Biathlon

“Dorothea Wierer ha vinto di testa, ma paghiamo il fatto di aver sciato meno di altri” ‘Bersaglio Mobile’ con Renè Laurent Vuillermoz

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La Coppa del Mondo di biathlon 2020-21 è cominciata da Kontiolahti (Finlandia), dove i protagonisti annunciati hanno tutti lasciato il segno, seppur in maniera diversa ed evidenziando stati di forma ben differenti. L’Italia può festeggiare il successo di Dorothea Wierer nell’individuale, ma la concorrenza non manca, soprattutto dalle latitudini scandinave. Fra gli uomini, invece, Johannes Bø conferma di essere il più forte, ma palesa ancora dei limiti nella 20 km. Andiamo ad analizzare quanto accaduto in Carelia assieme a René Laurent Vuillermoz, ex biathleta della nazionale azzurra, nella seconda stagione della rubrica “Bersaglio Mobile”.

René, comincerei col chiederti un’impressione di carattere generale, perché l’opening ha dato la sensazione che gli scandinavi siano decisamente più in palla rispetto a tutti gli altri. Tu cosa ne pensi?
“Secondo me quest’anno chi ha potuto sciare tanto prima dell’inizio della Coppa del Mondo ha avuto modo di fare la differenza. Norvegesi e svedesi sono così in palla perché hanno sicuramente accumulato molti più chilometri sulla neve rispetto agli altri. Inoltre, dietro ai Paesi scandinavi, si è visto come Francia e Germania siano a loro volta leggermente più avanti di altre nazioni. Non è un caso, perché francesi e tedeschi hanno assaggiato la neve prima degli italiani. Noi abbiamo pagato tantissimo il fatto di non aver sciato granché e si vede, perché gli azzurri bene o male sono tutti indietro di condizione. Per questo aspetterei il prossimo fine settimana prima di trarre conclusioni. In generale, mi viene da dire che sarà una stagione travagliata e molto particolare con tutte queste restrizioni. Sono situazioni difficili da gestire, anche perché non c’è pubblico e l’atmosfera è completamente diversa rispetto alle abitudini”.

Ah, quindi mi liquidi? ‘Aspettiamo a trarre conclusioni?’ Non te la cavi così. Cominciamo dal settore femminile, dove è comunque arrivata una vittoria di Wierer nonostante questo handicap atletico. Lo definiamo un successo di testa?
“Sì, ci sta. Nella 15 km Dorothea ha disputato una gran gara dal punto di vista mentale, facendo la differenza al tiro. D’altronde, se non sei al top nel fondo, il format ti consente di rifugiarti nella solidità al poligono. Ha fatto più fatica nella sprint, ma è comprensibile, perché ha sciato meno del solito prima dell’inizio di stagione. Già da questa settimana mi aspetto una crescita di rendimento sugli sci”.

Però le rivali per la Sfera di cristallo non staranno a guardare, in particolare abbiamo visto un Hanna Öberg spaventosa nella sprint.
“Tutte le svedesi sono paurose. Hanno fatto un salto in avanti impressionante. Hai citato la Öberg, ma la sorellina minore Elvira va a sua volta come un aeroplano! Inoltre anche la Persson e la Skottheim sono state decisamente più competitive del solito. Io credo che i valori siano destinati a livellarsi, quindi le scandinave di ‘seconda fascia’, se così possiamo definire Skottheim e Knotten, rientreranno un po’ nei ranghi, mentre il vantaggio palesato sugli sci da Öberg e Røiseland-Olsbu si ridurrà. Però ragazzi, che andare! La Svezia di questo primo weekend ha ricordato la Germania di dieci-quindici anni fa”.

Dunque Wierer ha vinto, mentre è mancata Lisa Vittozzi, la quale ha “litigato con il tiro”, nel senso che sono arrivati tanti errori nell’individuale e che c’è stato un problema in piedi nella sprint. Quali sono i tuoi pensieri su di lei?
“È mancata fino a un certo punto, perché se guardiamo l’analitica, nella sprint ha preso solo quattro secondi sugli sci da Dorothea, quindi è più o meno al suo stesso livello. Senza l’imprevisto al tiro si sarebbe giocata un piazzamento nelle quindici. Non sono preoccupato, secondo me non bisogna avere fretta e anche lei può cambiare marcia con il passare delle gare. È però necessario capire come mai arrivano queste serie fallose, soprattutto a terra. Un 4 è davvero anomalo per le qualità di cui lei è dotata”.

