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Rugby, Mondiali 2019: Inghilterra-Sudafrica, la concretezza al comando

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Sarà Inghilterra-Sudafrica la finale della Rugby World Cup 2019. Una finale che le due squadre aspettavano da 12 anni, da quel 2007 quando gli Springboks si imposero a Parigi, alzando la loro seconda Coppa del Mondo. Una finale tra due delle tre formazioni più accreditate alla vigilia e che vede il XV di Eddie Jones arrivare sulle ali dell’entusiasmo di aver battuto lo spauracchio numero 1, gli All Blacks. Ma se l’Inghilterra appare favorita, va detto che in campo scendono due squadre costruite per questo appuntamento.

Sembra passata un’era, eppure era solo il 2016 quando il Sudafrica crollava clamorosamente a Firenze contro l’Italia. Ma quella sconfitta era solo la punta dell’iceberg di una squadra che non girava più. Dal ko con il Giappone ai Mondiali 2015, dove gli Springboks arrivarono comunque fino in semifinale, per almeno un biennio la squadra sudafricana ha sofferto e subito una serie infinita di sconfitte. La gestione tecnica di Allister Coetzee è stata un fallimento e, così, dopo solo due anni, nel 2018, le redini della squadra sono state date a Rassie Erasmus.

Ed è proprio l’ex terza linea degli Springboks l’arma in più che ha portato Pollard e compagni fino a Yokohama. La sua gestione si è incentrata principalmente sui giocatori, diventati centrali nel progetto, con l’ex tecnico di Munster che ha lavorato con la squadra per ricostruire quelle certezze che erano scomparse. L’obiettivo era ricreare una squadra vincente in poco più di 12 mesi. Il risultato? La vittoria dell’ultimo Rugby Championship quest’estate e un posto in finale sabato prossimo.

Il Sudafrica forse non è entusiasmante come altre Nazionali, sicuramente in questa Rugby World Cup ha sofferto troppo, dal ko con gli All Blacks al mediocre primo tempo con l’Italia, fino ai quarti di finale più difficili del previsto con il Giappone, chiudendo con la battaglia di ieri mattina contro il Galles. Proprio il cammino sudafricano ne evidenza la vera arma. Gli Springboks sono concreti, minimalisti, capaci di adattarsi alla situazione e tendono a perdere il meno possibile la bussola. Con il Galles si sono trovati imbrigliati, eppure nel finale non hanno ceduto al nervosismo – che affiorava – e hanno piazzato la zampata vincente. Ed è questo che dovrà temere l’Inghilterra: in una partita punto a punto gli Springboks appaiono favoriti.

Se si parla di costruire a tavolino una squadra vincente, però, emblematica è la finale raggiunta dall’Inghilterra. Nel 2015, nei Mondiali di casa, i britannici subirono la tremenda onta di venir eliminati nella fase a gironi, evento mai successo per l’Inghilterra e prima squadra (ed unica) ad aver ospitato una Rugby World Cup senza arrivare ai quarti. Il giorno dopo l’eliminazione la Federazione inglese decise che in quattro anni la storia doveva cambiare e la prima scelta fu quella di chiamare Eddie Jones. Una scelta vincente.

Il tecnico australiano ha lavorato per quattro anni con un unico obiettivo in mente. Il Giappone. Prima ha rifondato una squadra allo sbando e l’ha portata a conquistare due 6 Nazioni consecutivi nel 2016 e 2017. Poi ha deciso di sacrificare proprio il torneo continentale per lavorare sui giocatori e sul gioco in vista dei Mondiali. Ha fatto scelte a volte impopolari (l’esclusione di Danny Cipriani, o la scelta di Willi Heinz proprio alla vigilia del viaggio in Giappone), ha lavorato per la crescita individuale di alcuni giocatori, ha deciso di far coesistere assieme George Ford e Owen Farrell, adattando quest’ultimo a primo centro.

Un lavoro lungo, certosino, cui si aggiunge la componente mentale. Eddie Jones non è solo un fine stratega – e la tattica di gioco usata sabato contro gli All Blacks ne è il palese esempio – ma anche uno psicologo che sa lavorare sia sulla sua squadra sia sugli avversari. Le polemiche ad arte create nel passato, l’esaltare un avversario in conferenza stampa alla vigilia di un match (vedi ancora una volta la Nuova Zelanda sabato), o ironizzare sull’avversario sono armi che Jones sa usare benissimo. Così, come decidere di sfidare gli All Blacks nel momento della haka, con quella V formata dai suoi giocatori che si muove fino a invadere la metà campo dei tuttineri. Una psicologia forte che ha trasformato l’Inghilterra in una squadra spettacolare ma concreta, che usa le sue armi in maniera chirurgica. E sabato prossimo l’Inghilterra proverà fin da subito a scappare via, ad instillare i dubbi nel Sudafrica e chiudere il discorso.

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Foto: Nazzareno Marangon- LPS

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