Atletica
Atletica, Mondiali 2015 – Italia, è una disfatta: i motivi dell’ecatombe. Preparazione inadatta, infortuni, motivazioni, giovani: mai una critica…
L’Italia è letteralmente colata a picco ai Mondiali 2015 di atletica leggera, in attesa di vedere quanto riuscirà a fare Gianmarco Tamberi nella Finale di salto con l’alto in programma domani pomeriggio, ultimo giorno di una rassegna iridata da incubo.
10 eliminazioni su 12 al primo turno nelle prove individuali (poi sono arrivate 2 eliminazioni su 2 in semifinale per Hooper e Grenot), 2 eliminazioni su 2 in staffetta (solo femminili, le maschili neanche sono riuscite a qualificarsi ai Mondiali), prestazioni assolutamente anonime nelle gare di marcia maschili, 2 squalifiche nella 20km di marcia femminile (Rigaudo e Giorgi), solo 1 Finale a 12 (14 per l’occasione) raccattata (Tamberi).
0 medaglie (39 Nazioni ne hanno conquistata almeno una!), 10 punti in classifica (umiliante 28esimo posto) solo per merito dei maratoneti (quarto Pertile, ottavo Meucci) e della Palmisano (quinta nella 20km di marcia).
Quali sono i motivi della disfatta italiana? Ce ne sarebbero un’infinità, proviamo a vedere quelli che a nostro modo di vedere sono i più importanti.
- Preparazione senza un senso logico. Gli atleti arrivano all’appuntamento clou stanchi, spompati, quasi senza motivazioni, incapaci di tirare fuori quel pizzico di grinta per fare almeno il loro minimo. Il massimo è ottenere il minimo prima dell’evento, senza poi saperlo ripetere proprio in quell’evento
- Una sfilza di infortuni che non può essere imputata alla sfortuna. I crac arrivano se ci si allena male, se si logora il fisico (senza ottenere chissà quali rendimenti), se la preparazione e le tabelle non sono tarate al meglio sul fisico di chi poi le deve sostenere. Non è ammissibile che Trost, Greco, Straneo, Del Buono, Fassinotti (giusto per citare gli atleti di punta) non siano riusciti a presentarsi a un Mondiale! Vergognoso. Ah, la rassegna iridata non è una tappa di passaggio, soprattutto se è quella che precede le Olimpiadi
- Buonismo illimitato. Pur gareggiando male, realizzando prestazioni anonime e quasi indegne dell’azzurro, si ha la sensazione che vada comunque tutto bene. Non c’è mai una critica, un’analisi seria di quanto fatto, non si dichiara mai che il gesto tecnico non è stato all’altezza dell’occasione. No, il “Sono contento. Ho dato tutto me stesso” regna sovrano, accompagnato dagli immotivati “bravo, grande” di fan club e frange di tifosi che, evidentemente, non riconoscono le reali potenzialità dell’atleta se pensano che davvero abbia dato tutto. Esiste sempre una scusa dietro la quale nascondere, alla caccia di un alibi più o meno giusto
- Non c’è mai un miglioramento (nella stragrande maggioranza dei casi, s’intende). Alzare l’asticella e il rendimento sembra una missione impossibile, troppo ardua da compiere. Best di carriera rimasti tali per anni e mai più toccati, stagionali irripetibili nell’appuntamento più importante dell’anno
- Quanti giovani si perdono! Prestazioni sbalorditive da “under” e poi una minuscola percentuale riesce a riproporsi tra i grandi, quando davvero conta. Questo è il tarlo dell’atletica italiana che andrebbe risolto rapidamente
- Allenatori spesso impreparati. E i migliori coach italiani che allenano gli stranieri capaci di vincere medaglie ai Mondiali? Un caso? Una fuga di cervelli?
- Una Federazione che non tutela i suoi talenti, che non sa programmare, che non è attenta a quanto succede in pista, che perdona tutto e che non sa mai autocriticarsi. Organizzazione e programmazione sono sostantivi lontanissimi dai vertici dell’organo sovrano, sempre nascosto dietro alla medaglietta che poi in un modo o nell’altro si porta a casa. Se Tamberi ce la farà si ripeterà ancora il ridicolo “Atletica italiana che fa emozionare”, mantra degli ultimi Europei tutt’altro che esaltanti (nonostante due ori e un argento)?
- C’è anche un grosso problema nelle scuole, dove l’atletica è letteralmente dimenticata, poco amata e seguita. Se non si comincia da qui, con programmi seri e mirati, sarà sempre più dura la risalita
Indipendentemente da come andrà Tamberi, si vorrà finalmente fare un esame serio della situazione o ci si nasconderà dietro all’assenza dei tanti infortunati (tra l’altro non un vanto) per affermare “con le nostre punte avremmo vinto il medagliere”? O, peggio ancora, se il marchigiano salirà sul podio questa spedizione verrà ricordata come memorabile: di salvatori della Patria l’Italia dell’atletica ne ha avuti fin troppi e ora sarebbe arrivato il momento di smetterla. Oppure sarà colpa del cuoco? (Perdonate la battuta ma non è casuale).