Editoriali

Da predestinati a meteore: i grandi flop dello sport italiano (prima parte)

Federico Militello

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Dall’aurora dell’alba al grigio dell’anonimato. Dalla speranza all’oblio. Da promessa a rimpianto. Ci hanno illuso, fatto sognare. Per poi perdersi, inesorabilmente, quasi accomunati tutti da uno stesso, beffardo destino.
Sono i ‘talenti’ dello sport italiano, fenomeni e vincenti nelle categorie giovanili, predestinati a grandi imprese, ma poi incapaci di sbocciare davvero nel mondo dei grandi. L’elenco, purtroppo, è molto lungo e prenderemo in considerazione solo i casi più eclatanti. A conferma di come sia questo il nodo cruciale della flessione dello sport tricolore nell’ultimo lustro: l’incapacità, per svariate cause (motivazioni, infortuni, sostegno economico, infrastrutture, etc.), di valorizzare i talenti che, evidentemente, non mancano. Non è un caso che molti degli atleti che citeremo nella rassegna sottostante abbiano realizzato le loro prestazioni migliori sotto i 20 anni. Pensiamo ad esempio a Dariya Derkach nell’atletica. Classe 1993, l’italo-ucraina ha iniziato a far parlare di sé fin dal 2010 come potenziale campionessa del salto in lungo e triplo. Nel 2013 l’apice della carriera, con l’argento europeo Under23 nel triplo. A quell’anno risalgono i suoi primati personali: 6,67 metri nel lungo, 13,92 nel triplo. Misure che nel biennio successivo, complice anche qualche infortunio, non è mai più riuscita ad avvicinare. A 22 anni i margini di crescita risultano ancora enormi e ci auguriamo che Derkach possa invertire la rotta intrapresa, anche se il trend negativo non induce all’ottimismo.

Vi ricordate di José Reynaldo Bencosme? Bronzo nei 400 hs ai Mondiali allievi, partecipa alle Olimpiadi di Londra 2012 a soli 20 anni, approdando in semifinale. Personale di 49″33, il futuro (sembra) suo. Poi una serie di infortuni a catena. L’italo-dominicano non gareggia ormai da tre stagioni e dovrebbe tornare ad assaporare le competizioni, salvo ulteriori imprevisti, il prossimo settembre.

Che dire poi di Daniele Secci (peso), Claudio Licciardello (400 metri), Anna Visigalli (alto), Roberta Bruni (appena 21enne e ferma ormai da troppo tempo dopo un 4,60 indoor nell’asta che lasciava presagire una scalata impetuosa), Eusebio Haliti (400 hs): tutte grandi promesse mai sbocciate, almeno per ora.

Ancora più eclatanti i casi del nuoto, dove tante, troppe volte i nostri portacolori nuotano tempi eccezionali a 18-19 anni, per poi non riuscire più neppure ad avvicinarli nel prosieguo della carriera. Edoardo Giorgetti ha dato il meglio di sé da under20, probabilmente favorito dall’era dei costumi in poliuretano. Argento agli Europei in vasca corta nel 2008, sesto ai Mondiali (senior) di Roma 2009 a soli 20 anni nei 200 rana. Gli albori di una carriera di trionfi? No, da allora un progressivo arretramento nelle gerarchie nazionali ed internazionali. Altro ranista di cui si sono perse le tracce è Flavio Bizzarri, campione olimpico (giovanile, ovviamente) nei 200 rana, oltre che oro europeo juniores sempre nella medesima distanza. Classe 1993, si tratta di un altro caso di nuotatore che ha dato il meglio di sé prima dei 20 anni, non riuscendo successivamente a progredire. Un esempio emblematico è quello di Lisa Fissneider: l’altoatesina fu oro nei 100 (1’07″71) ed argento nei 200 rana (2’26″01) ai Mondiali giovanili del 2011 a 17 anni. Nel quadriennio seguente, i personal best dell’azzurra sono rimasti identici. L’elenco dei talenti mai sbocciati comprende anche Cesare Sciocchetti, Mirco Di Tora, Davide Joseph Natullo e tantissimi altri.

Se atletica e nuoto possono definirsi gli sport dove è più marcata la difficoltà delle nuove leve a farsi strada nel mondo dei grandi, le stesse dinamiche si verificano in tante altre discipline, di cui parleremo nelle prossime puntate. Proveremo anche ad individuare le cause del principale problema che attanaglia lo sport italiano, incapace di rinnovarsi dopo i fasti del ventennio d’oro degli anni Novanta e Duemila.

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federico.militello@oasport.it

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