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Vincenzo Santopadre, tennis: “La sospensione un ‘vantaggio’ per Matteo Berrettini, lavoriamo sul gioco a rete”

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Vincere è difficile, confermarsi lo è di più. E’ questo il tema stagionale di Matteo Berrettini, capace nel giro di un anno di raggiungere la top-10 del ranking ATP e di centrare risultati ragguardevoli: uno su tutti la semifinale allo US Open 2019. Una crescita esponenziale quella del tennista azzurro, ben oltre le più rosee aspettative, ma non frutto del caso. Alle spalle, infatti, c’è un lavoro attento ai dettagli tecnici e mentali, fondamentali per l’evoluzione di un giocatore estremamente intelligente e lucido. Una preparazione curata da Vincenzo Santopadre, coach di Matteo e tra gli artefici dell’evoluzione del ragazzo romano. Santopadre e Berrettini al centro poi di un progetto importante a Roma, ovvero quello della Rome Tennis Academy, che con i suoi otto campi da tennis (quattro sulla terra rossa e altrettanti su cemento indoor) vuole dare l’opportunità al tennista del Bel Paese e altri giovani giocatori di allenarsi in una cornice a loro molto familiare. E’ chiaro che il Coronavirus ha mutato la programmazione del nostro portacolori, ricordando la sospensione del circuito ATP fino al 7 giugno.

Vincenzo, partiamo dall’emergenza Covid-19. Come state affrontando questo cambiamento così radicale?

E’ una situazione difficile perché chiaramente ci siamo ritrovati tutti a dover cambiare le nostre abitudini. E’ una “partita” contro un avversario temibile e pericoloso, ma sta a noi adattarci alla situazione e a rispettare le regole. Ora come ora non possiamo fare altro e sono certo che ne usciremo vincitori“.

Entrando più nello specifico, Matteo è reduce da una stagione incredibile con risultati eccezionali. Il 2020 era iniziato con alcuni problemi fisici. Sembra brutto dirlo, ma forse questa situazione di stop forzato può essere un vantaggio per lui nel recupero atletico?

Berrettini aveva finito l’anno scorso con qualche problemino e il suo serbatoio era un po’ in riserva, ricordando quanto è accaduto nelle Finali di Coppa Davis. A inizio anno ha un po’ pagato e noi, come staff, stiamo andando con i piedi molto cauti. Lui sarebbe stato pronto per giocare Indian Wells perché eravamo lì quando poi è scoppiato un po’ questo ‘caos’. Non avevamo assolutamente accelerato i tempi perché lui non aveva preso parte all’ATP Cup e poi aveva saltato la trasferta sudamericana. Sarebbe quindi tornato nei 1000 americani, ma chiaramente non era al top della condizione. Per cui questa ‘pausa obbligata’ a mio parere, dal punto di vista della prevenzione e del rafforzamento fisico, è un ‘bene’ per lui“.

Un 2019 nel quale Berrettini è cresciuto esponenzialmente. Come si fa a gestire, dal punto di vista mentale, un tennista che nel giro di un anno evolve così rapidamente?

In corso d’opera ci siamo dovuti tarare a questi salti tripli. Lui ci ha abituato a miglioramenti notevoli e noi come staff dobbiamo essere bravi a ritrovare l’equilibrio. In questo momento, infatti, è importante anche stabilizzare, ovvero capire quanto si è fatto e metabolizzare da un certo punto di vista la crescita. Matteo e noi ci siamo trovati in una situazione completamente nuova e lontana da quella che era la programmazione attesa. Di fatto, mai nessuno del team aveva allenato un top-10. Questo è anche il bello, perché è una sfida per tutti noi. Dal punto di vista mentale abbiamo condiviso che si doveva conservare lo stesso approccio su un percorso nuovo. Per essere più specifico, conservare un atteggiamento umile e disposto sempre ad apprendere, cosciente al tempo stesso delle proprie qualità che non sono riguardanti solo il campo. Berrettini in poco tempo ha visto un po’ stravolta la sua vita, per l’attenzione mediatica che si è creata attorno grazie ai suoi risultati. L’aumento della pressione è normale che ci sia, e la sua bravura e anche quella nostra deve essere per l’appunto quella dell’equilibrio, ben sapendo da dove si è partiti, per ottenere ancora riscontri migliori“.