Qualcosa da dire sulle altre italiane?
“C’è poco da dire. Federica continua a mostrare questa sua versione appannata che vediamo ormai da tanto tempo. Nicole, oltre ai soliti problemi al tiro, mi sembra anche più indietro di condizione delle altre, mentre Irene sta facendo esperienza con l’obiettivo di crescere strada facendo”

Passiamo al settore maschile, anche qui la Scandinavia ha dettato legge. Soprattutto la Norvegia, ma con Johannes Bø è semplice. Però è arrivata anche la vittoria di questo Lægreid di cui avevi parlato bene già settimana scorsa.
“Sì, ne avevo parlato bene, ma non pensavo certo potesse vincere! È anche vero che si è imposto in una gara molto particolare, sia per format che per condizioni atmosferiche. Però lui ha fatto il suo e ha primeggiato meritatamente”.

Su Bø invece cosa mi dici? Aveva destato qualche perplessità nell’individuale, ma nella sprint ha prontamente ribadito di avere margine.
“Secondo me lui non ha ancora capito bene come approcciare la 20 km. Mi rendo conto che parlo del campione olimpico in carica del format, ma spesso ha sofferto in questa gara. Anche l’anno scorso a Östersund era partito fortissimo, ma poi è crollato. Mi sembra che non sappia ancora gestire bene lo sforzo, o forse patisca il fatto che gli errori si pagano caro. Nella sprint, invece, è stato semplicemente distruttivo. Sicuramente a Hochfilzen ci sarà più equilibrio, perché come ho detto il livello tenderà a uniformarsi, ma batterlo sarà dura”.

Interessante notare come sia stata la Svezia a proporsi come la principale rivale della Norvegia, dopo una stagione in cui praticamente non si sono visti. Al contempo, la Francia è apparsa un po’ sottotono.
“Guarda, gli svedesi sono in forma strepitosa. Al di là di Samuelsson, che sappiamo quanto vale ed era atteso a questi livelli da un paio d’anni, la cartina tornasole di questa condizione eccezionale è Ponsiluoma. È partito dopo la musica e a Kontiolahti, dove la pista tende sempre a sfarinarsi, questo è un grosso svantaggio. Eppure è salito sul podio con un errore! Riguardo la Francia, non sono d’accordo. La differenza rispetto al passato è che gli manca Martin! Però sono lì, Fillon Maillet e Jacquelin sono appena dietro agli scandinavi e appena saliranno di colpi, cosa che accadrà nel giro di un paio di settimane, torneranno a dare fastidio a Johannes”.

Capitolo Italia, abbiamo gareggiato con una squadra praticamente dimezzata causa presunto Covid-19 e non solo. Quali sono le tue valutazioni sugli azzurri.
“Come tu hai detto, ci siamo presentati in Finlandia senza Windisch, Bormolini e Giacomel. Quindi letteralmente a mezzo servizio. Su chi ha gareggiato in Finlandia c’è poco da dire. Hofer ha fatto il suo, dimostrando che se spara benissimo è già da podio. Come al solito, c’è sempre quell’errorino di troppo che gli impedisce di entrare nei primi cinque. Sinceramente mi aspettavo che Bionaz e Braunhofer, potessero essere un pelino più competitivi sugli sci, ma non c’è nulla di preoccupante. In primis perchè anche per loro può valere il discorso trito e ritrito in merito ai chilometri percorsi sulla neve. Inoltre, e soprattutto, non dimentichiamoci che devono ancora fare tanta esperienza”.

Un ultimo tema lanciato da Kontiolahti è la grande distribuzione anagrafica del biathlon maschile attuale. Nella top-ten abbiamo trovato atleti nati nel 1997, ma anche nel 1984! La vecchia guardia si è fatta valere.
“Assolutamente sì! Lesser, Fak e Moravec hanno tutti brillato di luce propria e parliamo di gente che ha già ampiamente scollinato i trent’anni, anzi c’è chi si avvicina ai quaranta. Il livello è molto alto e questi risultati dimostrano come il biathlon sia uno sport dove c’è bisogno di pazienza ed effettuare scelte precipitose è sbagliato. L’età va presa in considerazione, ma dovrebbe esserlo anche l’esperienza. Credo sia errato pensare che se si cala dopo i trent’anni, allora si è automaticamente già marci. Lesser e Moravec, reduci da stagioni difficili, sono lì a dimostrarlo. I veterani possono tornare utili, soprattutto se dovesse essere necessario rimpiazzare atleti che devono fermarsi per qualche settimana. Ci sono nazioni che hanno dimostrato come non si dovrebbero precludere le porte della Coppa del Mondo a nessuno, consentendo a tutti di potersi confrontare con i più giovani, per capire il livello di ognuno, indipendentemente dall’età o dallo status interno alla squadra”.

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Foto: La Presse

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