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Nuoto, Phelps torna in gara e sulle copertine: “Non volevo più vivere”

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Ha finito la stagione 2014-2015 con i migliori tempi dell’anno nei 100 e 200 farfalla e nei 200 misti pur senza partecipare – perché sospeso dalla sua stessa federazione – ai Mondiali di Kazan. E’ l’uomo più vincente della storia delle Olimpiadi moderne, con 22 medaglie di cui ben 18 d’oro, e ancora deve qualificarsi a Rio 2016 perché i Trials americani si svolgeranno a giugno. Ma, quando parla, Michael Phelps catalizza sempre le attenzioni del pianeta.

Il più forte nuotatore di sempre sta per tornare, con i Giochi della prossima estate nel mirino, e l’esordio è fissato per oggi a Indianapolis nella prima tappa delle Arena Pro Swim Series. Lo Squalo di Baltimora sarà subito atteso dal duello con Ryan Lochte, rivale di sempre, per il primo atto di una sfida dai contorni epici che in Brasile potrebbe vedere coinvolti anche l’ungherese Laszlo Cseh e il sudafricano Chad Le Clos.

Ma la vita di un fuoriclasse non è tutta rose e fiori. Phelps, che aveva annunciato il proprio ritiro dopo i cinque ori di Londra 2012 (a 27 anni), era tornato all’agonismo poco più di un anno dopo, brillando nell’agosto 2014 ai Trials di qualificazione a Kazan con il miglior crono stagionale nei 100 farfalla. Tutto sembrava spianato verso un rientro in grandissimo stile, ma lo scorso settembre Michael rischiò di macchiare in maniera indelebile la propria leggendaria esistenza.

Toccato il fondo e uscito dal buio, Phelps ha rilasciato una lunghissima intervista alla rivista Sports Illustrated pubblicata integralmente online e, in maniera ridotta, anche come storia di copertina sul cartaceo in vendita da lunedì 16 novembre. Nell’articolo a firma Tim Layden, un giornalista pluripremiato, non parla solo il nuotatore, ma grande spazio è rivolto anche alla sua famiglia, allo storico allenatore Bob Bowman, agli amici e a numerosi aneddoti riguardanti la sua carriera. La frase che colpisce all’istante è: “Non volevo più vivere“.

Il riferimento, ovviamente, è ai giorni successivi l’arresto per guida in stato di ebbrezza della notte di lunedì 29 settembre 2014, quando all’1.40 di Baltimora Phelps fu bloccato dalla polizia stradale a 84 miglia orarie in una zona con limite fissato a 45. Ancor più sconvolgente quello che fu poi rivelato dal The Baltimore Sun: lo statunitense fallì due alcool test, con un livello di .14, 0.6 in più rispetto a quanto permettono le leggi Usa per mettersi al volante. E non era la prima volta: capitò anche nel 2004.

Nell’intervista sono riportate le reazioni delle persone più vicine al nuotatore. “Ho appoggiato la testa alla scrivania – racconta la madre Debbie – e ho pensato: ‘Oh mio Dio, ci siamo di nuovo. Quanto è terribile la vita di mio figlio?“. Bowman addirittura aveva un presentimento: “Ho vissuto nella paura che qualcosa potesse accadere. Onestamente, pensavo che avrebbe rovinato la sua vita. Non con il suicidio, ma con un arresto o anche peggio“.

Recidivo, distrutto (“ero davvero in un momento buio“) ma non abbandonato dai propri cari, Michael Phelps ha passato 45 giorni in un centro di riabilitazione in Arizona, senza internet né cellulari. C’era però una televisione ed è lì che scoprì la sospensione da parte della Usa Swimming: “Tutti nella stanza mi guardarono – racconta – e io dissi: ‘Sì, sono io. Mi avete scoperto. Ho preso un bicchiere d’acqua e mi sono seduto“. Durante la terapia il 30enne ha anche riallacciato il rapporto con suo padre Fred, un ex poliziotto: “E’ sempre stato difficile per me non avere un padre. Quando l’ho invitato in clinica non sapevo se sarebbe venuto. Ma lui rispose: ‘Sei mio figlio, perché non sareo dovuto venire?‘”.

Convivere con il successo, nello sport, non riesce facilmente a tutti. Il nuoto, soprattutto, sembra una disciplina maledetta. La storia è piena di campioni tristi, in Australia specialmente. E dalle parole di Phelps si capisce che certe brutte avventure le ha passate pure lui: “Dopo Pechino 2008 (record di otto ori nella stessa Olimpiade, ndr) mentalmente ero arrivato. Non volevo nuotare più. Ma sapevo anche che non potevo smettere. Perciò mi sono imposto di fare qualcosa che non volevo fare, ovvero continuare a nuotare. Nei quattro anni successivi avrò saltato almeno due allenamenti a settimana. Perché? Semplicemente non mi andava di farli“.

Janet Evans, quattro trionfi olimpici tra il 1988 e il 1992, ha detto di lui: “E’ bravo quando non si allena, è magnifico quando lo fa“. E il rapporto con Bowman non sempre è stato idilliaco, nonostante Phelps abbia praticamente vinto tutto (e più volte, pure). “Qualche mese prima delle Olimpiadi di Londra – svela – Michael si stava allenando bene da tempo, ero fiducioso“. Ma un giorno ci fu una discussione in piscina: “Terza guerra mondiale. Non l’ho visto per dieci giorni, finché non ci rincontrammo a un incontro con gli sponsor a Dallas“. Non è dunque difficile immaginare la prima reazione del tecnico quando seppe il desiderio di Phelps di tornare alle gare: “Assolutamente no“. Ma ora “riuscirà a realizzare i tempi che faceva solo con il costumone. Vedrete un Phelps diverso“.

Sì, perché è proprio un’altra persona. Dalla promessa di non bere alcolici fino a Rio 2016 a quella (di matrimonio) fatta a Nicole Johnson, miss California 2010. “Mi sono curato più che mai – aggiunge Phelps – e mi piace allenarmi all’aperto (a Phoenix, ndr). Quando finisco di nuotare c’è il sole azzurro senza nuvole. E’ bellissimo“. Anche i ritmi sono cambiati: circa 50/60 chilometri a settimana invece degli 85 del passato. Ma c’è da scommettere che la sua voglia di vincere resterà immutata fin da oggi.

 

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francesco.caligaris@oasport.it

Twitter: @FCaligaris

Foto da: pagina Facebook ufficiale Michael Phelps

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