Miglioramenti che Matteo ha compiuto sul fronte tecnico soprattutto sul rovescio. I margini però sono ancora importanti e non credi che, oltre al lato sinistro del campo, debba aumentare le discese a rete per ottenere più punti dal suo tennis?

E’ da tempo che stiamo lavorando su un approccio più a rete di Berrettini. Per questo abbiamo cercato di migliorare il gioco di volo per farlo sentire più sicuro. Uno degli obiettivi del 2020 era quello di ritrovarci molto più spesso a concludere gli scambi in questo modo, sfruttando le sue qualità (servizio e dritto molto penetranti). L’esperienza dell’anno scorso sull’erba, che lo ha visto vincere per dire il torneo a Stoccarda (battuto il canadese Felix Auger-Aliassime in finale, ndr) e raggiungere gli ottavi di finale a Wimbledon (ko contro Roger Federer, ndr), è stata molto importante.

Matteo è un giocatore molto razionale e ogni azione che fa è sempre perché c’è una valutazione da questo punto di vista. Tuttavia, nel corso dei tornei sull’erba, ha giocato anche in maniera più istintiva proprio perché su quella superficie è necessario avere questo approccio, per non attendere troppo nello scambio e aggredirlo. Era un po’ quello che gli chiedevo e che lui, da ragazzo intelligente, è riuscito ad applicare sul campo“.

Il tuo impegno però non si limita solo alla cura di Matteo Berrettini, ma anche a qualcosa di importante dal punto di vista sistemico. Il riferimento è alla Rome Tennis Academy. Un’iniziativa ideata da Massimiliano Lancellotti e portata avanti grazie a te, in qualità di direttore tecnico dell’Accademia, e anche da Matteo. Ci puoi spiegare meglio?

E’ un progetto molto ambizioso e molto rischioso perché ci sono poche realtà (Accademie) in Italia. Sulla base dell’esperienza vissuta dal sottoscritto e da Matteo al CC Aniene (con cui ancora collaboro), si è cercato di rielaborare certi valori sportivi in una realtà diversa e specifica nel tennis. Un modo di lavorare certosino per far sì che il singolo possa essere valorizzato nelle proprie attitudini e conoscere meglio se stesso. L’iniziativa è molto interessante anche per un discorso strutturale, basti pensare alla parte dell’impiantistica (struttura coperta e diversi campi). Un’Academy aperta a ragazzi dai 15 anni in su che si focalizza non soltanto sul discorso tecnico ma anche mentale. La linea guida è quella di valorizzare i ragazzi, secondo quelli che sono i valori sportivi, per capire se il loro futuro è in questo sport e se sono disposti a impegnarsi al 100% in questa specialità. Il nostro obiettivo è quello di creare un sistema, con ambizione, in maniera tale che Berrettini non sia il frutto del caso. Poi è chiaro che ci sono le caratteristiche del singolo in campo a fare la differenza, ma avere un’organizzazione efficiente alle spalle è un fattore aggiunto“.

Il tennis maschile italiano, da questo punto di vista, ha fatto già vedere dei giovani molto interessanti. Il riferimento chiaro è a Jannik Sinner, ma anche Lorenzo Musetti e Giulio Zeppieri sono degni di considerazione. Che cosa ne pensi?

A mio parere il vantaggio dei giovani italiani può essere quello di avere tanti tornei nel nostro Paese nei quali comunque potersi cimentare e scoprirsi. Poi è chiaro che per far sì che un giocatore emerga ci devono essere attitudini particolari, che però devono essere plasmate a dovere. In questo senso i vari Sinner, Musetti, Zeppieri, etc. hanno guide tecniche valide, che possono ben indirizzarli. Ovviamente, poi, spetterà a loro metterci la componente più importante“.

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Foto: LaPresse

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