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Vittorio Adorni: il Giro d’Italia 1965 e l’assolo ai Mondiali di Imola

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Vittorio Adorni, nato il 14 novembre 1937 a San Lazzaro Parmense, è stato uno dei più grandi pedalatori italiani degli anni ’60. Era un atleta completo, forte in salita e sul passo. Si destreggiava su ogni terreno e sapeva essere competitivo in tutte le gare in linea. Il suo terreno d’elezione, però, erano le corse a tappe. Aveva, inoltre, un particolare gusto per l’impresa. Le sue vittorie non erano mai banali e in talune occasioni ha letteralmente travolto la concorrenza.

Fu il caso del suo successo al Giro d’Italia 1965. In quell’edizione il parmense conquistò la maglia rosa rifilando ben 11’26” al secondo classificato, vale a dire Italo Zilioli. Felice Gimondi fu terzo a 12’57”, mentre un altro grande azzurro, quel Franco Balmamion che beffò Vittorio due anni prima, concluse quinto staccato di addirittura 15’05”. All’epoca 27enne, Adorni si presentò al via del grande giro che si snoda lungo lo Stivale con il ruolo di grande favorito. D’altronde mancava il campione uscente Jacques Anquetil e lui aveva appena dominato il Giro di Romandia. L’emiliano, ad ogni modo, non si fece schiacciare dalla pressione e ottenne, oltre alla maglia rosa finale, anche tre trionfi parziali, inclusa la cronometro siciliana di 50 chilometri che da Catania andava a Taormina.

La sua vittoria più memorabile, però, fu ai Campionati del Mondo di Imola del 1968. In un’annata che aveva visto il giovane Eddy Merckx imporsi non solo come dominatore delle corse in linea, ma anche come re delle corse a tappe, Adorni, che era suo compagno di squadra alla Faema ed era stato il primo degli umani dietro al Cannibale al Giro d’Italia, riuscì a sfilargli la maglia iridata davanti al pubblico amico. E lo fece con un’impresa rimasta negli annali.

Il 1° settembre 1968 a Imola andò in onda la 41esima edizione della rassegna iridata riservata ai professionisti. Si svolge sul circuito dei Tre Monti. Al quarto giro partì una fuga poco considerata da parte del grosso del plotone. Ne facevano parte Adorni, l’altro azzurro Carletto, il vecchio Rik Van Looy e un allora sconosciuto Joaquim Agostinho.

Sia Merckx che Gimondi, i grandi favoriti della vigilia, avevano le mani legate per via della presenza di alcuni loro compagni di nazionale nel tentativo. La fuga, dunque, prese margine. Durante il 13esimo giro, sullo strappo di Frassineto, a 85 chilometri dal traguardo, Adorni partì fortissimo. Nessuno tenne la sua rasoiata. Il parmense in breve si trovò davanti da solo e si esibì in un assolo devastante. Non lo fermò nemmeno una foratura e dopo 200 chilometri di fuga tagliò per primo il traguardo con 9’50” su Herman Van Springel secondo e 10’18” su un gruppetto regolato da Michele Dancelli.

L’anno seguente, con la maglia di campione iridato addosso, ottenne un altro successo di gran pregio: il Giro di Svizzera. Nel 1970, invece, arrivò l’ultima vittoria di una carriera eccelsa, ovvero una tappa al Tour de Romandie. Quella stagione, oltretutto, fu anche l’ultima per Adorni, il quale appese la bici al chiodo ad appena 32 anni. Terminata l’esperienza in bicicletta, fu commentatore televisivo, direttore sportivo e anche presidente del Consiglio del ciclismo professionistico presso l’UCI.

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luca.saugo@oasport.it

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Foto: Lapresse

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