Ciclismo
Vuelta a España 2015: Aru, la tattica e l’orgoglio
Quando le pendenze s’inerpicano fin quasi a far ribaltare le bici, Joaquim Rodríguez è il favorito numero uno: Purito si esalta non tanto sui lunghi e interminabili passi alpini, quanto sulle rampe secche, violente, spezzagambe. Come sono il Mur de Huy, dove ha vinto una volta, o il Muro di Sormano, che l’ha lanciato verso due trionfi al Giro di Lombardia.
Oggi per Fabio Aru era durissima: la tappa più dura della Vuelta a España 2015 offriva il terreno perfetto al catalano per scalzarlo dalla leadership in classifica generale e per mettere un distacco importante in vista della cronometro di dopodomani. Al termine di una giornata tanto intensa, nella quale un vecchio campione come Frank Schleck ha saputo esaltarsi come non accadeva da anni, Aru può guardare con assoluto orgoglio a quanto fatto, perché sulle infernali rampe di Ermita de Alba ha corso da campione vero, maturo, con un’intelligenza tattica ben più affinata di quello che ci si aspetterebbe da un ragazzo di 25 anni.
Sia chiaro, vincere questa Vuelta è difficilissimo: non è tanto il simbolo del primato ceduto a Purito per solo un secondo a preoccupare, quanto piuttosto una classifica ancora corta, con Majka a 1’35” e l’eccellente Dumoulin a 1’51”. Insomma, sono in quattro per un posto nella storia del ciclismo e una cronometro di 38 km, dopodomani, a fare da spartiacque: sabato, poi, l’ultimo appello per recuperare, sebbene Cercedilla sia ad una ventina di chilometri – peraltro di ripidissima discesa – dallo scollinamento al Cotos.
Ma dicevamo di oggi: per lunghi tratti dell’ascesa finale, Aru sembrava in difficoltà, in coda al trenino dei big con Landa in testa impegnato continuamente a voltarsi, per assicurarsi di non fare male al proprio capitano. Eppure, quel trenino si assottigliava via via, ma il sardo resisteva: superava Meintjes, superava proprio Dumoulin, poi alla dichiarazione di guerra di Purito ha risposto da campione, scalzando in un colpo solo Quintana e Majka (non proprio due mediocri in salita, anzi..) e ringraziando il compagno Landa per aver tenuto a freno la propria irrefrenabile voglia di scattare. Quegli ultimi 2-300 metri di salita andrebbero visti e rivisti mille volte: lì c’è tutta la voglia di Fabio Aru di vincere questa Vuelta. Poco importa se, oggi, la maglia ha cambiato proprietario: con un mix di tattica e orgoglio, il venticinquenne di Villacidro esce praticamente indenne dalla tappa più infernale, anzi con la consapevolezza di aver aumentato il margine su Majka e Dumoulin. In pochi, forse, ci avrebbero scommesso.
foto: Fabio Aru Fans Club
Clicca qui per mettere “Mi piace” alla nostra pagina Facebook
Clicca qui per iscriverti al nostro gruppo
Clicca qui per seguirci su Twitter
marco.regazzoni@oasport.it