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MotoGP: Marc Marquez ha ucciso il Motomondiale. Dal 2016 Mondiali senza storia, il dittatore iberico è inattaccabile

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Obiettivo ancora una volta centrato da Marc Marquez, che si è aggiudicato il Gran Premio di Germania 2019 allungando così a quota 10 la striscia aperta di successi consecutivi al Sachsenring nel Motomondiale. Il dominio dell’iberico della Honda però non è circoscritto al circuito sinistrorso della Sassonia, infatti è in testa alla classifica generale del Mondiale dopo nove round con un vantaggio abissale di 58 punti sul primo degli inseguitori, Andrea Dovizioso. Il fuoriclasse nativo di Cervera sta monopolizzando la stagione 2019, in cui ha uno score impressionante di cinque vittorie, tre secondi posti ed un ritiro, ma ormai questo è un copione che abbiamo già visto materializzarsi negli ultimi anni.

Il n.93 della Honda è il dominatore assoluto del Motomondiale a partire dal suo arrivo nella classe regina nel 2013, ma è dal 2016 in avanti che Marc ha dato l’impressione non solo di poter vincere il titolo ma anche di poter “giocare” con gli avversari prendendosi dei rischi solo se strettamente necessario. Dopo la brutta annata del 2015, caratterizzata da troppe cadute in gara e dall’esplosione della rivalità con Valentino Rossi, Marquez ha cambiato atteggiamento ed ha cominciato a fare sempre più il ragioniere in ottica classifica generale.

Lo spagnolo classe 1993, complice il calo tecnico della Yamaha, si è trovato improvvisamente senza avversari di grande spessore con l’eccezione di un Andrea Dovizioso in stato di grazia nel 2017 in sella a una Ducati estremamente competitiva. Negli ultimi 28 GP disputati, il peggior risultato di Marquez (escludendo le cinque corse in cui è caduto) è il terzo posto di Brno nel 2018 alle spalle delle Ducati di Lorenzo e Dovizioso, mentre per il resto ha sempre chiuso in prima o seconda posizione. Con questi presupposti, a meno di clamorosi imprevisti e cadute in successione, sembra quasi impossibile poter interrompere la dittatura dell’iberico in tempi celeri.

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Foto: Valerio Origo

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