul latte versato. L’importante è che Bormolini abbia tenuto di testa e non si sia abbattuto. Di sicuro, certe decisioni non fanno bene agli atleti, i quali andrebbero sempre e comunque rispettati. Però non sta a me giudicare. I tecnici della squadra nazionale sono lì perché sono i migliori sulla piazza, ed è giusto che siano loro a prendere le decisioni. Siano esse contestabili o condivisibili, sono effettuate da chi è lì proprio per farle”.

Senti, cosa mi dici dei ragazzi del 2000? Per entrambi è stato il primo Mondiale.
“Bionaz e Giacomel hanno dimostrato quanto possono valere un domani. Come ho già detto, sono convinto che tra un anno siano in grado di fare il botto a livello individuale e, al tempo stesso, permettere alla squadra di essere competitiva per la medaglia in staffetta. Non prendiamoci rischi con loro due, perché stanno crescendo bene. Quindi sarebbe auspicabile proseguire sulla strada già intrapresa negli ultimi dodici mesi. Però, consentimi di aggiungere un pensiero. Hai parlato di scelte discutibili, ma non dobbiamo dimenticarci quanto sia difficile effettuarle, perchè ora come ora ci sono cinque atleti di alto livello per quattro posti. Mi auguro rimangano cinque anche l’anno prossimo. Al riguardo, sarebbe intellettualmente disonesto non sottolineare come il trend di Dominik Windisch sia calante ormai da un paio di stagioni. Bisogna prendere atto di come lui stia facendo tanta fatica al tiro e di come, anche fisicamente, non sia più brillante come in passato. È necessario capire la radice del problema, ovvero se si tratta di una questione fisica o psicologica, perché il prossimo è un inverno davvero importantissimo”.

Renè, chiudo con un’altra domanda caustica. Hai definito “più che buono” il Mondiale di Michela Carrara, la quale ha galleggiato tra il ventesimo e il quarantesimo posto. Eppure è una classe 1997, come Marketa Davidova, che ha vinto la medaglia d’oro nella 15 km. Ingrid Tandrevold, nata nel 1996, si è portata a casa un argento e un bronzo ed è coetanea di Hanna Sola, la quale ha firmato un exploit da podio. Io credo sia ora di avere il coraggio di dire che, in ambito femminile, “il Re è nudo”. Non ci sono più atlete come Federica Sanfilippo o Alexia Runggaldier, in grado di fare botti iridati da top-ten se non addirittura da medaglia. Insomma, a parte Vittozzi, il bacino si sta prosciugando e, fra le donne, il biathlon italiano non sembra avere un futuro prossimo roseo quanto il presente e il recente passato. Tu cosa ne pensi?
“Cosa ti devo dire? Il livello è questo e non si scappa”.

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Foto: La Presse

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